
Fiere trampolino per il made in Italy
Giorgio Costa
BOLOGNA
Un aumento della superficie espositiva di circa il 40% tra 2000 e 2006 a quota 3,38 milioni di mq, oltre 7,5 milioni di metri quadrati di superfici vendute nel 2005, circa 22 milioni di visitatori su un totale di oltre mille manifestazioni. Sono questi i numeri che sintetizzano il mercato fieristico italiano, il secondo in Europa alle spalle della Germania (8,5 milioni di metri quadrati) con una dimensione poco meno che doppia rispetto ai concorrenti francesi e spagnoli. I dati emergono dal rapporto Cermes Bocconi commissionato dalla Regione Emilia-Romagna e che viene presentato oggi a Bologna in occasione del Forum dell’export e dell’internazionalizzazione (alla presenza tra gli altri del ministro per il Commercio estero Emma Bonino) che nel pomeriggio sarà la sede per fare il punto sulle prospettive del sistema fieristico regionale. «Le fiere sono un grande asset per l’Italia – spiega Duccio Campagnoli, assessore alle Attività produttive della Regione Emilia-Romagna e coordinatore del settore fieristico per la Conferenza delle Regioni – e andrebbero usate come una grande piattaforma del made in Italy, non in competizione tra di loro ma in sinergia e sfruttando le specializzazioni. Purtroppo, in questo senso, non si sta facendo nulla».
E proprio dalle fiere "internazionali" giunge la parte più consistente del business visto che le 166 manifestazioni di livello internazionale (quindi meno del 17% del totale) attirano il 60% degli espositori e delle aree affittate e richiamano il 35% dei visitatori; si tratta di manifestazioni rivolte per la gran parte (52%) al segmento business che resta quello più interessante per i gestori dei sistemi fieristici. E per le manifestazioni internazionali i tedeschi restano i principali clienti del sistema Italia (a loro va il 37% delle superfici vendute) mentre i produttori nazionali ne occupano circa il 25% garantendosi comunque una platea di 11,3 milioni di visitatori.
Come si legge nel rapporto, il ruolo delle manifestazioni internazionali è di fondamentale importanza per le Pmi e per l’export italiano con l’abbigliamento che, ad esempio, traina oltre il 40% dei visitatori da oltreconfine. Tornando ai segmenti fieristici dedicati al business, da notare il declino in Italia delle aree affittate (persi poco meno di 1 milione di metri quadri tra 2002 e 2005 a vantaggio dei saloni "misti") con una dinamica assai diversa rispetto ai saloni europei dove il segmento business appare in risalita trainando le manifestazioni internazionali che, a differenza dell’Italia, guadagnano spazio.
Nell’ambito del sistema fieristico nazionale, Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna sono le regioni che hanno mostrato il maggiore dinamismo sotto il profilo delle strutture e Milano, Bologna e Verona sommano – per le manifestazioni internazionali nel biennio 2004-2005 – il 29% della superficie espositiva venduta in Italia. Chi cresce di più, in questo senso, è Milano (dall’11,4% del biennio 1995-1996 al 13,2 dell’ultimo periodo) mentre Bologna resiste al secondo posto ma perde terreno (dal 9,2% al 8%) e anche Verona guadagna (dal 7,2% al 7,7%). Ottima la performance di Rimini che passa dal 3,5% al 5,8% mettendo a segno l’incremento più rilevante.
Infine, nonostante un campanilismo che non conosce eguali, il sistema italiano tende a ingrandire i poli maggiori (soprattutto Milano, Bologna, Rimini, Roma e Verona) oltre i 50mila mq (da 1,2 a 1,57 milioni di mq) ma anche i quartieri "minori" crescono: quelli da 20 a 50mila mq sono passati da 273 a 345mila mq mentre quelli sotto i 20mila sono passati da 141 a 201mila mq.