
E ora Palazzo Marino prova a fare «cappotto»
di Marco Alfieri
Potenza del vincolo esterno. A Milano non c’è convegno o pianificazione strategica che in queste settimane non sia tarato sulla scadenza Expo. Infrastrutture, marketing territoriale, sviluppo urbanistico, scientifico o culturale non fa differenza. La Lombardia si è rimessa in moto con la testa al 2015. Resta da capire come procedere: in ordine sparso o facendo squadra. È questo il discrimine. Sul punto, infatti, non mancano frizioni e guerre di potere. Alcuni attori importanti parlano addirittura di «falsa partenza». Neanche a dirlo, il casus belli ruota attorno alla costituenda newco che dovrà gestire la kermesse. Sarà questa la stanza dei bottoni da cui passeranno appalti, budget e le decisioni operative. Ovvio che tutti i soggetti politico-economico-istituzionali vogliano contare.
La bozza di newco è in fase di ultimazione ma non ancora chiusa. L’unica certezza è che palazzo Marino farà la parte del leone, dopo l’investitura berlusconiana a Letizia Moratti, che vestirà la doppia casacca di commissario straordinario e di presidente del comitato di gestione in cui saranno presenti tutti i livelli istituzionali (Comune, Provincia, Regione, Fiera, Camera di Commercio e governo). Mentre il fido Paolo Glisenti sarà l’a.d. Anzi, il probabile amministratore unico, alle cui dipendenze avrà ben otto direzioni di staff ma soprattutto le due aree business della società: infrastrutture e gestione dell’evento, che avranno a loro volta un direttore generale ciascuno. Ma è proprio qui che cominciano i malumori. Ad esempio: la riunione del tavolo giuridico-legislativo, che si occupa di definire la governance societaria, fissata per ieri, all’ultimo è stata rinviata. Ufficialmente l’ufficio legale di palazzo Chigi sta ancora lavorando alla stesura del testo di legge speciale che darà veste normativa alla macchina Expo definendo natura e governance. In realtà, dietro il rinvio tecnico ci sarebbe anche una guerra intestina che monta. Perché non tutti sopportano la fuga in avanti morattiana. Da Camera di Commercio a Fiera, da Assimpredil fino alla provincia di Penati e soprattutto alla Regione di Formigoni, filtra più di una riserva sull’eccessivo protagonismo del sindaco, uscito rinforzato dalla vittoria su Smirne e dal rimescolamento di poteri post voto dentro il centrodestra. Forte di un asse privilegiato con Silvio Berlusconi anche in chiave anti Formigoni, stoppato sulla via di Roma, per la seconda volta. Una tenaglia sul Pirellone che finirà per stringersi ulteriormente con Roberto Castelli che, da vice ministro alle Infrastrutture, presidierà le grandi opere del nord proprio in chiave Expo.
La prova del muscolarismo morattiano? «Lo schema originale di un comitato di indirizzo con dentro i 6 attori istituzionali più un cda che esprime a sua volta un presidente (in quota Pirellone) e un a.d. (in quota palazzo Marino), è stato accantonato a vantaggio di una catena di comando molto corta, senza cda, ma con l’accorpamento di tutte le deleghe pesanti in mano ad un amministratore unico di stretta osservanza», fanno notare alcune fonti. L’accusa degli altri stakeholder alla Moratti è insomma di «scarsa collegialità», e «di voler blindare la presa sull’Expo». Quando Carlo Sangalli parla di «mantenere il gioco di squadra per evitare il rischio di divisione tra istituzioni», tra le righe lo denuncia.
Non a caso, per tamponare alcuni dubbi sulla governance che lo stesso Bruno Ermolli avrebbe manifestato, l’ultima ipotesi sul tavolo del sindaco sarebbe quella di fare entrare anche Promos nel comitato di gestione. Cioè Ermolli che ne è presidente ma soprattutto il garante milanese del Cavaliere. Ricordiamoci che nel comitato promotore dell’Expo l’agenzia speciale della CdC non figura, essendo controllata dall’ente camerale già presente con Sangalli. L’ipotesi di allargare il comitato viene dunque letto come il tentativo morattiano di coprirsi con Berlusconi sulla scelta dell’amministratore unico, garantendo nel comitato la presenza di un suo uomo di fiducia (un’ipotesi che ad esempio Penati prova a disinnescare rivendicando l’ingresso di un rappresentante anche della provincia di Monza e Brianza).
Al contrario, gli altri soggetti del territorio chiedono il varo di un cda che funga da camera di compensazione degli interessi in campo. Altrimenti, il rischio è che la struttura operativa resti ostaggio di guerre intestine che ne inceppano l’operatività. Non basta. L’accelerazione morattiana sulla legge speciale viene interpretata anche come il tentativo di alzare la posta per acconciarsi al negoziato su Fiera Milano, dove a fine anno scadranno i vertici della Fondazione e della spa. Il Pirellone, si sa, è il grande azionista: ma sia Moratti, finora ai margini, che la Lega, sono decisi a contare di più. Nel risiko delle poltrone che contano, ad esempio, starebbe crescendo la quotazione di Danilo Broggi, manager di area Lega: attuale a.d. di Consip ma soprattutto vecchia conoscenza di piazzale Carlo Magno, come ex presidente di Nolostand, la controllata che si occupa di allestimenti.