Rassegna stampa

Cercola, presidente della Mostra sottolinea i risultati del suo ente

GUIDO POCOBELLI RAGOSTA «Sifuc è la fiera di punta della Mostra d’Oltremare. È l’unica nella quale Napoli ha l’indiscussa leadership nazionale». Raffaele Cercola, presidente della Mostra, si dice convinto che la sfida del polo fieristico partenopeo «deve prendere ad esempio i tre eventi che hanno la capacità di attrarre aziende espositrici e compratori da tutta Italia e a volte anche dall’estero: Sifuc, innanzitutto, poi Edilmed e Mediel». Tecnofiere, la società guidata da Angelo Padrone, organizza sia Sifuc che Edilmed: che cosa rende queste due fiere così importanti per la Mostra? «Consentono a Napoli di diventare per oltre una settimana, tra preparazione dell’evento e giornate di fiera, una vetrina nazionale. Non a caso si tratta di manifestazioni biennali che garantiscono spesso una qualità maggiore. Alle fiere biennali vengono in genere presentate le innovazioni, che sono uno degli elementi più qualificanti di una fiera». Qual è il ritorno in termini economici per Napoli? «Altissimo. C’è innanzitutto da considerare un dato: durante il Sifuc per oltre una settimana tutti gli alberghi di Napoli registrano il tutto esaurito. E poi c’è un ritorno di immagine enorme, perché il Sifuc è la prima fiera nel campo della ferramenta, dell’utensileria, dei colori a livello nazionale. Milano ha provato ad organizzare un evento alternativo, ma non è riuscita neanche ad avvicinarsi ai risultati di Napoli». Ritiene che i risultati raggiunti finora dalla Mostra possano far parlare di un polo fieristico di livello nazionale? «Per numero di eventi organizzati siamo sicuramente tra il terzo e il quarto posto, dopo Milano e Bologna e forse Verona». E per fatturato prodotto? «Tra i primi dieci poli. Dobbiamo sicuramente crescere ancora in termini di qualità. Come ente stiamo investendo molto. Già per il Sifuc abbiamo ampliato con una tendostruttura la superficie coperta di millecinquecento metri quadrati». Quali sono i progetti sui quali la Mostra sta investendo? «Stiamo portando avanti da anni iniziative di recupero e di risanamento sia in termini di infrastrutture che di gestione, con risultati molto evidenti sia per fatturato, che per eventi in calendario, che per visitatori». Quali sono i dati? «Il 2003 si è chiuso con un fatturato di circa 11 milioni di euro, per fine 2004 prevediamo di raggiungere i 12 milioni. Il numero di manifestazioni è cresciuto. Erano 26 nel 2003, 28 a fine 2004, e per il 2005 già sono state messe in cantiere 30 eventi». Quanti sono stati i visitatori? «Nel 2003 un milioni 600mila. Prevediamo di chiudere il 2004 con un milione 800mila visitatori. Risultati entusiasmanti sono stati raggiunti anche nella motivazione del personale. Oggi tutti i dipendenti della Mostra hanno maturato un grado di identificazione con l’ente che presiedo davvero invidiabile. Nella Mostra da qualche anno è stata introdotta una logica privata in un soggetto pubblico. Il senso di appartenenza è altissimo. Un risultato che ci ha consentito di fare un enorme salto di qualità. Un obiettivo che ci siamo prefissati sin dall’insediamento e che abbiamo raggiunto grazie ad un lavoro che ho svolto immedesimandomi più nel ruolo di allenatore-educatore che in quello di capo autoritario che per natura non mi appartiene». Quanto sono attente le istituzioni a sostenere la crescita del polo fieristico? «Direi che non c’è attenzione, non c’è collaborazione. Basti pensare che ancora oggi per il Nauticsud non conosciamo quali spazi in acqua è possibile ottenere. A Cannes da pochi anni organizzano una manifestazione analoga che ha ottenuto un successo enorme. La verità è che a Napoli manca una cultura per l’economia. Manca un progetto complessivo, un modello alternativo a quello delle vecchie partecipazioni statali». Il polo fieristico potrebbe essere un’alternativa? «Può costituire un elemento forte di un progetto più ampio. Una città come Napoli non può ovviamente affidarsi ad una sola attività. Deve riuscire a crescere sviluppando più settori. Certo che il turismo congressuale e quello fieristico rappresenta una grande opportunità. Purtroppo non è facile far comprendere questo concetto. A Napoli sembra che siamo pronti ad accettare tutti i mestieri tranne quelli legati al settore delle fiere. È un errore grave. Basti pensare che ci sono alcune città all’estero, ad esempio in Germania, che vivono quasi esclusivamente di fiere».

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