
Concerto per Viola e Pärt
L’americano Bill Viola incontra l’estone Arvo Pärt. L’artista e il musicista si sono conosciuti di persona per la prima volta in un luogo della trascendenza, la Cappella Sistina, quando papa Benedetto XVI ha fatto il suo primo passo per riportare le arti contemporanee dentro la Chiesa. Era lo scorso novembre e l’incontro è stato tanto folgorante da condurre a uno scambio di lettere commovente e poi all’urgenza di lavorare insieme. Subito. Inderogabilmente. L’intenzione si realizza già ora a Bologna. Venerdì 29 gennaio (alle ore 20.30 a cura di Arte Fiera e Centro della voce dell’Università di Bologna), musica e immagini sono destinate a fondersi in un unico cantico, non a caso nella ex chiesa di Santa Lucia, oggi Aula Magna dell’Università di Bologna.
Bill Viola (1951) presenterà due vaste proiezioni. La prima, Fire Woman, è l’immagine di una donna misteriosa che sta in piedi di fronte a un muro fiamme fino a che cade nel suo riflesso dentro l’acqua. La seconda, Tristan’s Ascension, inizia con un corpo che giace su di una pietra e che è risvegliato da una cascata, per poi cadervi dentro. Nel primo film si parla della trasformazione e della distruzione del sé, nel secondo della resurrezione.
«Anche se è solo la nostra prima collaborazione – dice Viola da noi raggiunto in America – abbiamo sentito che era importante stabilire una relazione tra tutti gli elementi: la musica, le immagini in movimento, i musicisti, i cantanti, l’architettura, la luce e la speciale aura della chiesa. Non è soltanto una faccenda tecnica: il punto è creare le condizioni giuste per una sottile presenza vitale che tutti possano condividere nello spazio».
Le due proiezioni incorniceranno le otto brevi performance musicali. A unire le due esperienze, una simile sensibilità di Viola e Pärt. «Condividiamo l’affinità per la musica e l’arte del passato senza temere di entrarci per trovare ispirazione per le nuove forme del nostro lavoro attuale» continua Bill Viola. «Tendiamo a chiamare in causa la fragilità per dar luogo alla forza. Concepiamo anche una relazione simile con il tempo, inteso come flusso della natura, del corpo e non della tecnologia artificiale».
Molti ricorderanno il Padiglione Americano alla Biennale di Venezia del 1995, quello in cui Viola aveva allestito cinque stanze che sembravano condurre, di proiezione in proiezione, e passando attraverso una zona d’ombra di solo buio e rumore, per finire con una sacra conversazione tra donne intitolata The Greetings (1995). Altri avranno negli occhi l’uomo che brucia e alternativamente si bagna di un altro video installato in varie ex chiese. Uno dei suoi primi film noti, The Passing (1991) descriveva l’agonia della madre. Viola parla, anche nei video che installerà a Bologna, della morte avvertita come vicina ma al contempo non spaventosa: «Tutto ciò nasce da una mia esperienza di quasi-morte avuta da piccolo. Quando avevo sei anni sono caduto in un lago e caddi nel fondo. Non sapevo nuotare, ma non ho assolutamente avuto paura. Pensai di essere in un paradiso e anche dopo molto tempo che mio zio mi ebbe salvato, provai il desiderio di tornarvi». L’artista ha sviluppato la convinzione che gli esseri umani siano nati con un’innata dimensione spirituale o metafisica: «La religione istituzionalizzata è solo un livello o una manifestazione di questo. Il lavoro di tutta la mia vita ha a che fare con questa dimensione nascosta e infinita».
Anche attraverso la mediazione del religioso, il rapporto di Viola con la pittura italiana e con la sua iconografia è molto evidente. Del resto il nostro Paese gli sta dentro alle vene grazie al nonno emigrante, Carlo Viola. Ha studiato Pontormo e Rosso Fiorentino, l’antica Roma e l’Arte Povera, fino a vivere a Firenze nel 1974 come responsabile del mitico centro di produzione di Maria Gloria Bicocchi Art/Tapes/22, uno dei migliori centri per la media art in Europa con un ruolo centrale nello sviluppo del video come forma dell’arte contemporanea. «Quell’esperienza ha cambiato la mia vita: mi ero appena laureato quando questa donna visionaria, convinta che l’immagine elettronica sarebbe stata l’arte del futuro».
Niente fratture col passato, però. Al contrario, il video rende di nuovo vivida l’immagine come ai tempi della pittura rinascimentale, rinnova la tradizione occidentale e il potere del l’arte tout-court: «Come il mare, l’arte ha qualcosa di stabile e solido, ma al contempo anche di turbolento e radicale. Il medium digitale incanala tutto verso la modalità del presente. Internet rende vecchie idee nuove e viceversa. A questo punto della storia l’arte gioca un ruolo essenziale. Credo sinceramente che rappresenti il linguaggio comune del l’umanità, dalla scultura del paleolitico alle ultime immagini in 3D nate a computer. L’arte davvero rilevante parla al sè interiore e non ha bisogno di traduzioni».
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