Rassegna stampa

E Dan Brown spazza via Bloch

Sveglia: ci eravamo ingannati. Alcuni anni fa noialtri ingenui medievisti “di professione” pensavamo tutti che la diffusione della cultura nel nostro Paese, la scuola e l’università di massa, il diffondersi dei nuovi strumenti massmediali di conoscenza avrebbero non solo allargato il campo dei fruitori e degli appassionati, ma ne avrebbero anche elevato la qualità. Ci sbagliavamo. Il mercato editoriale e televisivo ha risposto alla domanda di medioevo che stava crescendo nel nostro Paese, ma che – dato anche il peggioramento della scuola – non era accompagnata da una sufficiente educazione di base, immettendo sul campo una torrenziale quantità di prodotti pessimi e avariati: libracci scopiazzati e riciclati, ricerche messe insieme col taglia-e-incolla e soprattutto un profluvio di robaccia esoterica, occultistica e misteriosofica. Noi ci stavamo ancora chiedendo come allettare il pubblico proponendogli un po’ di divulgazione ben fatta, che potesse costituire un filo rosso tra ricerca scientifica e società civile: e intanto montava l’alluvione dei Santi Graal, dei Templari, dei segreti delle cattedrali, dei “musei della tortura” che ormai infestano tutte le nostre città d’arte. Non solo i temi storici seri non trovavano alcuna eco nel grande pubblico: ma addirittura accadeva il contrario. Era la paccottiglia pseudoculturale a invadere le aule universitarie. Oggi, non è raro trovarsi davanti a studenti che con serietà chiedono tesi di laurea sulla flotta templare che ai primi del Trecento avrebbe scoperto il Nuovo Mondo e sulla tomba segreta di Maria Maddalena.
E allora? Il medioevo di Marc Bloch e di Claudio Sánchez Albornoz è stato definitivamente spazzato via non dico da quello di John R.R. Tolkien o di Umberto Eco (magari!), bensì da quello di Dan Brown, di Ken Follett e di Harry Potter e dei loro epigoni e continuatori? Se la notte è a questo punto, bisogna stare al gioco. Oggi esistono, e sono sempre più numerosi, i clubs dei nuovi fans d’un “medioevo” abbastanza fasullo in linea di principio, ma sinceramente disposto ad automigliorarsi. Per convincercene, basta sfogliare il mensile intitolato appunto «Medioevo» oppure frequentare le decine e decine di “feste medievali” che si organizzano ormai un po’ dappertutto, da Asti a San Marino a Bevagna, e che vantano un’imponente presenza online. Sodalizi di schermidori e di balestrieri, associazioni di cultori della musica e della cucina “medievali”, gruppi di ricerca appassionati alla confezione di vesti e alla ricostruzione di ambienti, botteghe di oggettistica “medievale”, confraternite di organizzatori di eventi. I cultori appassionati dell’età di mezzo si rivolgono ormai a questi ambienti. Snobbando del tutto o quasi gli specialisti della ricerca medievista, i loro convegni e le loro pubblicazioni.
Ma si sta profilando anche un fenomeno nuovo. I responsabili, gli organizzatori e i gestori di questi sodalizi stanno incominciando a mostrare un crescente interesse per i cultori seri della materia. Si comincia a scoprire che i noiosi prof non sono poi tanto male, se utilizzati come consulenti per “filologizzare” sempre più il diffuso “bisogno di medioevo”. Sarà questo il nostro new deal?

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