Rassegna stampa

Collaborare su progetti mirati

Il sistema fieristico europeo sta manifestando una crescente bipartizione, cui corrispondono differenti logiche competitive e differenti livelli di interesse per il made in Italy.
Da un lato vi sono infatti le fiere di livello nazionale-regionale, con circa 32 milioni di mq di stand venduti annualmente, prevalentemente destinate ai consumatori e alla penetrazione dei mercati locali. Tali manifestazioni sono sempre più basate su logiche di promozione ed entertainment e sono ampiamente distribuite in tutti i Paesi dell’Unione europea, ciascuno con quote limitate e limitate interazioni competitive. Dall’altro lato vi sono le manifestazioni di livello internazionale, in tutto circa 18 milioni di mq di stand, prevalentemente riservate agli operatori e agli scambi internazionali delle produzioni manifatturiere e per lo più costituite sulla logica informativa e delle relazioni tra imprese. In questo caso il mercato fieristico è concentrato sostanzialmente su 4 Paesi (Germania, Italia, Francia e Spagna rappresentano il 90% circa dei mq venduti totali), tra i quali esiste una forte competizione.
Le manifestazioni fieristiche di livello internazionale sono indubbiamente quelle di maggior criticità per le imprese europee e soprattutto italiane. I maggiori Paesi europei sono da tempo in lotta per acquisire le principali manifestazioni nei singoli settori. Il quadro, però, sta cambiando rapidamente. Quattro fenomeni in particolare segnano nuove sfide per imprese espositrici e organizzatori.
e Crescente concentrazione
Il numero delle fiere “rilevanti” si va riducendo in ciascun comparto, come effetto della maturità del settore, ma soprattutto come effetto del crescente interesse dei buyer a visitare anche le fiere dei Paesi extraeuropei, soprattutto asiatici. Di conseguenza, mentre alcune manifestazioni europee un tempo internazionali stanno di fatto scivolando verso un ruolo più nazionale-locale, altre si stanno fondendo o scelgono la via della co-localizzazione per giocare un ruolo maggiore.
r Le fiere «hub»
In questo processo di concentrazione, le fiere della «offerta nazionale» (espositori prevalentemente nazionali e visitatori prevalentemente esteri) rimangono limitate eccezioni, mentre il mercato delle fiere internazionali si va rapidamente riconfigurando su due sole tipologie: le fiere “hub”, che rappresentano l’offerta Europa verso gli acquirenti internazionali, e le fiere «della domanda nazionale», ossia destinate alla prevalente penetrazione dei mercati locali da parte degli offerenti esteri. Le fiere hub si affermano ovviamente nei Paesi europei dotati della migliore accessibilità. Attualmente le manifestazioni internazionali sono concentrate solo su 4 dei 27 Paesi europei (Germania, Italia, Francia e Spagna costituiscono il 90% delle aree di stand) e si può facilmente prevedere un’ulteriore concentrazione per ciò che concerne le fiere con significative quote di visitatori extraeuropei.
t Gli organizzatori
Anche tra gli organizzatori aumenta la concentrazione, come effetto della necessità di operare su un mercato sempre più internazionalizzato. I maggiori organizzatori europei acquisiscono manifestazioni da organizzatori minori e si espandono anche con acquisizioni e joint-venture sui mercati extra-europei, per accompagnare nelle nuove aree di export i propri clienti. In questo processo, cresce soprattutto la quota dei quartieri-organizzatori, i quali in Europa sono sempre stati i competitor fieristici di maggiore dimensione, i soli con capacità di sviluppo multinazionale. I primi 5 in Germania coprono il 65% del mercato nazionale, in Spagna il 98 per cento. In Francia i primi 5 competitor coprono il 51% dell’offerta, ma si tratta soprattutto di grandi gruppi privati. In Italia, l’offerta fieristica dei primi 5 competitor rappresenta solo il 39% ma anche qui, in poco tempo, vi è stata una forte crescita della quota dei quartieri, i quali per definizione costituiscono piazze in cui la provenienza nazionale non conta.
u I produttori nazionali
Il quarto fenomeno rilevante è che ovunque si va riducendo la presenza delle associazioni dei produttori nazionali, quelli che appunto lottano innanzitutto per la visibilità della propria industria.
Riepilogando, si va verso un sistema fieristico che porta sempre più le imprese nazionali lontane dalle proprie aree di produzione, molto spesso con iniziative in competizione con altre della stessa nazione. Il rischio è la perdita di visibilità delle industrie nazionali.
Che fare per vincere le nuove sfide? Forse questo è il momento di ripensare alle fiere non come presentazioni collettive, in cui espositori delle stesse industrie nazionali sono solo fisicamente vicini, ma come strumenti di marketing collettivo in cui la collaborazione emerge da progetti specifici, soprattutto quando le partecipazioni sono “fuori casa”. L’altro aspetto da considerare sono le opportunità di sviluppare innovazioni di marketing e di potenziarle attraverso l’effetto collettivo. Forse queste nuove necessità potrebbero innescare quella collaborazione che le aziende italiane hanno sempre rifuggito preferendo solo la competizione. E su queste necessità si apre un ruolo importante e rinnovato delle associazioni dei produttori, quanto meno nella funzione di indirizzo delle risorse che il sistema pubblico continua a dedicare alla rappresentazione frammentata dei mille campanili.
*Università Bocconi,
direttore Osservatorio fiere Cermes

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