
Fondi, cabina di regia e fiere, i dossier caldi del commercio estero
Una cabina di regia forte, che riunisca tutti gli attori istituzionali che si occupano di internazionalizzazione. Una strategia pluriennale. Più fondi, a sostegno delle imprese che affrontano i mercati esteri, e in particolare a supporto delle Pmi. Il riordino del sistema fieristico italiano, troppo frammentato sul fronte estero.
Sono questi i dossier più urgenti che, secondo un panel di interlocutori privilegiati, si trovano oggi sul tavolo del sottosegretario allo Sviluppo economico Catia Polidori, che giovedì ha finalmente ricevuto la delega al Commercio estero vacante ormai da sette mesi. Da quando infatti, il 15 novembre scorso, il viceministro Adolfo Urso aveva presentato le sue dimissioni dal Governo, le attività di internazionalizzazione di viale Boston hanno subito una decisa battuta d’arresto, con il ministro Paolo Romani che si è limitato agli affari strettamente indispensabili.
Tre i punti caldi secondo Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione. Il primo: «Mi aspetto che il nuovo responsabile rafforzi la cabina di regia costituita da ministero dello Sviluppo economico, quello degli Affari esteri, l’Ice, l’Abi e la stessa Confindustria. Occorre stilare un piano pluriennale delle azioni, e non fermarsi solo alle missioni». Al secondo posto Zegna mette la questione dei fondi: «Bisogna reperire risorse economiche adeguate. Germania e Francia, tanto per fare un esempio, hanno stanziato tra i 100 e i 200 milioni di euro per quest’anno, noi soltanto una trentina». Per ultima, la questione nordafricana: «È essenziale – sostiene il vicepresidente – che si riprenda la collaborazione coi Paesi dell’Africa del Nord, una volta che è stata ripristinata una stabilità di governo. Per l’Italia, questi restano infatti mercati chiave».
Anche Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, ha pronto il suo cahier de doléances e a sua volta rilancia il tema chiave della concertazione: «Occorre che il Governo cambi impostazione, abbandonando le iniziative unilaterali e punti sulla governance – dice –. Troppo spesso le Regioni si sono trovate di fronte all’assenza di un adeguato confronto istituzionale. Bisogna anche superare la frammentarietà delle competenze: basti pensare che sullo stesso terreno insistono due ministeri, lo Sviluppo economico e gli Esteri».
Anche Errani chiede più fondi: «Bisogna prevedere una programmazione finanziaria pluriennale, con la costituzione di un Fondo nazionale per l’internazionalizzazione delle imprese da ripartire fra le Regioni. Le ipotesi ventilate dal Governo prefigurano invece una gestione complessiva delle risorse attraverso l’Ice e quel che è più grave equipara le Regioni ad altri soggetti operativi nel settore delle internazionalizzazioni. Le stesse risorse per le convenzioni tra le Regioni e l’Ice sono state ridotte: secondo le informazioni finora in nostro possesso, solo sei milioni di euro sarebbero oggi destinati ai progetti del Sistema Italia con le Regioni e Unioncamere».
Errani chiede infine due riforme: la prima è il riordino delle azioni per promuovere il sistema fieristico italiano, a oggi troppo frammentato. La seconda è quella dell’Ice: una riforma che sarebbe già dovuta avvenire entro metà febbraio, se la legge delega per il riordino degli enti preposti all’internazionalizzazione non fosse scaduta. «Dell’Ice – sostiene – bisogna rivedere natura, assetti e meccanismi di funzionamento. E prevedere la partecipazione delle Regioni nel consiglio di amministrazione del futuro ente».
Sul maggior ruolo delle Regioni, però, non tutti sono d’accordo. «Il mondo non capisce il concetto di missioni regionali – sostiene il vicepresidente di Confindustria Zegna – il mondo vuole vedere l’Italia. Credo sia necessario mettere ordine e accorpare le azioni in maniera costruttiva. Se una Regione ha un’idea buona, la deve mettere a disposizione delle altre, non agire da sola».
Bruno Ermolli, presidente di Promos (l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano per l’internazionalizzazione) si unisce al coro di chi chiede più gioco di squadra. E aggiunge la richiesta di più attenzione per le Pmi: «Vanno sostenute su due fronti – spiega Ermolli, che domani a Milano aprirà la prima edizione del Forum economico italo-israeliano, organizzato da Promos – nella ricerca del capitale finanziario (credito, assicurazione e garanzia) necessario allo sviluppo estero; e nella formazione di capitale umano sempre aggiornato, focalizzato sui business esteri e capace di dare risposte immediate ai mutamenti dei mercati».
L’Abi, infine, ricorda al ministero dello Sviluppo economico quanto firmato lo scorso febbraio, vale a dire il Protocollo d’Intesa per la diffusione degli strumenti volti alla facilitazione del commercio internazionale. Nel Protocollo si parla dell’«International trade hub-Italia», la piattaforma unica per gli operatori del commercio estero che consentirà di informatizzare le procedure, le pratiche e i controlli amministrativi dei servizi d’importazione ed esportazione. Ma il progetto è fermo allo studio di fattibilità.
micaela.cappellini@ilsole24ore.com
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Quattro priorità per la neo-responsabile della promozione all’estero
1 CONCERTAZIONE
Da Confindustria alla Conferenza delle Regioni, passando per Promos, molti degli attori coinvolti nella promozione all’estero del Sistema Paese chiedono al Governo una cabina di regia forte, che preveda appunto la partecipazione attiva di tutti. Richiesta anche l’elaborazione di una strategia d’azione pluriennale: concertare le missioni all’estero non basta più
2 FINANZIAMENTI
Germania e Francia quest’anno hanno stanziato per l’internazionalizzazione delle loro imprese tra i 100 e 200 milioni di euro. L’Italia solo 36. Per promuovere le nostre aziende all’estero occorrono più fondi, da spartirsi fra i vari attori. Le Regioni, per esempio, rivendicano la necessità di avere più soldi a loro disposizione, d’accordo con quanto previsto dal titolo V della Costituzione
3 PMI
Occorre aiutare le Pmi nella ricerca di capitale finanziario (credito, assicurazione e garanzia) necessario allo sviluppo estero, nonché nella formazione di capitale umano focalizzato sui business esteri. La globalizzazione ha moltiplicato i fattori che condizionano le attività estere delle imprese: a questi impulsi le grandi aziende rispondono con più efficacia rispetto alle Pmi, che sono invece dotate di un’innata resilienza, che le spinge a reagire bene nel breve, ma con maggiori difficoltà e rischi
4 ICE
La riforma dell’Istituto per il commercio estero era prevista dalla legge delega per il riordino degli enti preposti all’internazionalizzazione, ma è scaduta lo scorso metà febbraio. In molti continuano a chiederne però la riforma: dallo snellimento della sua parte italiana a vantaggio delle sedi estere, fino alla partecipazione all’interno del suo consiglio d’amministrazione. Un punto, quest’ultimo, che sta a cuore alle Regioni