Rassegna stampa

Al sistema serve con urgenza una cabina di regia

di Andrea Curiat
«Negli ultimi anni i quartieri fieristici hanno inscenato una vera e propria guerra dei campanili, cercando di portarsi via l’un l’altro il primato nell’organizzazione delle varie manifestazioni. Adesso, però, è giunto il momento di ricordare il nostro vero obiettivo: promuovere con successo il made in Italy». È quanto afferma Gaetano Marzotto, 55 anni, presidente del Comitato fiere industria (Cfi), commentando gli effetti della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alle Regioni competenze sulle fiere commerciali.
Presidente, il «federalismo fieristico» funziona?

Ha avuto effetti positivi piuttosto evidenti: dal 2001 a questa parte si è reso possibile uno straordinario rinnovo dei quartieri fieristici. Mi riferisco a Milano, Roma, Bologna, Verona e altri ancora, quindi il giudizio è senz’altro ottimo. D’altro canto, alcune spese possono essere gestite a livello di quartiere, altre richiedono un controllo nazionale, altre ancora una supervisione europea. Insomma, per vincere un Gran premio non basta una buona vettura, ma occorre un team che lavori di concerto. La mancanza di una cabina di regia si è fatta sentire nel momento in cui la necessità di riempire questi enormi quartieri fieristici ha spinto gli organizzatori a dare una connotazione internazionale anche a eventi tutto sommato modesti.
Cosa propone il Cfi?

Non chiediamo altro che un buon coordinamento, con il supporto del sistema Paese. Il grande successo di Milano Unica è stato reso possibile dalla coordinazione fra gli imprenditore del tessile. In questo modo, il competitor della fiera non è più un’altra manifestazione italiana, ma la controparte francese. Nel campo alimentare, al contrario, non siamo riusciti a organizzare una vera fiera nazionale, se si esclude il Vinitaly. La "Cibus" è deliziosa, ma ha ancora una dimensione locale: in questo caso, sarebbe stato meglio unire le forze per una grande fiera dell’alimentare, riservando a Parma una connotazione destinata alle specialità regionali.
Chi dovrebbe occupare questa cabina di regia e con quali funzioni?

Sicuramente il ministro competente dell’Industria e del commercio con l’estero; il ministro delle Finanze o i suoi collaboratori; i rappresentanti di Confindustria, Cfi ed Aefi; e infine, ovviamente, i rappresentanti delle Regioni e del gruppo di coordinamento interregionale per le fiere. La funzione deve essere non tanto di gestione, quanto piuttosto di indirizzo e controllo e di pianificazione.
Quanto a misure concrete?

È necessario anzitutto armonizzare le norme regionali ed europee, certificare le fiere, promuoverle sui mercati esteri, valorizzare meglio il made in italy incentivando lo sviluppo di sinergie tra i vari settori. Insomma, fare meno ma farlo meglio.
«Fare meno» significa concentrare gli sforzi unicamente sulle grandi manifestazioni?

No, al contrario: le fiere internazionali di grande spessore, che hanno lo scopo di proiettare le imprese italiane nel mondo, devono convivere con le piccole e medie fiere locali, specializzate e preziosissime per conoscere il meglio del meglio di ogni regione.

Come sarà il futuro delle fiere italiane?

Sono ottimista: abbiamo fiere meravigliose, riusciamo ad attrarre gente da tutto il mondo, siamo fra i primi in Europa. Vista la forza del made in Italy in molti settori, è nostro dovere fare un salto di qualità verso una connotazione veramente internazionale. I Paesi dell’Asia saranno i prossimi grandi consumatori. Ci sono quattro miliardi di persone che stanno raggiungendo un livello di benessere tale da rendere accessibili i beni europei: diamo loro una mano.

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