Rassegna stampa

Bonifica siti, un business che fa gola

«Nel settore delle bonifiche ambientali si sta attivando un business dalle potenzialità colossali». É questo il parere di Pietro Canepa, professore di chimica industriale all’Università di Genova ed esperto di tecnologie per il risanamento di aree industriali contaminate, che ad Ecomondo di occuperà della questione bonifica siti. Qualche anno fa, i tecnici del ministero dell’Ambiente, riferendosi al mercato italiano, stimavano in 30 miliardi, di cui circa il 10% urgenti, il valore complessivo degli interventi necessari per bonificare gli oltre 12mila siti contaminati censiti nel nostro paese. Un enorme business destinato a durare a lungo che ha già scatenato gli appetiti di molte multinazionali.

Per bonifica si intende l’insieme degli interventi atti a eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurne le concentrazioni presenti nel suolo o nel sottosuolo, riportandoli ad un livello uguale o inferiore agli standard fissati dalle norme. Sostanzialmente, attraverso la bonifica si raggiunge un grado di salubrità dell’ambiente molto simile a quello naturale. Di bonifiche di siti contaminati, aspetti normativi, tecnologici e di controllo si parla a Ecomonodo, nella conferenza di venerdì 24 ottobre, presieduta da Pietro Canepa e da Fabio Fava, docente all’Università di Bologna.

All’appuntamento fieristico riminese sono presenti 89 aziende che operano nel campo delle bonifiche ambientali, di queste 13 hanno sede in Emilia-Romagna, una delle regione con la più alta concentrazione di operatori di settore. La Toscana e le Marche sono presenti con quattro aziende a testa. Un’unica società in fiera vanta l’Umbria.

La questione della riutilizzazione delle aree industriali dismesse, o più in generale delle aree degradate, riveste grande rilievo in ambito italiano ed ha certamente un carattere strategico per uno sviluppo economico ambientalmente compatibile. «Il problema è che nel nostro paese ci sono poche aziende di grandi dimensioni – sottolinea Canepa – e il rapporto tra il personale richiesto per le operazioni di bonifica dei siti censiti e la superficie da bonificare è piuttosto basso. Anche per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e l’attenzione alla formazione e alla qualità delle risorse umane, siamo in ritardo. L’Italia sconta un deficit di know how e innovazione (ha solo due brevetti), basti pensare che la tecnica di bonifica più utilizzata (80% dei casi) per risanare suolo e sottosuolo è quella dell’asportazione e smaltimento, mentre all’estero le nuove tecnologie permettono interventi molto più leggeri».

Una direzione nella quale numerose aziende iniziano, in verità, a muoversi. É il caso, ad esempio, del gruppo Trs, di Piacenza, presente con un suo stand a Ecomondo, che ha il proprio core business nella progettazione ed esecuzione delle bonifiche di aree contaminate mediante l’applicazione di nuove tecnologie per problemi difficilmente risolvibili con i classici interventi. Il gruppo Trs, ha raggiunto nel 2002 un fatturato di quasi 12 milioni (+15% rispetto al 2001), la metà del quale prodotto nell’area dei servizi di bonifica. Un risultato reso possibile proprio da un impegno costante sul fronte della ricerca, dove investe il 10% del risultato operativo, e della formazione (3300 ore di formazione del personale nel 2002).

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