
Eliminare i campanili per fiere e Congafi
“Questa è una legge strategica, non un’aspirina. É un provvedimento che imposta una politica industriale in Friuli-Venezia Giulia: l’obiettivo – dice Enrico Bertossi, assessore alle Attività produttive – è intervenire sui problemi strutturali del territorio, non su quelli congiunturali e, per questo, i risultati non potranno che arrivare nel medio e lungo periodo. Le imprese non dovranno più guardare alla Regione come a un mezzo per ottenere soldi e basta, ma soprattutto per acquisire intelligenze e programmare il proprio futuro”.
Alcuni osservano che la legge si sovrappone ad altri e meno recenti strumenti di politica industriale, di cui non è prevista l’abrogazione. Non c’è il rischio di attenuarne gli effetti?
Stiamo revisionando l’intero sistema delle contribuzioni alle imprese. Ci sono leggi utili che sono rifinanziate di anno in anno e altre che vengono lasciate senza fondi e che non è necessario abrogare. Il ragionamento, piuttosto, va fatto sulle modalità di applicazione di queste leggi: non può più bastare una domanda per ottenere un finanziamento. Bisogna passare da un sistema a pioggia a un criterio valutativo: un progetto può essere finanziato solo se è valido. In caso contrario è fuori, senza graduatorie. L’idea è di avviare un’analisi di tutte le leggi esistenti e adeguarle a questo orientamento.
Si va verso un testo unico dell’industria?
Ancora non lo so. La materia è delicata. Ci sono leggi costruite in 40 anni di vita della Regione e sarebbe presuntuoso metterci mano in pochi mesi.
Alcuni articoli della legge introducono semplificazioni amministrative per le imprese. Si poteva fare di più?
Abbiamo fatto quello che potevamo fare, intervenendo sulle norme che sono di competenza del mio assessorato. Ma il lavoro non è finito e anche sul fronte statale rimangono nodi da sciogliere.
É la legge che voleva o è dovuto scendere a compromessi?
La legge è frutto di un lavoro collegiale con le categorie, le parti sociali e la maggioranza. É la legge che serviva e che tutti volevamo.
Uno dei prossimi impegni potrebbe riguardare i Congafi. Gli industriali ne sollecitano la fusione e qualcuno dice che l’Esecutivo è ostaggio degli stessi consorzi, che si oppongono all’operazione.
Anche le categorie economiche hanno contribuito a frenare il processo di fusione. Quando abbiamo cominciato a muoverci in questa direzione, c’è stata una levata di scudi da parte di diverse associazioni di categoria. Le innovazioni incontrano sempre qualche resistenza da parte di chi è un po’ più conservatore. Credo che sia il momento di sedersi attorno a un tavolo e discuterne. Il settore è evoluto e serve una razionalizzazione dei costi. Credo che avere 15 microstrutture e 15 consigli sia un lusso che, in futuro, sarà difficile sostenere.
Lo stesso vale per i quattro Enti Fiera.
Anche in questo caso i campanilismi prevalgono: nessuno vuole perdere la propria Fiera. Attualmente stiamo lavorando per costituire un’associazione e mettere in rete i servizi delle quattro strutture, costringendole a ragionare insieme. E questo è già un buon risultato. Occorre che ognuno trovi la propria vocazione, per evitare doppioni e fare concorrenza ad altre regioni e Paesi, e non solo a se stessi.