
Danni elevati con gli eccessi di localismo
di Carlo Cambini*
L’ultimo studio di Diomedea – Area Studi mostra come a partire dagli anni 90 vi sia stata una costante crescita nel numero delle fiere internazionali organizzate in Italia. L’andamento è stato confermato anche nell’ultimo triennio, con circa 190 manifestazioni internazionali organizzate in Italia. Ma questi dati assoluti, che evi denziano una rilevante crescita dell’offerta di eventi, nascondono l’altro – importantissimo – lato del mercato, ossia quello della domanda.
Tra il 1990 e il 2005 la percentuale di visitatori stranieri sul totale è cresciuta dal 5% all’ 8% ed è aumentato il peso degli espositori stranieri sul totale (dal 15% al 22%). Siamo tuttavia ben lontani dalla Germania, dove nel 2005 la percentuale degli espositori stranieri era al 53% e quella dei visitatori al 23 per cento. In termini assoluti, l’Italia organizza più manifestazioni sia della Germania sia della Francia. Eppure risultiamo di gran lunga inferiori ai Paesi a noi vicini. Si organizzano molte più fiere definite internazionali, ma attirando pochi attori (espositori e visitatori).
Ora, pur considerando il carattere fortemente specialistico di alcune manifestazioni, viene da chiedersi il motivo di queste rilevanti differenze. Il decentramento fieristico ha senza dubbio aiutato la crescita del settore, ma portando a un eccessivo localismo e a una scarsa propensione all’internazionalizzazione degli eventi. Certo, le specificità della nostra industria – composta essenzialmente da Pmi – e le peculiarità territoriali richiedono fiere a dimensione più contenuta. Ma un’ulteriore spinta al sistema fieristico non può che nascere dall’organizzazione di eventi internazionali di maggior portata.
Tutto ciò deve avvenire limitando gli attriti a livello locale, puntando a una maggiore sinergia tra gli organizzatori. Joint venture, aggregazioni (societarie e non) e vere e proprie fusioni tra quartieri fieristici potrebbero garantire quella crescita dimensionale necessaria per organizzare, in Italia e all’estero, nuovi eventi di portata internazionale a costi sempre più ridotti e quindi più competitivi. Anche per fronteggiare meglio la concorrenza straniera di colossi, come la francese GL Events, in grado di entrare nel patrimonio di molti quartieri fieristici italiani.
Si osservi che ciò è tipico di tutti i settori di servizio troppo a lungo concentrati sulla dimensione locale: nell’energia per esempio, vi è ormai una corsa all’aggregazione tra le principali ex municipalizzate perché la dimensione aziendale è di primaria importanza per avere una massa critica tale da poter competere sul mercato finale e fronteggiare la negoziazione con gli esportatori di energia.
Questo dovrebbe avvenire anche per il settore fieristico italiano, lasciando da parte le vecchie ruggini e gli eccessi di localismo.
*Politecnico di Torino