Rassegna stampa

Europa e Stati Uniti in retromarcia, l’Asia rallenta il passo

I bilanci dell’attività fieristica che ha avuto luogo in Europa nel 2009 hanno chiuso ovunque con segno negativo. Tuttavia, considerata la gravità della crisi che sta affliggendo l’economa mondiale, la situazione del mercato fieristico non appare delle peggiori.
Per quanto riguarda le manifestazioni di livello internazionale (le quali rappresentano il 60-70% del mercato complessivo italiano), si sono sommati l’effetto della congiuntura negativa con quello della ciclicità negativa delle annate dispari, le quali sono caratterizzate da una minor presenza di manifestazioni pluriennali. La riduzione degli espositori è stata nel complesso pari al 7% circa, mentre la riduzione delle aree espositive è stata pari al 13% circa. La riduzione degli espositori totali è stata in parte attenuata da un leggero incremento degli stand degli espositori esteri, cresciuto quest’anno del 2% circa rispetto all’anno precedente. Dal lato dei visitatori, le riduzioni sono più contenute, con una riduzione dell’1% circa sui visitatori totali ma di quasi il 5% sui visitatori esteri.
Nel caso delle manifestazioni di livello nazionale-regionale, i dati segnalano riduzioni medie di attività pari allo 8- 10% sia dal lato degli espositori che da quello delle superfici vendute. Il calo di attività in questo caso è minore, grazie al fatto che le manifestazioni nazionali-regionali sono in contro-ciclo rispetto a quelle internazionali.
Anche a livello internazionale si osservano tendenze simili a quelle registrate in Italia, ma con notevoli sofferenze nei paesi minori. Nel paese leader, la Germania – che ha dichiarato che il 2009 è stato l’anno peggiore dal 2002 – la contrazione è stata molto simile a quella dell’Italia, ossia pari a circa il 12-13% sia nel caso degli espositori che delle superfici vendute. La contrazione è tuttavia principalmente legata alla ciclicità negativa delle manifestazioni pluriennali. Nelle manifestazioni confrontabili, la riduzione è infatti limitata al 5% nel caso delle superfici vendute e al 3-4% nel caso degli espositori. Difficoltà maggiori per Francia e Spagna in cui le riduzioni alla fine del 2009 sono stimate dell’ordine del 15-18 per cento.
Nei mercati dell’Est europeo, le cadute di attività sono nell’ordine del 20 per cento. Forte crisi per la Gran Bretagna, ove pare che il mercato sia caduto del 50 per cento. Negli Usa si parla di riduzioni medie del 12-15 per cento. In crescita solo i mercati asiatici, con aumenti delle superfici vendute e degli espositori mediamente pari al 4-5 per cento. Questi tassi di crescita sono tuttavia di gran lunga inferiori agli aumenti esponenziali degli anni passati.
Per il 2010, le attese sono per una stabilizzazione del numero degli espositori sugli stessi livelli del 2009, ma con una probabile ulteriore caduta delle superfici vendute. Gli espositori infatti tendono per lo più a non rinunciare alle partecipazioni fieristiche – soprattutto nel caso di manifestazioni di livello internazionale – ma riducono le spese dedicate alla singola partecipazione. Tuttavia, essendo il 2010 un anno in cui hanno luogo molte manifestazioni pluriennali, i bilanci complessivi dell’attività fieristica non dovrebbero peggiorare.
A fronte di queste attese, alcuni organizzatori (in particolar modo i tedeschi) stanno progettando di incrementare le loro attività all’estero, soprattutto nei paesi asiatici, in cui la domanda fieristica è in crescita.
Per gli organizzatori tedeschi si prevede un aumento delle attività all’estero pari a circa il 10 per cento. Nel caso degli organizzatori italiani e degli altri paesi europei, le attività presso fiere estere sono invece abbastanza limitate, a causa della ridotta dimensione delle loro organizzazioni. Le difficoltà del 2009 esaltano di fatto alcuni cambiamenti di fondo del settore, destinati a restare nel lungo periodo. Innanzitutto, a fronte di un mercato sostanzialmente saturo, è in corso un processo di concentrazione delle manifestazioni internazionali e delle location.

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Il numero delle fiere “rilevanti” si va infatti riducendo in ciascun comparto, come effetto della maturità del settore, ma soprattutto come effetto del crescente interesse dei buyer a visitare anche le fiere dei paesi extraeuropei, principalmente asiatici. Di conseguenza, mentre alcune manifestazioni europee un tempo internazionali stanno di fatto scivolando verso un ruolo più nazionale-locale, altre si stanno fondendo o scelgono la via della co-localizzazione per giocare un ruolo maggiore, rivolto agli scambi dell’intero mercato europeo. Le fiere che continuano ad aver successo sono infatti quelle posizionate nelle migliori location e orientate da obiettivi più focalizzati. In parallelo si osserva la concentrazione dei competitor, concentrazione che avviene soprattutto attraverso acquisizioni di manifestazioni da parte dei principali attori. Le concentrazioni sono visibili in Europa soprattutto sui mercati del l’Est, sul mercato francese (a opera di privati) e in parte su quello italiano (a opera dei quartieri), dato che il mercato tedesco e quello spagnolo sono da tempo sotto il controllo di pochi quartieri espositivi. Molti competitor europei lavorano sui mercati extra-europei per compensare la caduta di attività e per rafforzare, attraverso la presenza diretta su quei mercati, le proprie capacità competitive in Europa.
Paradossalmente in alcuni casi – in particolare in Italia – la selezione del mercato e i conseguenti “spazi liberi” disponibili nei quartieri spinge i quartieri stessi a incentivare nuove iniziative, sulla base di un’intensa competizione di prezzo. Molte volte queste iniziative sono emulazione di manifestazioni esistenti e di fatto provocano spaccature all’interno delle industrie nazionali, spaccature che sono tanto più nocive quanto più l’industria di riferimento è fatta di piccole imprese. Mentre infatti le manifestazioni spaccate sopravvivono al massimo 2-3 edizioni, il beneficio va tutto a favore delle manifestazioni – con iniziative unificate – di altri paesi.
analista osservatorio Fiere
Cermes Bocconi
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