
Fiera, la partita resta aperta
Piovono pareri tecnici e legali, e così arriva ancora un rinvio per la trasformazione dell’Ente Fiera di Vicenza. Il presidente Antonio Tonellotto ha infatti deciso di convocare per lunedì prossimo, tra quattro giorni, il consiglio di amministrazione che avrebbe dovuto riunirsi oggi – dopo i rinvii già registrati nelle due precedenti sedute – per votare sul futuro della gestione di via dell’Oreficeria. Ad essere decisivo, infatti, era il confronto previsto per ieri mattina tra gli esperti di enti pubblici e categorie economiche. Da una parte l’avvocato romano Andrea Di Porto, consulente della Provincia, che sostiene che dopo l’arbitrato cui si è deciso di ricorrere la strada da seguire è in sostanza una sola. E cioè trasformare la Fiera in società per azioni (spa) la cui proprietà sia suddivisa in tre fette tra Camera di commercio, Comune e Provincia, e farlo entro il 30 marzo perché in quella data scade la possibilità di ottenere gli sgravi fiscali previsti dalla legge. Secondo indiscrezioni, nel confronto di ieri l’avv. Di Porto ha presentato ulteriori pareri che sostengono la sua tesi. Ma dall’altra parte le associazioni di categoria hanno presentato alla Fiera un altro parere legale, firmato dall’esperto Andrea Fasan dello studio associato padovano che lavora per la società internazionale di revisione di conti Kpmg. Non solo: anche i revisori dei conti della Fiera (il collegio sindacale formato da Simonato, Campanella e Padoan) hanno fornito un loro parere sulla questione degli sgravi fiscali che la Fiera rischierebbe di perdere. E la sensazione è che il rinvio sia dovuto proprio al fatto che le ‘squadre tecniche’ a questo punto debbano approfondire le rispettive posizioni su quello che la legge consente o meno di fare. In particolare, si sta definendo sempre di più il contorno di quella che sarebbe la contro-proposta delle categorie, mirata naturalmente a superare la mazzata dell’arbitrato che le ha escluse dalla trasformazione in spa. La soluzione verrebbe da quanto ha fatto niente meno che Milano: l’Ente Fiera si autotrasformerebbe in una Fondazione, cosa che non implica di dover “tagliare il patrimonio in fette” (perché nel caso della Fondazione il patrimonio resta unico e indiviso) e nello stesso tempo garantirebbe ai tre enti pubblici di essere comunque i titolari del patrimonio stesso. La Fondazione darebbe vita a una ‘spa’, controllata al 100% dalla Fondazione stessa, a cui affidare la gestione della Fiera e da mettere “in gioco” nel momento in cui si decidesse di far entrare privati (appunto, nella società di gestione e non nel patrimonio, che resta alla Fondazione). Se questi sono i termini su cui ancora si sta svolgendo il confronto, ci sarebbe un elemento rilevante che emerge da pareri e contro-pareri chiesti ad esperti legali e fiscali. E cioè che non sarebbe vero che il 30 marzo è una data-limite per ottenere gli sgravi fiscali: il regime fiscale è uguale in sostanza per qualsiasi trasformazione. Non solo: è vero ci sarebbero sgravi da ottenere se la trasformazione in spa comportasse delle plusvalenze tra i valori scritti nei libri contabili della Fiera e l’effettivo valore determinato da una perizia giurata, ma già da molto tempo in via dell’Oreficera si è concordato che la trasformazione sarebbe stata effettuata mantenendo i valori scritti nei libri contabili, il che escluderebbe anche questo problema. Insomma, la sensazione è che dal punto di vista tecnico non ci sia un’unica ed esclusiva strada da percorrere per trasformare la Fiera. E allora la questione torna ad essere più politica: gli enti pubblici, che sono usciti vincitori dall’arbitrato, potrebbero pretendere che questo sia applicato rifiutando l’ escamotage di fare una “Fondazione Fiera” anziché una “Fiera spa” (perché di questo si tratta, visto che tutti per anni sono stati d’accordo sulla trasformazione in spa). Oppure possono stabilire di accettare la contro-proposta nel nome di una ritrovata intesa con le categorie economiche.