Rassegna stampa

Cose turche alla Buchmesse

di Alessandro Melazzini

La Turchia si appresta a invadere la Germania. Con la cultura, s’intende. Alla Buchmesse di Francoforte – che aprirà i battenti mercoledì e, fino a domenica, attenderà più di 380mila persona, tra operatori e pubblico – è in arrivo un battaglione di quasi mille rappresentanti, tra cui 100 editori e 350 scrittori. A preparare il terreno ci hanno pensato quei tedeschi figli d’immigrati turchi che nella nuova patria hanno trovato il successo. Politici come il verde Cem Özdemir, registi come Fatih Akin o scrittori come Feridun Zaimoglu (edito anche in Italia, da Il Saggiatore e Isbn), trasformatosi da portavoce dell’aggressiva "feccia turca" a ironico narratore sentimentale: è il caso del suo ultimo romanzo, Liebesbrand (Incendio d’amore).

Ed è anche una tedesca di origine turca, la sociologa e pubblicista Necla Kelek, a muovere le critiche più sferzanti contro l’ospite d’onore della imminente Fiera. Questa settimana, dalle pagine della «Frankfurter Rundschau» ha polemizzato con Seyla Benhabib, professoressa di teoria politica alla Yale University, colpevole di ritenere la Turchia un Paese in cammino verso il pluralismo, pur riconoscendo una certa mancanza di spirito democratico sia nel governo che nell’opposizione. Per la Kelek, reduce da un viaggio in Anatolia le cui impressioni sono riportate nel nuovo pamphlet Bittersüße Heimat (Patria dolceamara), la moderna Turchia è invece ancora una società fondamentalmente patriarcale e maschilista, discriminatoria verso le donne e assolutamente immatura per entrare nel l’Unione Europea. Anziché ammorbidire il nazionalismo repressivo, il tentativo del governo di permettere il velo all’università secondo Necla Kelek è il pericoloso cavallo di Troia per quel processo di islamizzazione strisciante voluto dal partito di Erdogan. Un timore che diventa cupa visione nel romanzo Chador del cinquantatreenne Murathan Mungan, amato in patria ma ancora poco conosciuto sulla scena internazionale (uscirà in Italia per Giunti a gennaio).

Proprio per non venire strumentalizzata dal suo governo la celebre scrittrice Leyla Erbil e altri autori nel luglio scorso hanno pubblicamente rifiutato l’invito a Francoforte. Una posizione non condivisa dalla collega Asli Erdogan, secondo cui «se si deve criticare il governo turco o tedesco, o prendere posizione contro le case editrici, ciò deve accadere a Francoforte», tanto più che nel comitato incaricato di scegliere i 350 autori presenti alla Fiera del libro sedeva un solo rappresentante del ministro della Cultura a fronte di numerosi scrittori ed editori. E non sorprende che siano molte le voci femminili a esprimersi sulla repubblica fondata da Atatürk, visto che «ci si aspetta da un autore turco di essere giovane e possibilmente avere un tocco orientale. Se poi si è una bella donna, non si sbaglia», come dichiara l’importante casa editrice Iletisim di Istanbul. È il caso della cosmopolita Elif Shafak, nata a Strasburgo, cresciuta in Giordania e Stati Uniti, la cui biografia a cavallo tra Est e Ovest si rispecchia ne Il palazzo delle pulci, pubblicato in Italia quest’anno da Rizzoli, in cui la narratrice racconta la storia di un nobile edificio nel centro di Istanbul dove alloggiano numerose e diversissime famiglie. Presente alla Fiera anche la ribelle Perihan Magden, autrice di taglienti articoli sul quotidiano di centrosinistra «Radikal» e di cui Fazi ha pubblicato il romanzo Due ragazze. Un commento di Perihan a favore dell’obiezione civile le ha procurato accuse dai nazionalisti turchi e grattacapi con la giustizia, come d’altronde è successo anche al premio Nobel Orhan Pamuk, presente a Francoforte con la traduzione tedesca del suo ultimo romanzo, Il museo dell’innocenza, il racconto di un infelice triangolo amoroso tra protagonisti contradditori, ambientato presso la borghesia di Istanbul (da Einaudi tra un anno). Autore tedesco ma ambientazione turca quella di Paragraf 301, il nuovo thriller politico dello scrittore avvocato Wilfried Eggers, a riprova che, almeno in letteratura, nazionalismi e chiusure nulla possono contro l’immaginazione.

alessandro@melazzini.com

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