
I Saloni indovinano la ricetta
Un anno da record per un campione nazionale. È la sintesi dei risultati di “Saloni 2010”, manifestazione espositiva che è ormai diventata patrimonio della città di Milano. Un evento che abbraccia tutto il mondo dell’arredo e che è ormai uno dei principali poli fieristici mondiali dedicati al settore.
Nella sei giorni di Saloni 2010, evento inaugurato il 14 aprile scorso, si sono accreditati 329.563 visitatori provenienti da tutto il mondo. Questo numero comprende circa 297mila operatori del settore arredo (+7% rispetto all’edizione dell’anno scorso) di cui la maggior parte stranieri. Anche quest’anno la manifestazione ha trovato il suo fulcro nel Salone internazionale del Mobile, creato dall’ente fieristico milanese Cosmit nel 1961 e giunto a essere un polo attrattivo turistico e un vanto per Milano che nei giorni dei Saloni è popolata da numerose iniziative legate alle manifestazioni del cosiddetto “Fuori Salone”. «Oltre al Salone del Mobile c’è poi il Salone Internazionale del complemento d’arredo – spiega Carlo Guglielmi, presidente di Cosmit – il SaloneSatellite, il Salone Internazionale del Bagno, le biennali Eurocucina». Iniziative che anche quest’anno hanno registrato il tutto esaurito. «Spazi espositivi completamente coperti di giorno – continua Guglielmi – e una città intera partecipe agli eventi organizzati alla sera. Nelle ville abbiamo quintuplicato le presenze e al Planetario abbiamo accolto oltre settemila visitatori in cinque giorni: questo vuol dire che se gli eventi di grande qualità sono promossi in modo corretto possono portare risultati concreti». Basti pensare che durante la sola domenica della settimana dei Saloni oltre 32mila visitatori si sono accreditati per osservare le installazioni e i prodotti dislocati nei 230mila metri quadrati all’interno della Fiera di Rho. «Non solo – riprende Guglielmi – il successo dei Saloni è confermato dalle numerose visite istituzionali che abbiamo ricevuto durante la settimana presso la Fiera, a cominciare dal presidente del Consiglio Berlusconi».
Il successo del polo fieristico milanese trova ragione in quattro motivi, secondo il presidente di Cosmit: «Innanzitutto la forza delle filiere di supporto, come il legno, l’arredamento, la luce: questo mondo è coeso e ci sostiene. Quindi l’appoggio delle istituzioni, in particolare il comune di Milano e l’assessore alle attività produttive Giovanni Terzi, ma anche la Regione Lombardia ci è stata vicina. Infine conta molto l’entusiasmo degli espositori e poi, senza false modestie, la nostra capacità organizzativa».
Difficile pensare che in una società come la nostra l’impianto fieristico, che ha radici antichissime, possa essere ancora un modello commerciale vincente. «Il senso della fiera non cambia: il visitatore deve poter toccare da vicino un prodotto. E le nostre luci, per esempio, non possono essere apprezzate solo su internet. Per questo il modello fieristico è ancora vincente». Un quadro luminoso e senza macchie? «No, in realtà quello che spaventa è il giorno dopo la fine dei Saloni: l’entusiasmo creato si perde nelle settimane seguenti e questo è un peccato». E sulle possibilità di sinergie con altre realtà fieristiche, per essere più competitivi all’estero, Guglielmi è negativo: «No, non si possono fare accordi con altri enti fieristici: dobbiamo creare spazi ma supportare i nostri promotori». La Cosmit ha da poco definito un’iniziativa complessa che si terrà a New York il prossimo inverno, che comprende l’esposizione de “L’ultima cena” di Leonardo Da Vinci, la performance del ballerino Roberto Bolle e la mostra delle opere della Fondazione Calderara. E il «New York Times» pubblicherà un inserto dedicato agli eventi organizzati dalla Cosmit chiamato “Milano”. «Vogliamo portare in giro la cultura italiana, non solo trarne profitto». Senza però fare sistema con tutte le realtà fieristiche nazionali. «All’estero bisogna andare con una manifestazione fortissima, perché abbia una cassa di risonanza mondiale. In Italia dovremmo creare pochissimi eventi: solo uno o due poli fieristici nazionali di primissimo livello e piccole fiere locali. Ci sono dappertutto fiere che non stanno in piedi, con costi alti per le comunità: è una follia».
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