
Art Chicago non vende
Fenomeno ormai comune per le fiere d’arte è un elevato numero di visitatori e vendite ridottissime. Un ottimo lavoro di public relations ha portato alla Chicago Art Fair (per gallerie affermate), Next (per giovani gallerie) e Antiques Fine Arts nel weekend del 2 e 3 maggio 50mila visitatori. Una cifra enorme, se si pensa che l’anno scorso le fiere erano cinque, invece di tre, i visitatori erano stati poco più di 50mila. Però quello che conta è il tipo di pubblico. Un collezionista vale più di cento curiosi. I galleristi che sono riusciti ad andare in pari con le spese per la fiera (costo dello stand, spedizione delle opere, hotel e extra) si considerano miracolati.
A tutti gli altri cosa rimane?Contatti. Ma ha ancora senso sacrificare una dozzina di migliaia di euro (quando va bene) per incontrare persone che non comprano e al massimo qualche curatore. La verità è che molte fiere d’arte sono sempre più punti di ritrovo per addetti ai lavori e appassionati, e sempre meno vetrine per i collezionisti. Come parchi di divertimenti per amanti del contemporaneo offrono interessantissimi talks con i migliori curatori dei musei locali e non, una serie di mostre, performance, concerti e feste. La cultura e l’intrattenimento prendono il posto del mercato.
La Chicago Art Fair, cominciata negli anni ’80, (ora parte del gruppo Merchandise Mart Properties, Inc. che include l’Armory Show, Toronto International Art Fair e VOLTA) è stata sull’agenda di ogni collezionista fino all’apertura dell’Armory show di New York, dieci anni fa. Un altro duro colpo è stata la Miami-Basel Fair cominciata nel 2002. Da allora per Chicago è iniziato un declino che l’anno scorso si sperava di fermare con la creazione della frizzante Next, la parte della fiera più sperimentale solo su invito per gallerie appena aperte. La recessione ha però dato un ulteriore durissimo colpo alla sua già disgraziata sorte. Quest’anno i galleristi di Next ammazzavano il tempo di inutile attesa negli stand, andando alle conferenze sul destino dell’arte ai tempi della crisi. Chi arriva pensando di vendere, certo non torna l’anno successivo perché i visitatori sono molti ed entusiasti anche per gli interessanti eventi collaterali, ma non si sognano di comprare. Premesso quindi che Art Chicago e Next si rivolgono essenzialmente al medio e piccolo collezionista della West Coast (nessun collezionista o art advisor di New York va a Chicago a comprare), le uniche vendite importanti si sono registrate nelle gallerie di Carl Hammer di Chicago (venduto un lavoro di Martin Ramirez, di cui un disegno da Christie’s ha raggiunto nel 2003 i 53mila dollari) e di Carrie Secrist, che ha venduto cinque foto di Angelo Musco da 16mila dollari l’una al Kemper Museum, oltre che a dipinti di che esponeva a Next. Al di fuori di queste due vendite considerate eccezionali, ma che dovrebbero essere normali per una fiera storica, i pochi che non ci hanno perso hanno ripagato i costi dello stand (420$ circa al metro quadrato per Art Chicago e 25$ per Next). L’unico modo di incontrare grossi collezionisti era assistere alla discussione in fiera «Beyond Collecting: New Models for Contemporary Art Collections», i cui relatori erano tra gli altri Paige West, collezione West, Victor Zamudio-Taylor, collezione Jumex, e Jacqueline Lawrence, collezione UBS.
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