
Guerra legale sui cloni cinesi
MILANO – Un blitz che potrebbe sfociare in una guerra a colpi di carta da bollo. Sedici prodotti made in China sequestrati, 12 stand cinesi bloccati e 10 pattuglie della Guardia di finanza di Milano, agli ordini del capitano Angelieri, impegnate a sequestrare docce, rubinetti e componenti sulla base delle denunce di produttori europei.
L’arrivo, ieri, dei finanzieri nell’Asian Pavillion, il padiglione 20, dove sono riuniti i produttori cinesi presenti alla 35° Expocomfort, che chiude oggi nel quartiere Rho Pero di fiera Milano è uno dei risultati ottenuti con la collaborazione del servizio proprietà industriale e intellettuale, avviato per la prima volta in Europa, da Fiera Milano International e Anima, la federazione delle associazioni nazionali della meccanica varia e affine, e guidato da un esperto internazionale di diritti brevettuali, l’italiano Giovanni F. Casucci.
Ai 16 prodotti direttamente sequestrati dalla Guardia di finanza vanno aggiunti i 15 con i relativi marchi, che i venti esperti del servizio insieme ai rappresentanti legali della Camera di commercio cinese in Italia hanno ottenuto di togliere dagli stand o di distruggere in quanto contraffatti. Un piccolo terremoto, che ha determinato un’immediata reazione: i produttori cinesi hanno dato mandato a un noto studio legale milanese – Rucellai & Raffaelli – di rappresentare le loro ragioni in sede giudiziaria.
«Si è trattato di un’operazione positiva – sottolinea Arturo Colantuoni Sanvenero, amministratore delegato di Fiera Milano International – Per la prima volta si sono rimossi prodotti e marchi oggetto di contesa. Al posto di uno scontro tra produttori italiani e cinesi abbiamo scelto di collaborare con le istituzioni che li rappresentano. Siamo disponibili ad aprire a tutti gli enti fieristici italiani il nostro servizio in modo da offrire al made in Italy una piattaforma di difesa comune e rapidamente efficace durante le fiere».
Il vero problema però è che, sottolinea Colantuoni, la protezione è possibile solo se siamo di fronte a prodotti brevettati o registrati. Quanto al costo del brevetto, da poco – continua Colantuoni – e grazie al viceministro delle attività produttive Rodolfo Urso, è possibile con poche centinaia di dollari brevettare e registrare marchi e prodotti anche in Cina, senza la trafila burocratica di un tempo.
Il problema della contraffazione che secondo un primo indicativo calcolo di Anima dovrebbe aver provocato circa un 30-35% di mancate vendite sui mercati internazionali per il made in Italy, è reso ancora più complicato dalla evoluzione che ha subìto la distribuzione termoidrosanitaria italiana, nelle mani di potenti gruppi di grossisti soprattutto tedeschi e francesi che acquistano prodotti e componenti solo in base al prezzo. L’arrivo dei cloni cinesi di bassa qualità è gestito da due compagnie di trading pugliesi che ordinano in Cina ingenti forniture di merci contraffatte con i marchi dei migliori produttori italiani utilizzando addirittura i cataloghi.
«Qui in fiera i nostri installatori si lamentano – dichiara Laura Parigi direttore generale della Parigi Spa, uno dei più famosi marchi di tubi flessibili – e spesso ci riescono, prodotti cinesi di bassissimo prezzo, senza marchio». Parigi ha avuto danni non indifferenti, con un 30% di mancate vendite provocate dai contraffattori cinesi e dall’azione dei grossisti. «Le lamentele degli installatori – dichiara Savinio Rizzio, presidente di Anima – stanno fortunatamente innestando una reazione positiva anche se ancora agli inizi. Chi lavora nell’impiantistica infatti non vuole prodotti poco affidabili ma soluzioni e aziende che come la nostra risponde sino a dieci anni per qualsiasi problema».