Rassegna stampa

Bossi alla partita della Fiera

Marco Alfieri
MILANO
Sarà un risiko in piena regola. All’incrocio tra Expo, elezioni Ue e sommovimenti in due santuari del potere come Camera di commercio e Fondazione Cariplo. Non a caso dentro Fiera Milano, che in primavera rinnova i vertici della Spa (9 poltrone per un giro di affari di 250 milioni), si respira grande incertezza. A novembre, il via libera al nuovo centro congressi ha chiuso solo su un primo periodo di transizione: l’avvio del polo di Rho-Pero e la super valorizzazione dei terreni venduti alla cordata Citylife; le sofferenze di bilancio e il ritiro espositivo dal vecchio polo cittadino. La politica sta scaldando i motori per giocare il secondo tempo.
Il segnale è arrivato a Natale. Quando Claudio Artusi, ad di Fiera Spa, spedisce una lettera caliente ai suoi consiglieri. Due i punti: riorganizzazione interna, cioè grosso taglio alle 14 controllate, e way out per alleggerire il capestro dei costi di affitto annui (56 milioni) da pagare alla controllante Fondazione Fiera. Troppo in una congiuntura a forte surplus di offerta. Se questo è il senso della lettera, ovviamente la tempistica, a cda in scadenza, solleva polemiche: dal presidente della Spa, Michele Perini (area Berlusconi-Moratti), al consigliere Francesco Milone (area An).
La nascita dell’Osservatorio sulle fiere lombarde promosso dalla Lega Nord, con in organico il figlio del Senatur, Renzo Bossi, fa il resto: squadernando gli appetiti leghisti sulla partita. Qualcuno fa il nome di Paolo Galassi, numero uno di Confapi. In realtà la sua è una candidatura civetta, o comunque avanzata da pezzi di Carroccio (Davide Caparini). Prima bisogna infatti aspettare le nomine di SoGe Expo 2015, che è ancora impantanata. Solo allora si arriverà al vero nodo del risiko: la fine del monocolore formigoniano dentro la galassia fieristica. Con una Lega così forte ma tagliata fuori dalla stanza dei bottoni di Expo (a Bossi non basta la presidenza di Sviluppo Sistema fiera con Leonardo Carioni), bisogna per forza scendere a patti. C’è il rischio che rompa in vista delle Regionali 2010, e questo Formigoni, che è il grande azionista di Fiera, lo sa bene.
Le ipotesi che circolano vanno in questo senso. Da tempo si dice che Luigi Roth, vero dominus di Fiera Milano e a capo della Fondazione i cui vertici vanno a rinnovo in autunno, non più rieleggibile punti a scendere alla presidenza della Spa. Ovviamente con deleghe più sostanziose dell’attuale Perini. Esaurita la stagione dello sviluppo immobiliare, Roth sa bene che adesso la polpa, anche in chiave Expo, è tutta nella società operativa.
Avallare o meno il salto, dipenderà da Roberto Formigoni. Tra i due i rapporti non sono più idilliaci. L’ex manager Iri sulla partita Expo avrebbe manovrato non completamente in linea con il Pirellone. Formigoni non ha gradito. Ma il Pirellone sa bene che in periodi agitati la continuità potrebbe essere la miglior garanzia, anche grazie a relazioni (un certo mondo a cavallo tra Prodi e Tremonti), che Roth coltiva ben oltre l'”inner circle” formigoniano.
Nel frattempo,  nell’ipotesi che Roth scenda in Spa, all’interno della Spa a saltare sarebbe Artusi. Il sindaco Moratti però ha stima del manager piemontese: per lui potrebbe aprirsi una direzione generale in SoGe. Ma se la conferma del ticket Artusi-Perini è difficile, c’è una terza ipotesi che investe il potente capo dei commercianti milanesi (e italiani): Carlo Sangalli. Altro uomo forte di Fiera (è vicepresidente di Fiera Spa), da tempo scontento di Artusi e Corrado Peraboni (area An), dg di Fondazione e ad di Expo Cts, fino a pochi mesi fa partecipata proprio da Unione e Confcommercio. Sangalli, infatti, nel riequilibrio dentro CdC tra i commercianti e l’Assolombarda che ha appena ottenuto la presidenza SoGe con Diana Bracco, potrebbe salire alla guida di Fiera Spa. Al Carroccio non dispiacerebbe. E nemmeno alla Moratti. Di qui un possibile scambio: Roth in quota Formigoni alla vicepresidenza della Fondazione Cariplo al posto di Sangalli, che la mollerebbe per la Spa. A sua volta, il Pirellone esprimerebbe l’ad. A quel punto l’accordo tra Carroccio e Formigoni passerebbe, in autunno, dalla presidenza di Fondazione. Lasciata al partito di Bossi.

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