
Fiera di Milano in cerca d’equilibrio
Sempre più spesso, soprattutto se si parla di titoli a medio-bassa capitalizzazione, sul mercato si riscontrano eccessi di volatilità solo parzialmente giustificati. E che, nel bene o nel male, incidono sulle quotazioni di una società anche nell’ordine del 20% nel giro di pochi mesi. Questi eccessi, generalmente, rientrano con calma e le quotazioni si ristabilizzano a livelli più consoni. Un esempio classico è l’evoluzione dei prezzi di Fiera di Milano, balzata quest’inverno da 9,50 a quasi 12 euro, per poi ritracciare violentemente ancora intorno a 9,50 euro. Tutto questo nello spazio di quattro mesi. Ora, si tratta di cercare una giustificazione a questo movimento e capire quale dovrebbe essere il giusto punto di equilibrio. I più maliziosi fanno coincidere il movimento rialzista con l’inaugurazione del nuovo polo fieristico nella zona Rho-Pero (Mi), in un momento più adatto a una campagna elettorale che non a effettive necessità. I padiglioni saranno utilizzati solo a partire dal prossimo autunno, ma la presentazione ha permesso al gruppo fieristico di concludere in anticipo con i gruppi Onama e Autogrill un contratto della durata di nove anni per la ristorazione del nuovo sito. Per contro, la repentina discesa trova giustificazione in una relazione sui conti del primo trimestre non certo brillante. Ma la situazione era già nota dall’autunno scorso, visto che la debolezza del sistema economico non poteva non avere riflessi anche in questo settore, portando a una decisa contrazione nella richiesta di spazi. Il business fieristico risente di un forte grado di stagionalità, che difficilmente permette un confronto anno su anno e, ancor più, trimestre per trimestre. La mostra-convegno Expocomfort, per esempio, è un classico appuntamento primaverile che si svolge solo negli anni pari e può quindi produrre i suoi benefici solo sui conti di certi esercizi. Per quanto riguarda Fiera di Milano, se proviamo a depurare l’utilizzo degli spazi da eventi saltuari, si vede come la superficie venduta nel primo trimestre sia in aumento di circa il 6 per cento. Accantonando quindi una trimestrale deludente e guardando in prospettiva, il management conta di uscire da questa congiuntura sfavorevole già nel secondo trimestre 2005, durante il quale l’utilizzo del nuovo quartiere espositivo permetterà di inaugurare nuove mostre internazionali, catalizzando l’interesse degli espositori esteri, che finora rappresentano solo il 18% del fatturato di Fiera Milano. Proprio in vista di questa nuova fase, il gruppo sta completando una semplificazione degli assetti interni attraverso l’acquisto della quota di Fiera Milano Exhibitions detenuta dalla Fondazione Fiera Milano e la successiva fusione in Fiera Milano spa. Seguirà, quindi, la fusione per incorporazione della società di organizzazione mostre Delitrade Italia nella controllante Rassegne, a sua volta già controllata da Fiera Milano spa. Dopo aver scontato, quindi, gli eccessi positivi di una inaugurazione forse affrettata e gli effetti negativi di una situazione economica non rosea ma già ampiamente prevista, il vero punto di equilibrio delle quotazioni dovrebbe essere a metà strada tra i suoi minimi e i suoi massimi. E coincidere «casualmente» con i target indicati dalle case di brokeraggio che seguono la società, che si posizionano tra 10,50 e 11 euro per azione. Senza dimenticare la redditività del titolo, che anche quest’anno ha messo in pagamento un dividendo di 35 centesimi, pari al 3,5% circa. Ai livelli attuali Fiera di Milano ha quindi ancora buone potenzialità di apprezzamento, anche se il flottante limitato potrebbe non essere un incentivo per i principali investitori a prendere grosse posizioni sul titolo.