
Fiere nel mirino francese
Air France in Alitalia, Alstom nelle Ferrovie, il Crédit Agricole in Intesa Sanpaolo, Carrefour e Auchan nella Gdo, Edf in Edison, il colosso dei treni Sncf dentro Ntv, la società di Montezemolo e Della Valle pronta al binario dal 2011, il presidio in Mediobanca e Generali. E poi, altrettanto sistemica, la presa sulle fiere italiane divorate da tempo da un campanilismo deteriore. Anzitutto con il colosso (in difficoltà) Gl Events, che controlla il Lingotto di Torino, il quartiere di Padova, è il “socio capitalista” di Bologna nonché proprietario del Motorshow quest’anno in versione mignon vista la crisi e che, da indiscrezioni, sarebbe a caccia di investimenti sul circuito di Imola.
Una mappa che impressiona, a leggerla con lenti domestiche invece che dentro il più largo condominio europeo. «Francesi e tedeschi si stanno spartendo il Continente: ai primi il sud Europa, ai secondo l’Est», maligna una fonte. «I capponi di Renzo e il paiolo francese», rincara un’altra, guardando al risiko delle fiere italiche e, segnatamente, a Parma dove l’Agricole controlla l’ambiziosa Cariparma. Una lettura forse maliziosa ma rinforzata dalla recente ipotesi di riassetto della locale fiera: lo scorporo della società in una holding immobiliare a controllo pubblico e in una newco operativa a controllo privato, di cui il 51% detenuto da Cariparma/Agricole, che punta strategicamente a trasformare la città emiliana in un vero e proprio hub alimentare con affaccio sul Mediterraneo. Abbinandoci il know how sviluppato nel private equity agroalimentare, di cui è leader mondiale. Lo sdoppiamento permetterebbe anche di aprire il capitale a un investitore industriale (francese?), lasciando il Real estate ai soci Comune e Provincia.
Una partita che cade in coincidenza con l’annosa guerra con i rivali milanesi. La telenovela è nota ma ha avuto sviluppi negli ultimi giorni. A metà marzo, infatti, l’ente parmense sigla un protocollo con Fiera Milano International proprio nel settore agroalimentare. Un armistizio che impegna le due sponde a specializzare il calendario fieristico senza più farsi concorrenza impropria. La parmense Cibus dedicata al retail e alle tipicità. La milanese Tuttofood alla ristorazione e ai consumi fuori casa. I due enti però alla fine non si accordano. Da Parma si accusa Milano di voler rubare Cibus per trasformarlo in una grande esposizione da 200mila metri quadrati, sulla falsariga della tedesca Anuga. Da Milano si taccia Parma di localismo e di voler regalare il gioiello Cibus ai francesi (Cariparma/Agricole nell’eventuale riassetto societario deterrebbe la maggioranza della newco di gestione).
Visto l’incendio, in estate scende in campo nientemeno che il pompiere Gianni Letta, che scrive a Roberto Formigoni, grande azionista di Fiera Milano, e a Letizia Moratti. «Fate l’accordo con Parma», è il Letta pensiero. Altrimenti «è a rischio Expo 2015». Perché la città emiliana significa soprattutto Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ed è uno dei distretti agroalimentari più importanti d’Europa (anche Ferrero dovrebbe aprire un polo logistico). «Caro Gianni, grazie, ma andiamo avanti con Tuttofood…», rispondono a stretto giro Formigoni e Moratti. L’offerta parmense «non garantisce una profittabilità vicina alle ambizioni della nostra rassegna, cresciuta nell’ultima edizione del 35 per cento».
Insomma uno stallo che la settimana scorsa ha spinto il sottosegretario, da sempre attento ai movimenti francesi in Italia, a convocare un tavolo con Lucio Stanca, nel frattempo insediatosi alla guida di Milano Expo 2015, il sindaco di Parma Pietro Vignali e il direttore esecutivo di Efsa, Catherine Geslain Lanèelle. «Un incontro fruttuoso», secondo alcune fonti. Seguito da altre due lettere che Letta spedisce a Vignali, confermando il ruolo della città in chiave Expo, da sostanziare «con progetti internazionali sulla sicurezza alimentare». E a Stanca, che a sua volta sottolinea grande interesse perché «Parma rappresenta non solo un ambito importantissimo del cibo italiano ma è valorizzata dalla presenza di Efsa». Di qui «la disponibilità a studiare programmi congiunti». A questo punto, anche senza l’accordo tra le due fiere…
© RIPRODUZIONE RISERVATA