
Fiere, cartellino giallo all’Italia
BRUXELLES * Ancora una volta, l’Italia è sul banco degli imputati a Bruxelles per i vincoli tuttora posti dalla leggi nazionali, ma soprattutto dai regolamenti regionali, agli organizzatori di fiere. E, a questo punto, si avvicina lo spettro di salate sanzioni pecuniarie, se non verranno eliminati in tempi brevi i residui ostacoli alla libertà degli operatori europei di organizzare eventi fieristici.
La Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato al nostro Governo, secondo stadio della procedura d’infrazione, perché non ci si è messi in regola con una condanna della Corte di Giustizia Ue del gennaio 2002.
Gli eurogiudici avevano evidenziato nella legislazione italiana illegittime limitazioni alla libertà di fornire servizi e, in qualche caso, di stabilimento degli operatori del settore. A questo punto, trattandosi di una seconda procedura di infrazione – ai sensi dell’articolo 228 per mancata ottemperanza con una sentenza comunitari – il prossimo passo dell’iter, in assenza di efficaci contromisure da parte italiana, sarà un secondo deferimento alla Corte. Che, in quel caso, potrà comminare una sanzione pecuniaria giornaliera all’Italia, per ogni ulteriore giorno di inadempimento.
La situazione è complicata dal fatto che, nel frattempo, in Italia si sono trasferiti i poteri in materia di fiere dallo Stato alle Regioni, che stanno adeguandosi alla sentenza europea in modo diseguale. Sebbene l’Italia avesse già adottato una serie di modifiche per venire incontro ai requisiti della Corte, la Commissione rileva nei regolamenti regionali il permanere di alcune incompatibilità con la sentenza della Corte.
In base alla documentazione in mano a Bruxelles, esistono quattro punti in cui varie legislazioni regionali continuano a violare le leggi comunitarie: l’obbligo per gli organizzatori di ottenere un’autorizzazione preventiva con lungo preavviso (prevista tuttora da Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, e provincia di Trento); la proibizione di tenere una fiera se non è inclusa nel calendario ufficiale (Emilia-Romagna e Trento); la necessità di uniformare l’organizzazione con gli obiettivi di pianificazione regionale (Lombardia ed Emilia Romagna); e il ricorso a comitati di consulenza di operatori locali (Emilia Romagna).