
Gli eventi aziendali integrano i saloni
Negli ultimi tre o quattro anni in molti settori si è assistito alla diffusione di eventi promozionali realizzati da singole imprese (open house, seminari tecnici, eventi privati presso quartieri fieristici, ecc.) che sembrano garantire ritorni sugli investimenti migliori rispetto a quelli fieristici. Di questi eventi si è parlato molto, anche perché alcuni leader di mercato hanno di recente deciso di non esporre alle manifestazioni di riferimento dei propri settori, organizzando al loro posto (a volte in contemporanea) grandi open house, con successi di pubblico e di stampa. In sostanza, oggi le open house sono un fenomeno di moda, e molti si chiedono se non possano arrivare in futuro a sostituire le manifestazioni fieristiche.
In effetti, rispetto alle fiere, i benefici di questi eventi per i fornitori sono numerosi: si sfugge al confronto competitivo con i concorrenti; si incontrano solo clienti effettivamente interessati all’acquisto; si raccolgono ordini e si concludono vendite più spesso che in fiera. I rapidi tassi di diffusione delle open house sono una prova della percezione di efficacia che le circonda. In Italia, ad esempio, nei settori dei beni strumentali per l’industria tessile e per quella della lavorazione del legno, le open house sono diffuse tra il 60-65% dei produttori. In Germania, dove la distribuzione è molto più concentrata che nel nostro Paese, le open house si sono diffuse anche in alcuni settori dei beni di consumo, assumendo la forma prevalente di collettive locali.
L’utilità dello strumento è anche connessa alla sua duttilità che fa sì che, a seconda delle esigenze, possa assumere forme differenziate. In alcuni casi, infatti, si fa leva sugli aspetti di socializzazione, per cui le open house diventano una sorta di feste con i clienti, che non di rado partecipano anche con le proprie famiglie. In altri casi prevalgono invece i contenuti di formazione e apprendimento, e questi eventi diventano un’occasione di incontro tra i tecnici del cliente e quelli del fornitore: molte aziende sostengono di ottenere da questi incontri quei feedback dal mercato e quelle idee per l’innovazione che non sempre la forza di vendita riesce a riportare.
Ma gli entusiasmi per questo strumento di comunicazione-relazione non devono confondere le idee rispetto al l’eventuale sostitutività nei confronti delle fiere.
Dalle recenti ricerche svolte dal Cermes-Bocconi presso vari settori è emerso infatti che queste iniziative servono soprattutto per approfondire la relazione con clienti attuali e per mantenere i contatti con i mercati in cui l’impresa venditrice ha un’immagine più forte. Non sono certo utili per incontrare nuovi mercati e nuovi segmenti di domanda.
Dal lato dei clienti-visitatori, la gran parte ha un atteggiamento prudente (a volte decisamente sospettoso) nei confronti delle open house: si teme che il fornitore possa esercitare indebite pressioni all’acquisto, e ci si fida a partecipare solo nei casi il cui il rapporto è consolidato. In ogni caso le open house non consentirebbero di comparare (perlomeno a costi contenuti) un numero molto alto di fornitori. In definitiva, quindi, le open house costituiscono solo uno strumento un più, che si aggiunge a quelli (fiere in primis) a disposizione delle imprese per comunicare nei mercati b2b. L’efficacia delle open house è infatti riferita agli stadi di ricerca-comunicazione più a valle di quello in cui è più efficace la fiera.