
Firenze, addio al polo espositivo?
FIRENZE Fiera denuncia un calo dei congressi del 36%. Chi li organizza, come Stefano Gabbrielli di Enic dice: «In otto anni sono diminuiti del 70%. Dappertutto le sale congressuali organizzano l´offerta, mentre la crisi indice alla selezione. Qui non si fa marketing, il nostro Convention Bureau non va a cercare i clienti. Neanche le istituzioni pubbliche si danno da fare per l´accoglienza, quando le altre città stendono i tappeti rossi. Mancano strutture: non tanto il palacongressi a venire, quanto l´organizzazione dell´esistente. In Fortezza il posto ci sarebbe ma mentre nel ´91 e nel 2002 ci abbiamo portato 5 mila persone per il ricchissimo congresso internazionale dei geofisici, facendogli pagare pareti divisorie e seggiole, ora non vogliono più spendere e per il 2007 hanno chiesto Roma». Perché, dopo tanto parlare di polo espositivo, Firenze è rimasta ferma? Non si è fatto il nuovo palacongressi, né è probabile che sorga sopra la Leopolda, come ha annunciato l´amministrazione rivelando che esiste già lo studio di fattibilità. Non tanto perché fino al 2014 le ferrovie hanno affittato la stazione a Pitti Immagine che se la comprerebbe volentieri, difficoltà che in Comune si dà per superabile, ma perché lo studio di fattibilità è per altro: per il complesso del nuovo teatro Comunale. Dopodiché, se risultasse economicamente conveniente al teatro, potrebbe rientrarci anche la sala congressi: se si farà il teatro, se converrà, chissà quando. Quanto all´esistente, qualcosa si è fatto. Si è riattrezzata l´area intorno alla Fortezza. Ma l´occasione è stata colta a metà: la grande piazza pedonale è attraversata da bus, taxi, navette, il parcheggio è sceso da 800 posti a 500: troppo pochi per grandi eventi. Della gestione fallimentare di Firenze Fiera si è parlato. Ma non sembra che i soci (Regione, Provincia, Comuni e Camere di commercio di Firenze e Prato, quelli pubblici) abbiano avuto un progetto forte e condiviso, né che abbiano scelto i dirigenti della società in base a criteri di competenza privilegiando la convenienza politica. Altre città hanno fatto scelte decise, Firenze no. «C´era un piano industriale», reagisce Susanna Cenni, l´assessore che allora aveva la delega per il polo espositivo in Regione, il socio maggioritario. «I nostri investimenti – continua – erano vincolati alla sua realizzazione: divisione tra patrimonio e gestione, ristrutturazione della Fortezza, nuovo auditorium congressuale. Parte è stata fatta, parte no. Per l´auditorium puntavamo sulla Dogana che non si è liberata, mentre il progetto sotto villa Vittoria è stato bocciato dalla soprintendenza». Il secondo socio, il presidente della Camera di commercio Luca Mantellassi spiega: «I soci non possono dimettere nessuno senza motivi clamorosi. Ora però basta poco per rilanciare: ristrutturare Firenze Fiera, riorganizzarsi per i piccoli congressi, progettare il nuovo auditorium che è essenziale, allearsi con Pitti Immagine». Non sarà così semplice. Per esempio, l´alleanza su cui tutti si dicono concordi, ma che non è scontata. Pitti viene chiamata perfino a Milano per organizzare le fiere, eppure non è mistero che nel centro sinistra fiorentino, per esempio tra i diesse, o almeno in parte, non vinca il criterio della competenza ma ci sia qualche diffidenza verso chi è sentito come politicamente poco affine. Come diffidenti sono le categorie economiche, timorose di vedere messi in discussione interessi consolidati. Per quanto ci risulta, Pitti Immagine, pur dovendo fare un piano industriale in vista dell´alleanza, non ha potuto vedere le carte di Firenze Fiera né è stata consultata sulle ipotesi di rilancio. Come chi a Firenze sa fare i congressi. «Non siamo mai stati contattati, neanche per la progettazione del nuovo palacongressi», dice Gabbrielli.