
Fiera positiva, ma settore in crisi
Ormai è tradizione che la principale fiera a livello mondiale per i materiali di ceramica e l’arredobagno si svolga a Bologna, nel tradizionale spazio di Bologna Fiere ai primi di ottobre. Questo appuntamento ha infatti conquistato nel corso degli anni in Italia e all’estero una grande importanza.
«La nostra azienda da anni è divenuta il riferimento per la conservazione ed il rilancio delle tradizioni del territorio dell’alta ceramica faentina, divenendo anche riferimento per l’antica scuola della ceramica di Faenza – ci dichiara Angelo Minghetti, amministratore delegato della società “Senio alta ceramica faentina” di Bagnacavallo -. L’azienda ha deciso di investire in ricerca di nuovi prodotti che le consentano, sfruttando le tradizioni, di essere leader nel settore delle ceramiche artistiche di alta qualità.
Senio è dotata di un proprio laboratorio di ricerca, nel quale sono impegnati tecnici dedicati allo studio di nuove forme, nuovi disegni, nuovi materiali da proporre a clienti sempre più esigenti e raffinati. I nostri maggiori mercati sono l’Italia (circa il 50% delle vendite), gli Stati Uniti d’America (dove a New York abbiamo una sala mostra e un nostro deposito per lo stoccaggio delle merci), tutti i paesi europei compreso l’Est Europa, ed effettuiamo vendite dirette nel Medio Oriente e in Oceania. La concorrenza è forte ed agguerrita, ma la nostra voglia di competere lo è altrettanto».
«La manifestazione appena conclusa ha fornito per la nostra azienda dati sostanzialmente positivi, sia in relazione alle gamme di prodotti presentati che al ricevimento ordini per i quali la clientela ha risposto in maniera positiva – ci dichiara Stefano Bolognesi, presidente di Cooperativa Ceramica d’Imola (azienda leader di un gruppo industriale che produce quasi 40 milioni di metri quadrati/anno di piastrelle) -. Non è comunque l’andamento di una fiera che può modificare il contesto competitivo internazionale attuale, nostro e del settore.
Credo che siamo di fronte ad una crisi non di tipo congiunturale, bensì ad un nuovo contesto strutturale che ci obbliga a valutare con attenzione ogni azione ed iniziativa.
Ritengo che innovazione e diversificazione di prodotto, uniti a rafforzamento delle strutture distributive siano gli elementi fondamentali per sostenere il made in Italy sempre più penalizzato da costi energetici e di mano d’opera, dato che gli assets dello sviluppo appartengono inevitabilmente a paesi di produzione a basso costo».