Rassegna stampa

Con l’entusiasmo della standista

di Marco Carminati

Lo scorso anno è riuscita a far approdare a Bologna 50mila persone in quattro giorni, «in un periodo dell’anno morto, l’ultima settimana di gennaio, in cui nemmeno i bolognesi verrebbero a Bologna». Quest’anno ci riprova. Silvia Evangelisti, direttore artistico di Arte Fiera Art First di Bologna, è una persona dall’ottimismo contagioso. Conversare con lei è come bere uno zabaione con il vov, se ne esce rafforzati. Dove sta il segreto di tanto ottimismo?

«Nel fatto che io facendo questo lavoro mi diverto immensamente. E sa una cosa? Questo divertimento dura da oltre trent’anni». Sì, perché Silvia Evangelisti ad Arte Fiera di Bologna è presente sin dalla prima edizione del 1974. Dico bene? «Certo, ero una studentessa e ad Arte Fiera sono arrivata come standista, per guadagnare qualche lira. La fiera era allora una fiera campionaria: questo significa che assieme alle opere d’arte c’erano esposte attrezzature agricole, camere da letto, baracchini che vendevano panini e crescione». La studentessa Evangelisti è allieva a Bologna di Francesco Arcangeli, al quale chiede una tesi sul futurismo. «Arcangeli era perplesso e non troppo attratto dall’argomento. Io volevo occuparmi di Balla e lui mi dettò, con testuali parole, un titolo di tesi provocatorio: "La signorina Evangelisti mi deve convincere che Giacomo Balla è un grande artista". Non fosse morto prematuramente, forse, con l’entusiasmo del neofita, sarei riuscita a convincerlo».

Silvia Evangelisti si laurea con Renato Barilli, non su Balla ma su futurista bresciano meno noto, Romolo Romani. Poi, frequenta il perfezionamento con Carlo Volpe, innamorandosi del Medioevo e della scultura lignea. Sono anche gli anni della full immersion nel Settecento, perché la Evangelisti viene nominata segretaria della storica mostra sul Settecento Emiliano che si tenne nel 1979.

Ma come è approdata all’arte contemporanea? «La passione per l’arte di oggi fu accesa in me proprio da quell’esperienza di standista alla prima edizione di Arte Fiera. Fui letteralmente catapultata in un mondo straordinario. Alle prime edizioni della fiera erano presenti le gallerie di Leo Castelli, Ileana Sonnabend, la Malborough, Anna Canepa, Parasol, Marconi, Lia Rumma, Lucio Amelio, Lucrezia De Domizio. E così conobbi Carluccio, Castelli, Rauschenberg. Nel 1977, Arte Fiera organizzò anche una settimana dal titolo "La Perfomance oggi". Fu un evento memorabile. E io ebbi la fortuna di partecipare di persona alle performance con Marina Abramovic ed Hermann Nitsch. Compresi sulla mia pelle come l’arte contemporanea potesse essere coinvolgente e pulsante».

Da allora non ha mai smesso di conviverci, da standista a direttore artistico di Arte Fiera, con la stessa energia. «Dopo un momento di crisi, Arte Fiera venne rilanciata nel 1988. Mi chiamarono a dare una mano. Ho fatto di tutto, dalla selezione delle gallerie, alla scrittura dei comunicati stampa, all’accompagnamento dei vip». A proposito, ricorda qualche vip particolarmente attento alle sue spiegazioni? «Ne ricordo due: Umberto Agnelli ed Edvige Fenech. Due veri esperti d’arte contemporanea».

Oggi le fiere d’arte contemporanea sono numerose. La concorrenza si sente. Perché dovremmo venire a Bologna quando neppure i bolognesi verrebbero nella loro città? «Un rischio autentico per le fiere di arte contemporanea è quella del l’omologazione, e Basilea è il modello. A Bologna ci distinguiamo così: siamo una fiera italiana, l’Italia ha una produzione artistica straordinaria, poco considerata nel mondo e senza molti sostegni. Arte Fiera non è la fiera provinciale italiana, è la vetrina mondiale dell’arte italiana nel mondo».

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