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VII STATI GENERALI DEL LATTE ALLA FIERA BOVINO DI CREMONA: I COSTI DEGLI ALLEVATORI ITALIANI CI COLLOCANO FUORI DAL MERCATO EUROPEO

“La programmazione produttiva verrà inserita nella nuova normativa comunitaria. Perché, se non sarà il commissario Ciolos a contemplarla, provvederemo noi a scriverla”: così un esplosivo Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo, ha aperto il suo intervento ai VII Stati Generali del Latte ospitati questa mattina da Cremonafiere nel contesto della 65esima Fiera internazionale del Bovino da Latte.
Tra riflessioni, interrogativi e provocazioni, De Castro ha conquistato gli applausi convinti della foltissima platea. “Il ‘pacchetto latte’, che verrà presentato a Bruxelles l’8 dicembre, fa proprie alcune delle raccomandazioni del gruppo Alto Livello: tra queste, la più significativa è l’estensione al settore lattiero-caseario del modello di organizzazione dei produttori. Un’introduzione che è destinata ad esercitare forti influenze e sulla quale si dovrà intervenire per rafforzare il sistema contrattuale. Quanto al ‘pacchetto qualità’, la delusione del Parlamento è innegabile: se lo strumento della programmazione non è preso in considerazione, sarà giocoforza agire in tempo per trasformare i pacchetti in opportunità”. La riforma della PAC  – che sarà presentata nel migliore dei casi a luglio 2011 – pone più di un punto interrogativo, come ha spiegato De Castro: “La partita sulle risorse finanziarie si gioca ora: un match complicato, perché si svolge senza conoscere il quadro finanziario complessivo dell’UE. La palla, in questo momento, è ancora al Bilancio: la bozza di Lewandowsky attualmente non prevede tagli. Una notizia confortante, ma che non ridimensiona gli obiettivi della sfida dell’agricoltura: difendere il bilancio, salvaguardare le risorse dei singoli paesi e vigilare sulla redistribuzione tra settori e tra regioni”.

In precedenza il presidente di CremonaFiere e guida della Libera Associazione Allevatori di Cremona Antonio Piva aveva aperto i lavori con dichiarazioni dai toni decisi: “Il momento non è quello che ci aspettavamo: credevamo che la nostra qualità e il nostro impegno venissero ripagati. Forniamo garanzie al consumatore e diamo lustro al Paese, ma i nostri portafogli restano vuoti. Il sistema bancario è sordo alle istanze dell’agricoltura e, perciò, abbiamo iniziato ad alzare la voce. Ci aspettiamo, poi, che l’industria smetta di essere semplice controparte per assumere un ruolo propositivo attraverso l’indicizzazione del prezzo del latte e la sua effettiva applicazione. Sul fronte quote latte, infine, guardiamo al futuro, tornando però a chiedere che tutti i soggetti del comparto agricolo agiscano nel solco della legalità”.

Tra gli ospiti più importanti degli Stati Generali, due dei componenti del Gruppo Europeo di Alto Livello sul pacchetto latte ‘anticrisi’, Mario Catania e Stéphane Le Moing. Catania ha spiegato: “La fine delle quote è certa, così come il fatto che lo schema delle misure di mercato resterà immutato. Di nuovo sul tavolo c’è lo sforzo a spingere i Paesi membri a fare un salto di qualità sulla razionalizzazione della filiera che dovrà tradursi nell’aggregazione dell’offerta, nel tavolo interprofessione e nella generalizzazione della contrattualistica in forme di maggior tutela per i produttori”. Tra le battaglie annunciate, la previsione di una “norma di programmazione dei volumi delle DOP” e, soprattutto, il negoziato per scongiurare il rischio che la “redistribuzione delle risorse avvenga solo sulla base delle superfici agricole del singolo Paese”. Le Moing, invece, ha specificato: “Toccherà alle filiere il compito di gestire i volumi a livello collettivo: il primo ostacolo in questo senso è rappresentato dagli squilibri tra le maglie della catena. Da qui discende una necessità di rafforzare la comunicazione tra ‘monte’ e ‘valle’”.
Interessante lo studio presentato da Claudio Federici di ISMEA sulla costruzione di un indice del prezzo del latte e sul monitoraggio dei costi di produzione e trasformazione. Due i dati salienti: il primo è che negli ultimi dieci anni il rapporto tra indice dei prezzi e indice dei costi è calato ben del 13%; il secondo è l’incidenza della fase di lavorazione per il 46% dei costi complessivi di produzione. Gli stessi si rivelano estremamente variabili da azienda ad azienda, il che rivela “livelli profondamente differenti nell’abilità della gestione manageriale”.

Lunga la lista degli interventi. Il presidente della Provincia di Cremona Massimiliano Salini ha richiamato la necessità di “lavorare assieme per migliorare la capacità di reddito dei produttori”; il sindaco Oreste Perri ha sottolineato il bisogno di “un’apertura internazionale veicolata tramite regole precise”; l’assessore della Regione Lombardia Gianni Rossoni ha invocato forme di “garanzia per gli agricoltori che hanno visto nelle quote latte un loro patrimonio”; l’assessore regionale  all’Agricoltura Giulio De Capitani ha esortato a “considerare l’operatività della filiera nel suo complesso, evitando atteggiamento isolazionistici” perché 2il latte ha un ruolo centrale per la ricchezza del Paese”

Le conclusioni sono state affidate al presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni: “Giusto il richiamo a crescere, ma prima di tutto dobbiamo resistere. Quanto avvenuto coi prezzi del latte è sì una ritonificazione del sistema, ma il problema dei costi continua a collocarci fuori dal mercato europeo”. Tra i problemi sollevati anche “la mancanza di coordinamento nei controlli in agricoltura”. Verso il superamento di quelle “difficoltà operative di cui solo l’Italia soffre tra i Paesi sviluppati”, Vecchioni ha una ricetta chiara: “Per generare nuovo valore occorre un taglio delle tasse ed un miglioramento generale delle condizioni, anche per i dipendenti”.

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