Rassegna stampa

Giovani al Lingotto

La ragazza è stesa per terra: sta ascoltando musica con le cuffie e tiene a portata di mano una bottiglia d’acqua minerale e un libro. Tutta vestita di nero in stile "dark", sembra fondersi con la parete, anch’essa totalmente nera, sulla quale appare la scritta I love melancholy: è la protagonista di un’installazione di Jeremy Deller allestita ad Artissima 12.

La fiera, in corso fino a stasera al Lingotto di Torino, è più che mai internazionale: la metà dei 152 espositori proviene da 19 Paesi stranieri. Ricca di eventi, incontri, workshop, propone oltre 2000 opere di 1200 artisti e procede spedita nell’affermazione di un format che punta sui giovani emergenti. Ma non fanno difetto i lavori di maestri storici, da Fontana a Caporossi, da Burri ad Afro, di valore superiore ai 100mila euro.

Tuttavia, se la pittura recita la parte del leone e la fotografia è ben rappresentata da nomi noti, quali Andreas Gursky, la scultura è relegata al ruolo di eterna "cenerentola". Lungo il percorso si incontrano vecchie conoscenze, come Vedovamazzei, il duo formato da Stella Scala – Simeone Crispino, che in Don’t let me be misunderstood, II propone una riflessione sull’ambiguità del reale, mentre un altro binomio, Andrea Caretto – Raffaella Spagna, affronta in Mp- Sativa 1 il tema della "domesticazione" degli organismi vegetali.

L’offerta, mirata verso differenti fasce di acquirenti, è completata dalla sezione Constellations con otto opere di grandi dimensioni, come Disappearing Factory, inquietante architettura effimera di Botto & Bruno.

La sensazione complessiva è che la Fiera abbia imboccato la via della leggerezza, ma non manca la provocazione. È il caso del dipinto, ispirato alla vicenda di Lapo Elkann, realizzato dal Laboratorio Sacchetti. Esposto da Pantaleone/Erbetta, è stato subito venduto a un gruppo di persone disposte a spendere quasi tremila euro per distruggerlo perché «lesivo dell’immagine del loro amico». Al suo posto ora campeggia una tela che dissacra Picasso.

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