
Fiera e Aeroporto le due priorità di «Bologna holding»
Roberto Galullo
BOLOGNA. Dal nostro inviato
Che la provincia di Bologna non sarà più come adesso lo sanno tutti ma quale sarà l’architettura politica e amministrativa non lo sa ancora nessuno. Area o città metropolitana? O forse le due cose insieme con la soppressione della Provincia e magari un "contentino" a Imola, in lotta perenne con il capoluogo? «Fossi in lei non mi addentrerei troppo nell’ingegneria istituzionale», spiega la presidente Beatrice Draghetti. Troppo magari no, ma almeno un pochino sì: giusto per capire. «Io – replica – resto al dettato del disegno di legge».
Allora vuol dire che si hanno già le idee chiare sul futuro di quest’area che abbraccia 60 Comuni, 948mila abitanti e che si estende per 3.703 km quadrati, con una densità di 255 abitanti per chilometro quadrato? Vuol dire – ancora – che si stanno già maturando le strategie istituzionali e politiche per mettere d’accordo vecchio e nuovo, tradizione e innovazione, suinicoltura e ceramica, agricoltura ed elettronica, servizi e meccanica? Vuol dire – infine – che la politica locale saprà come accompagnare la competizione globale di un’area il cui valore aggiunto e le cui quote di esportazione sono un quarto di quelle regionali e che è la terza provincia in Italia per brevetti depositati? «Noi – spiega Draghetti – vediamo nello sbocco della città metropolitana una naturale evoluzione, ma non dovremo solo cambiare nome, perché sarà un processo condiviso che rimetterà tutto in discussione. A noi la programmazione e ai Comuni la gestione».
Di più è impossibile strappare a questa ex insegnante di 57 anni, ulivista della prima ora tanto che si mise sotto i riflettori politici quando nel ’95 scorazzava per l’Italia il pullman di Romano Prodi. Ora è iscritta alla Margherita.
Nessuno lo vuole ammettere – dunque – ma sul Codice delle autonomie, approvato il 19 marzo dal Consiglio dei ministri, pochi hanno le idee chiare, anche se tutti vogliono convincere il prossimo e se stessi di aver compreso tutto.
Intanto Bologna cala l’asso della Conferenza metropolitana, ricetta fatta in casa nel ’94 per celebrare un felice matrimonio tra Provincia, capoluogo e gli altri Comuni. È questa la leva su cui fare ancora forza, misurare i rapporti tra economia e società e, infine, lasciare intatto il delicato accordo raggiunto con i "ribelli" di Imola.
In questi anni la Conferenza metropolitana ha affrontato tutti i problemi di governo di area vasta: viabilità, servizi, sanità, istruzione, formazione, difesa del suolo, infrastrutture e pianificazione sostenibile. «Ci vediamo ogni lunedì – spiega Draghetti – e quando non è possibile riunire la Conferenza con i 13 membri, ci ritroviamo nell’Ufficio di presidenza». Uno strumento di concertazione volontaria, sul quale l’osservatore esterno può avere la sensazione che le questioni spinose vengano lasciate fuori della porta e vengano affrontate solo quelle con la strada in discesa o almeno in pianura. «Le sembrano questioni di poco conto – replica il presidente della Provincia – il servizio ferroviario metropolitano, la riorganizzazione del nodo stradale di Bologna, la gestione delle risorse idriche, dell’aria e dei rifiuti?».
Non lo sono, ma le opposizioni sparano a zero su questo organismo, perché non è di natura elettiva e non si è ancora capito a nome di chi parlino gli amministratori che ne fanno parte. Resta anche il fatto che sul passante nord della provincia – una bretella di 40 km che attraversa 10 comuni – sarà il consiglio provinciale a decidere, nonostante decine di audizioni, incontri con i comitati e i cittadini passate attraverso il filtro della Conferenza. Niente da fare. Draghetti non ci sta. «Abbiamo concertato in questi anni tutto con i sindaci e abbiamo condiviso anche gli elementi compensativi – spiega – che serviranno a mitigare il passaggio del passante». Ma sarà tutto inutile: almeno nell’immediato, visto che i soldi non ci sono. «È vero – conferma il presidente – li aspettiamo dallo Stato dal luglio 2005».
Ci sarà da attendere ancora a lungo e (verosimilmente) ci sarà da aspettare anche per avere le altre risorse per le infrastrutture che servono a fare di questa provincia un’area ancora più forte nel panorama italiano. Secondo uno studio presentato a inizio anno da PromoBologna (l’Agenzia di marketing territoriale) ammonterebbero a 6,5 miliardi gli investimenti necessari per cambiare volto al territorio entro il 2010. Sono 51 gli interventi individuati e solo per 11 c’è uno stato di avanzamento dei lavori, un appalto o una gara già bandita, per un valore di circa 2,5 miliardi (tra queste il potenziamento del sistema autostrade-tangenziale, della Fiera, dell’aeroporto e il servizio ferroviario metropolitano).
Allora meglio concentrarsi sul quotidiano e sui rapporti di forza economici e sociali che qui a Bologna coinvolgono poteri forti (Università) poteri celati (massoneria) e poteri comunali: le ex municipalizzate che si allargano e vanno anche in Borsa.
La strategia è chiarissima. «Ci concentreremo – spiega Draghetti – su Bologna Fiere e aeroporto Marconi. Puntiamo a creare due forti sistemi regionali, che coinvolgano anche Forlì, Rimini e Parma». Se questo è il core business ci si può permettere di non avere più partecipazioni in Hera, il colosso dell’energia in Borsa. «Non era giusto – afferma Draghetti – perché la nostra funzione di regolazione era in conflitto di interessi con il soggetto erogatore del servizio». La Provincia è presente in 16 società, con un capitale sociale complessivo di 238,4 milioni (le quote azionarie oscillano dallo 0,82% al 51%). Tutto bello, tutto condiviso? Confindustria Bologna bacchetta e plaude. Bacchetta alcune miopie sociali e l’invadenza in economia, mentre plaude alla Provincia per il ruolo, in molti casi ben esercitato a partire dal piano territoriale, di programmazione.
Bacchetta le partecipazioni "invadenti". «L’ente pubblico – spiega il presidente Gaetano Maccaferri, 55 anni – deve svolgere un ruolo di regolatore. Tutti gli enti locali, complessivamente, non possono superare in Fiera e Aeroporto il 30/35%. Una quota massima e, ripeto, complessiva, che può consentire l’esercizio di una golden share nelle scelte di straordinaria amministrazione. Ora invece si attestano abbondantemente sopra».
Plauso, invece, alla visione di una città metropolitana, condivisa anche dal forte movimento cooperativo rosso. «Siamo favorevoli – afferma Maccaferri – purchè sia in grado di governare le politiche migratorie verso la città e fuori dalla stessa a partire dalle scelte abitative e purchè sia capace di garantire sicurezza. Ma vogliamo anche che Bologna conti di più a livello regionale. Spesso si ha la sensazione che la Regione non faccia scelte gerarchiche e penalizzi in termini di infrastrutture e investimenti la città metropolitana».
roberto.galullo@ilsole24ore.com
Quarta puntata di una serie
Le precedenti puntate sono state
pubblicate il 24 febbraio (Napoli),
il 1° marzo (Torino) e il 25 marzo (Milano)