
Fare sistema, futuro del Nordest
“Nordesteuropa.it”, nuovo mensile on-line, ha chiamato a convegno i big del mondo economico, finanziario e politico del Nordest per confrontarsi su progetti di sviluppo e integrazione. I leader delle Associazioni industriali del Nordest che avevano sottoscritto con il presidente Montezemolo la parola d’ordine “fare squadra” sono stati chiamati dalla giornalista Alessandra Carini ad indicare scelte di fondo e progetti concreti per rilanciare la locomotiva Nordest. Ancora una volta è emerso che la scelta più importante è fare sistema. «Già il fatto di essere qui stasera, imprenditori, banchieri e politici, è un fatto rilevante – ha detto Massimo Calearo, presidente di Assindsutria Vicenza – manca solo la parte sociale, che ha il suo ruolo in questo Nordest che è una locomotiva che cambia pelle, ma va avanti». «Ma oltre alla necessità di fare sistema – ha aggiunto Giovanni Fantoni, suo collega di Udine – bisogna puntare anche sui processi aziendali: il messaggio da dare deve uscire dalle aziende per offrire un aiuto alla politica: lo scopo è approdare a un progetto a sostegno dell’economia in competizione, che riduca l’economia protetta». E se il presidente degli industriali trevisani Andrea Tomat ha ricordato che le risorse sono limitate, Cinzia Palazzetti, presidente Unindustria di Pordenone, si è soffermata sulle infrastrutture che mancano, come il completamento della A28 Pordenone-Conegliano da anni nell’elenco delle cose da fare. Riccardo Illy, presidente del Friuli Venezia Giulia, ha parlato più da imprenditore che da amministratore: «Il nuovo modello Nordest è ancora da definire, si deve rivedere l’organizzazione dell’impresa, si deve capire cosa è da tenere in casa e cosa è da delocalizzare. Dobbiamo cercare di rilanciare il modello che io chiamo della ‘imprenditorialità infettiva’, che è il modello del Nordest nell’era della conoscenza. È necessario trovare il modo quindi di sfruttare la cultura e le profonde radici imprenditoriali di questo territorio per applicarle ai campi della creatività e dell’innovazione, elementi vincenti nell’era della conoscenza». Illy ha poi offerto su un piatto d’argento la possibilità di un’orgogliosa replica ai tre presidenti della Popolare di Vicenza, della Popolare di Verona e di Veneto Banca. «Le banche – ha osservato – possono svolgere un ruolo più mirato se sono sotto il controllo pubblico, ma ora si tratta di chiduere la stalla quando le vacche sono già scappate: avevamo le casse di risparmio, ma dopo aggregazioni e fusioni non ci sono più». «Eh no, qui ci sono tre vacche di razza nostrana – ha ribattuto Carlo Fratta Pasini, presidente della Popolare di Verona – che non sono scappate dalla stalla, ma sono radicate sul territorio e svolgono la loro importante funzione a sostegno del sistema produttivo». «Noi abbiamo aggregato 6 banche – ha ricordato Gianni Zonin – facendo una gran fatica, perché non lo si è fatto anche con le casse di risparmio? Imprenditori – ha aggiunto – difendete le banche, altrimenti è ricchezza che se ne va». Fratta Pasini ha poi aperto un altro capitolo nel dibattito, puntando il dito sulla concorrenza che si fanno le società autostradali Serenissima e Padova-Venezia. «Gestiscono due tratti della stessa autostrada, invece di farsi concorrenza dovrebbero puntare assieme su nuove infrastrutture». E su questa concorrenza si è soffermato anche Gianni Zonin, parlando delle Fiere di Padova, Vicenza e Verona: perché non si mettono assieme? Flavio Trinca ha sostenuto l’importanza della piccole banche «che svolgono la loro funzione servendo il territorio». «Il Nordest si rilancia valorizando le potenziali- tà di crescita; non credo a discorsi un po’ retorici come “fare squadra” e cose di questo genere – ha detto un po’ provocatoriamente il sottosegretario al welfare Maurizio Sacconi – credo invece alla responsabilità della politica, degli imprenditori e delle organizzazioni sindacali: tutti gli attori hanno un proprio ambito di responsabilità. Sento troppe lamentele, specie da imprenditori “no profit”, mentre le infrastrutture vengono avanti, come il Mose e il Passante: ci sono sì delle criticità, ma anche fenomeni di crscita». A sostegno del “fare squadra” ha parlato l’on. Fistarol, della Margherita. Serve per creare un clima positivo per le parti sociali, o per fare insieme scelte concrete, per individuare le priorità. Nel dibattito anche un grido d’allarme lanciato da Gianni Zonin: «Il 2005 ci darà qualche problema, comincia la disoccupazione. Lo abbiamo capito dall’ultima vendemmia: erano 30 anni che non si presentavano da noi vendemmiatori in cerca di lavoro. E a Vicenza si presentano sempre più spesso lavoratori vicentini a chiederci lavoro!» «Una buona notizia, quella che ci attendevamo». Massimo Calearo commenta positivamente la decisione del Governo di inserire la riduzione dell’Irap tra le priorità della riforma fiscale. «Concentrare sull’Irap i primi interventi di alleggerimento delle imposte è una scelta che va nella direzione da noi richiesta. Dopo un lungo dibattito, il Governo ha preso la decisione più responsabile: avviare gli interventi sulla fiscalità tenendo conto fin dall’inizio delle necessità del mondo produttivo. Non si tratta di favorire le imprese rispetto ad altri soggetti: si tratta di rendersi conto che il paese ha un grosso problema di competitività, e che senza la prioritaria soluzione di questo problema non sarà possibile avere vero sviluppo, né rimettere in moto l’economia, né ridare ossigeno al potere d’acquisto di tutti. La caduta di competitività registrata dall’Italia negli ultimi dieci-quindici anni è stata netta, pesante. Il recupero non è facile, ma occorrono azioni decise che lo promuovano. Per questo è importante che il governo metta davvero la competitività delle imprese al centro della propria politica economica. Il taglio dell’Irap va in questa direzione». Sembra sia stato recepito, insomma, il messaggio lanciato da Confindustria a governo e parti politiche. «Puntare sul recupero della competitività – prosegue il presidente di Federmeccanica – è essenziale per dare alle imprese la possibilità di liberare risorse imbrigliate da troppi vincoli e da troppe zavorre, e che potrebbero invece essere investite ad esempio nell’innovazione, nella ricerca, nella formazione, nell’internazionalizzazione. Attraversiamo da anni una fase economica difficile, nella quale le aziende spesso fanno fatica a guardare avanti con fiducia. Si procede a vista, senza prospettive chiare, anche gli ultimi dati congiunturali rilevati dalla nostra Associazione confermano questo senso di incertezza diffuso. In questo scenario – conclude Caleario – la riduzione dell’Irap serve anche a ridare ottimismo e fiducia alle imprese. Non è naturalmente la panacea, però è un segnale positivo».