Rassegna stampa

Ceramica «assediata» dai buyer

Daniel arriva da Taiwan con altre 40 aziende ed è qui a Bologna per comprare «some good stuff», buoni prodotti. Francis, da Pechino, acquisterà circa «200 container», da distribuire in tutta la Cina perché «nella creatività siete imbattibili».
Una visita agli stand di Cersaie, principale fiera mondiale della ceramica, è un corso rapido di globalizzazione. I visitatori stranieri sono la maggioranza, e non potrebbe essere diversamente per un settore che esporta in media l’80% dei propri ricavi, stimati nel 2010 in 6,5 miliardi di euro e che si aggiudica nel commercio internazionale un terzo del mercato. «Una leadership globale – spiega la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia nel giorno dell’inaugurazione – che ci deve far insistere con maggior forza nel chiedere alla politica una svolta, per tutelare la forza del nostro sistema manifatturiero». Crisi internazionale, crollo della borsa e declassamento dell’Italia da parte di Standard & Poor’s sono la cornice cupa di un evento che mette in vetrina le eccellenze del made in Italy, «in grado di battere la concorrenza – spiega il presidente di Confindustria Ceramica Franco Manfredini nella tavola rotonda moderata dal direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano – grazie al connubio di tecnologia e design».
Parole confermate dalla rassegna, dove l’impatto visivo è eloquente: vi sono lastre sottilissime con meno di 3 millimetri di spessore, altre integrate in pannelli fotovoltaici, altre ancora che neppure al tatto si distinguono facilmente da un parquet in rovere. Le tecnologie digitali a getto d’inchiostro consentono sfumature e accostamenti finora inimmaginabili, i nuovi materiali o le lavorazioni innovative sono ad ogni angolo. C’è persino un’intera serie dedicata al personaggio di Hello Kitty.
«Minimum quantity, any period», spiega in un inglese approssimativo ma efficace il venditore al cliente giapponese. È il just in time della via Emilia, con le aziende del distretto che ormai hanno poco da invidiare al mito Toyota in termini di produzione snella. Alla flessibilità si sono abituate anche “grazie” alla crisi, come spiega il presidente di EmilCeramica Sergio Sassi. «Da 215 milioni di ricavi siamo crollati a 130, con difficoltà enormi nel ridurre la struttura». Il futuro? Naturalmente nei mercati esteri. «Apriremo un magazzino in Brasile e una joint-venture in Cina –, racconta con orgoglio Sassi, che guida un gruppo da 550 addetti –. Certo, quando usciamo dall’Italia impieghiamo un terzo del tempo per ottenere qualsiasi autorizzazione».
«Ci salviamo proprio perché siamo forti all’estero e per la corsa dei Brics», spiega Maurizio Piglione, ad di Marazzi, uno dei colossi del settore con 818 milioni di ricavi e 1.800 addetti in Italia. «L’export arriva all’80%, ma in realtà la produzione per due terzi è fuori dall’Italia, nei nostri siti in Spagna, Russia, Francia e Usa».
È quella che il presidente di Confindustria Ceramica Manfredini chiama “buona” internazionalizzazione, la produzione orientata al mercato locale. Diversa dalla delocalizzazione, che se troppo spinta «crea disoccupazione».
Caso da manuale nella strategia oltreconfine è la Smaltochimica di Spezzano, nel modenese, leader mondiale nella nicchia degli additivi chimici per ceramica. Il suo stand sembra una puntata di giochi senza frontiere, con il compratore egiziano con cravatta sgargiante, quello colombiano con baffi d’ordinanza, il coreano che abbassa gli occhi quando si sente osservato. «A quel tavolo – indica l’ad Federico Piccinini – c’è un manager della più grande azienda vietnamita».
Smaltochimica, nata nel 1977, ha progressivamente aperto stabilimenti in tutti i continenti e oggi ha 12 filiali estere per un fatturato di gruppo stimato a 55 milioni nel 2011. Crescita trainata dai Brics, con Cina e India, ad esempio, in aumento rispettivamente dell’80 e del 60 per cento. «Nella nostra nicchia – spiega – abbiamo il 30% del mercato mondiale. Restiamo competitivi innovando, in Italia abbiamo 10 addetti alla ricerca, quasi un terzo dei dipendenti totali. Traino estero per il settore, dunque. Ma in Italia restano molte incognite. A cominciare dall’energia. «In un anno il metano è aumentato del 50%», spiega Vittorio Borelli, ad di Fincibec, 80 milioni di ricavi con 450 dipendenti. Noi cerchiamo di reagire investendo in cogenerazione, risparmio energetico e certificazioni che ci consentono di entrare nel mercato degli edifici “green”. Resta il fatto che i nostri concorrenti in Europa pagano l’energia il 30% in meno». Di Cina e della concorrenza asiatica oggi si parla poco, il tema finisce in secondo piano. Per Marco Manni, presidente della Ceramica Colli di Sassuolo «è il sistema a mancare, noi aziende siamo lasciate sole». «Il primo problema – rincara il numero uno di Marazzi Piglione – in questo momento è il Paese. Un voto alla politica? Non mi faccia dire…».
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ECCELLENZA DEL MANIFATTURIERO

MARCHI

1.000

Al Salone internazionale della ceramica per architettura e dell’arredo gli espositori sono in continua crescita: quest’anno sono presenti oltre mille marchi (di 965 aziende espositrici)


VISITATORI ESTERI

26.700

La scorsa edizione sono sbarcati al Cersaie di Bologna in 26.700 da 144 nazioni diverse. L’obiettivo, per questa edizione, è di fare meglio. Nel complesso, nel 2010, i visitatori sono stati 82mila
Eccellenza del manifatturiero


PRODUTTORI

284

L’industria della ceramica è tra le eccellenze del made in Italy. La filiera è composta da 284 aziende (con 38mila addetti) che esprimono un fatturato aggregato di 6,5 miliardi di euro


EXPORT

3,9 mld

Le esportazioni sono un tradizionale punto di forza di questo settore. Gli acquirenti di tutto il mondo apprezzano la qualità, il design e lo stile della piastrella italiana

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