Rassegna stampa

Fattore decisivo per lo sviluppo

Sono aperti due dibattiti nella attuale agenda di politica economica che coinvolgono il settore fieristico: l’analisi dell’assetto produttivo italiano, con le scelte necessarie per la ripresa, e la ristrutturazione dei servizi all’economia.
Il mondo delle fiere lavora ogni giorno con i rappresentanti dei settori economici: con quelle imprese spesso medio-piccole di cui gli analisti hanno chiaramente delineato la necessità di riposizionamento, per raggiungere nuovi mercati, per alzare il livello di innovazione, per crescere dimensionalmente. Queste imprese ci stanno oggi chiedendo un impegno deciso e concludente per arrivare sui mercati più complessi e lontani, ma anche più promettenti. Se le fiere italiane vogliono avere un ruolo propulsivo per lo sviluppo, la strategia della internazionalizzazione diviene prioritaria, per l’esigenza del nostro sistema di collocarsi nelle nuove logiche della produzione e della distribuzione.
Un ruolo nuovo, perché rivolto a contesti complessi, a forte competizione anche con sistemi fieristici a noi vicini, quello tedesco per primo, e con altri mezzi di comunicazione.
Qui si innesta il secondo tema di discussione che riguarda i servizi pubblici sul territorio e la loro futura configurazione. Gli enti fieristici con la riforma di tre anni fa hanno avviato la trasformazione da Enti Pubblici al regime privatistico, operando secondo le logiche e le regole di mercato. I maggiori hanno intrapreso processi di privatizzazione e molti si sono costituiti in società per azioni. Il settore pubblico, principalmente attraverso gli enti locali e le camere di commercio è ancora prevalente nell’azionariato. Nel dibattito sul regime dei servizi al territorio, le Fiere italiane hanno la possibilità di inaugurare un modello di sostegno al territorio ed alla economia che si avvantaggi dei benefici della competizione, tradotta in migliori strutture, migliori servizi e costi più bassi per le imprese. E al contempo di farsi forte di un progetto di internazionalizzazione del Paese che le veda alleate nei confronti del mercato globale, rispondendo così ai quesiti posti dalle imprese, dalle associazioni di rappresentanza, dall’azionariato privato e pubblico.
Vale a dire, non un disegno teorico di sistema, teso sostanzialmente a far vivere, in qualche modo, tutti i quartieri, comunque siano dimensionati e attrezzati; non una sterile gara a spostare manifestazioni da una città all’altra. Un progetto, invece, che sappia aggredire le diverse realtà economiche in cui possiamo portare il sistema Italia, rendendoci complementari per il comune obiettivo di allargare i mercati di sbocco e di interscambio del Paese.
Si giustificherebbe soltanto così, di conseguenza, il forte aumento dell’offerta cui stiamo assistendo nei quartieri di Milano, di Roma, di Rimini, di Bologna e di altri ancora: aumenti di spazi espositivi che a fronte di un fatturato globale delle fiere europee tutt’al più stabile, non ha prospettiva di facile riscontro nella domanda usuale. E non sarà competendo tra di noi per una manifestazione, che risponderemo alla missione che oggi ci viene affidata.
Quegli spazi che nasceranno andranno riempiti attraverso maggiori e nuove presenze di aziende italiane e soprattutto estere; configurando nuovi “modelli di business” in cui si uniscano altre attività a quella espositiva; ed attraverso una costante e coraggiosa scomposizione e ricomposizione delle manifestazioni per cogliere e promuovere la trasformazione del mercato, con attenzione alle filiere produttive e distributive, alle attività connesse e complementari, ai nuovi settori ed altro ancora.
Questa operazione può riuscire rafforzando gli asset consolidati di alcune realtà territoriali, e ragionando insieme dello sviluppo.
Come aziende private, le fiere si devono dotare sempre più di tutti gli strumenti per agire rapidamente su questo fronte; i soggetti pubblici locali dovranno ragionare evitando campanilismi, e sorpassati confronti.
É utile che i quartieri piccoli e grandi sappiano agire in logica di network per accompagnare sempre più imprese alle soglie di mercati più ampi. É utile produrre maggiore ricchezza sapendo ampliare i servizi degli organizzatori. I soggetti pubblici potranno così trovare attraverso le Fiere una possibilità di coniugare i tempi e le spinte dell’economia, così rapidi, ai tempi e alle esigenze della tutela e della promozione degli interessi generali.
Azione, questa seconda, affidata agli amministratori ed alla politica, che al termine del processo devono avere la lungimiranza di valorizzare le iniziative ed i quartieri che abbiano una loro sostenibilità anche economica, in un progressivo allineamento delle condizioni operative, oggi ancora molto diverse in quanto a intervento pubblico. Credo che proprio la assoluta competenza regionale sul settore fieristico suggerisca un dibattito di livello nazionale per dare ordine e slancio al processo in atto.
* Amministratore delegato di BolognaFiere Spa

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