Rassegna stampa

A Pompei la miniera si trasforma in museo d’impresa

In vetrina i più importanti brand della produzione campana conosciuti a livello locale e internazionale e i prodotti di aziende, anche di recente costituzione, che investono in innovazione. Dalla pasta di Gragnano, al corallo di Torre del Greco, dalle ceramiche di Vietri ai prodotti delle aziende vinicole potranno avere spazio nel primo museo d’impresa della Campania, un luogo dove mettere in relazione il lavoro aziendale con la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e che potrebbe essere inaugurato entro un anno. Insomma, i distretti campani, molti dei quali hanno una storia secolare avranno un museo su misura a Pompei, quella stessa cittadina che ogni anno accoglie, grazie alle sue estese rovine e al santuario mariano, oltre 2,5 milioni di turisti ogni anno.
Nascerà a Pompei, nell’area di una miniera carbonica dismessa per la quale sono già in corso le operazioni di riqualificazione. Qui sarà allestito uno spazio espositivo nel quale ogni sei mesi, a rotazione, le principali aziende dell’area vesuviana potranno mostrare la propria storia, il know how, ma anche progetti futuri che puntano all’innovazione tecnologica.
Promotori dell’iniziativa sono il Comune di Pompei e Benecon, il centro regionale di competenza per i beni culturali, l’ecologia e l’economia legato alla Seconda Università di Napoli. A essi spetterà anche il compito di scegliere le imprese che potranno esporre nel nuovo polo museale. «Abbiamo un enorme patrimonio da valorizzare – spiega Carmine Gambardella, docente di cultura del progetto, presidente di Benecon e assessore all’urbanistica del Comune di Pompei – Intendiamo lavorare sulla nostra identità e favorire le attività produttive regionali attraverso la creazione di un museo delle imprese: questo è il modo moderno per potenziare i prodotti d’eccellenza. Obiettivo del progetto è rendere l’area vesuviana il perno attorno al quale far ruotare le produzioni di qualità campane, rendendole competitive a livello nazionale e internazionale».
L’idea di realizzare un museo d’impresa in Campania si è concretizzata circa un anno fa, quando il Comune di Pompei, rispondendo a un bando regionale, ha ottenuto un finanziamento di 1,1 milioni (fondi Por Campania 2000-2006). Finanziamento poco dopo congelato a causa di un ricorso al Tar presentato da un Comune del Cilento. Anche per la scelta della location il percorso non è stato lineare. Inizialmente la Diocesi pompeiana aveva messo a disposizione dell’iniziativa un ex edificio industriale di sua proprietà, poi non più concesso. L’amministrazione comunale ha così deciso di destinare l’ex miniera carbonica al museo e ha stanziato fondi del proprio bilancio per l’avvio dei lavori.
«Con il nuovo polo museale – spiega Claudio D’Alessio, sindaco di Pompei – contiamo di riuscire a dare una nuova offerta turistica, in aggiunta a quella degli scavi archeologici e a quella di tipo religioso, ai numerosi visitatori presenti quotidianamente in città. L’area prescelta è collocata al centro di Pompei, accanto alla Casa comunale in cui presto saranno allestiti anche un museo civico e l’archivio storico comunale».
Brunella Giugliano

L’INIZIATIVA

 


Il progetto
Comune di Pompei e Benecon, centro di competenza dei Beni culturali che fa riferimento alla Seconda Università di Napoli, sono promotori del progetto Museo d’impresa di Pompei. L’iniziativa è finanziata dal Comune di Pompei che ha reso disponibile come se una ex miniera di anidride carbonica
In mostra
Il museo metterà in esposizione a rotazione i prodotti delle imprese eccellenti della regione. Quelli storicamente riconosciuti come eccellenze: la ceramica di Vietri, la pasta di Gragnano, la seta di San Leucio. Ma anche nuovi prodotti esempio di designe e innovazione
Il libro
Del progetto Museo d’impresa di Pompei si occupa anche il volume «Officiamuseum, musei d’impresa e sviluppo locale: il progetto Pompei», curato da Claudio Gambardella, docente della facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli, edito da Alinea Editrice (25 euro). Lo studio in lingua inglese – che passa anche in rassegna le produzioni che potrebbero trovare posto nelle bacheche del museo – è stato presentato nei giorni scorsi a Napoli.

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