
Fusione allo studio tra Sviluppo fiera e Infrastrutture
MILANO
L’ipotesi è decisamente allo studio. La pausa estiva e il mese di settembre serviranno per tarare lo strumento più idoneo e soprattutto trovare la quadra tra le anime composite della maggioranza di governo. Non sarà facile dopo i litigi dei mesi scorsi e il primo anno dalla vittoria buttato via. Ma da quel che risulta a Il Sole 24 Ore la formula per accelerare gli step e costruire i padiglioni espositivi di Expo 2015 potrebbe essere la fusione tra la controllata di Fondazione Fiera, Sviluppo sistema fiera, che ha per mission proprio l’ingegnerizzazione dei quartieri fieristici, e la formigoniana Infrastrutture Lombarde, il veicolo con cui Regione Lombardia entrerebbe anche nella partita sulle opere dirette, dopo la cabina di regia su quelle di area vasta in coabitazione con il viceministro leghista Roberto Castelli.
«Non subito però, ad ottobre», spiegano alcune fonti vicine al dossier. La società di gestione Expo 2015, nel cui board siede non a caso Leonardo Carioni, presidente in quota Carroccio proprio di Sviluppo sistema Fiera, ha infatti bisogno di competenze tecniche per implementare un sito da rendere innovativo e su cui, comprese le opere di collegamento, si prevedono investimenti per almeno un miliardo di euro. In attesa del merger, a settembre sarà invece presentato il concept plan dei padiglioni messo a punto dalla consulta degli architetti. Il lavoro serve per bandire i concorsi internazionali sul masterplan che a sua volta sarà la base delle gare di appalto e del piano finale che verrà portato al Bie per l’approvazione il prossimo primo maggio.
Nel frattempo, resta da definire il nodo della stazione appaltante e, faccenda non secondaria, la destinazione dei terreni espositivi post evento (di proprietà di Fondazione Fiera e del gruppo Cabassi).
Per il resto, anche gli Stati Generali celebratisi settimana scorsa, hanno ribadito l’impellenza che Expo 2015 non si riduca semplicemente ad «una supefiera campionaria perché a quel punto mancheremmo una parte delle opportunità», ha spiegato l’ad della società di gestione, Lucio Stanca. «Dobbiamo infatti strutturare un vero laboratorio per il futuro».
Certo non sarà semplice. Andrà rivisitato il dossier di candidatura (anche Shangai 2010 è costretta a ridimensionare i suoi piani faraonici, causa crisi globale), e poi vanno trovati ancora 2,7 miliardi di euro sulle opere connesse. «Anche se il governo è impegnato a garantire i fondi necessari», spiegano da palazzo Chigi.
M.Alf.
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