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Strategie e conoscenze comuni per i distretti della pietra

L’industria lapidea italiana ha risposto alla crisi economica con un aumento delle esportazioni e consolidando ulteriormente il legame con il territorio nel quale le aziende operano e grazie al quale possono contare su quegli evidenti fattori di competitività che caratterizzano un distretto che non rappresenta però un’entità avulsa ma un segmento importante per l’industria nazionale.
Sono coscienti di queste necessità i più importanti comprensori italiani della pietra che si sono incontrati a CarraraMarmotec per un seminario su “Il valore dei comprensori lapidei italiani per l’economia nazionale” durante il quale hanno illustrato e discusso i problemi comuni con l’obiettivo di definire obiettivi condivisi per sostenere e rafforzare il ruolo del settore e delle imprese.
Ha fornito le cifre che dimostrano l’importanza dei distretti Manuela Gussoni dell’Ufficio studi di Internazionale Marmi e Macchine ricordando che, nel 2013, il lapideo italiano ha contribuito alla ricchezza nazionale generando complessivamente un avanzo commerciale di oltre 1,5 miliardi di euro.
“È stato un risultato eccezionale, considerato il contesto di sostanziale stazionarietà dell’export italiano nel 2013 (-0,1% rispetto al 2012), il momento dell’economia e gli svantaggi competitivi – ha detto Gussoni – ed è merito in larga parte dell’attività degli 11 distretti/comprensori lapidei che costituiscono il settore lapideo nazionale e realizzano complessivamente l’85% del valore dell’export nazionale di grezzo e l’88% dei valori dell’export di lavorati in pietra naturale. Infatti, una delle caratteristiche della struttura produttiva del lapideo è quella di essere caratterizzato da forti localizzazioni territoriali – ha concluso la responsabile dell’ufficio studi di IMM – e non sempre si tratta di distretti secondo la definizione classica del termine ma spesso le imprese di trasformazione sono collocate vicino a quelle di estrazione e sfruttano i vantaggi della vicinanza tra impianti con produzioni complementari, utilizzando infrastrutture comuni e generando un modello efficiente e funzionale replicato in tutto il mondo. Purtroppo – ha concluso Gussoni – i distretti avranno grandi difficoltà, nei prossimi anni, a conoscere le caratteristiche dell’export locale perché non saranno più diffusi da Istat i dati dell’export di settore su base provinciale con la conseguenza che sarà molto difficile individuare politiche senza una solida base di conoscenze statistiche”.
Giampaolo Vitali (Ceris-Cnr e GEI) è intervenuto per presentare i risultati di uno studio originale su “I numeri dell’industria lapidea: comprensori a confronto” illustrando risultati emersi e tendenze di assoluto interesse per il settore soprattutto in relazione alla composizione del fatturato e dell’export, fornendo elementi che hanno fatto da piattaforma per un dibattito al quale hanno preso parte i rappresentanti dei distretti e delle associazioni di categoria e che si protrarrà anche ben oltre Marmotec.
“La crisi economica iniziata nel 2008 ha avuto un impatto differente sui settori industriali del “Made in Italy” e nel comparto della pietra in generale, le imprese sono riuscite a reagire alla crisi contribuendo positivamente, anche nel 2013, alla bilancia commerciale del paese – ha detto Vitali –  generando un saldo di ben 1,5 miliardi di euro a conferma del ruolo giocato dalla domanda estera, che è in crescita e si contrappone al calo della domanda nazionale. Del resto, mentre il fatturato 2012 dell’industria lapidea nel suo complesso è ancora inferiore (-8%) a quello del 2008, si registra invece una brillante performance aziendale per le imprese che riescono a esportare nei mercati dei paesi emergenti. Tutto questo è ancora più evidente nel confronto tra i vari comprensori lapidei, che mostrano alcune differenze in termini di struttura economica e di apertura all’estero. La struttura economica vede prevalere le imprese di piccole dimensioni, ma si nota una certa differenza dimensionale tra le aree più strutturate, come Verona e Carrara, che hanno rispettivamente 3,9 e 3,6 milioni di euro di fatturato medio per azienda mentre è inferiore per le aree più artigianali, come i comprensori della Puglia (1,1 mln) e della Sardegna (1,2 mln). L’apertura sui mercati emergenti sembra determinare parte della redditività d’impresa: i comprensori con redditività superiore alla media nazionale sono, infatti, quelli in cui il peso delle esportazioni verso i paesi emergenti è superiore alla media e all’interno della filiera dell’industria lapidea – ha concluso Vitali – le imprese dell’estrazione della materia prima sembrano avere bilanci più positivi rispetto alle imprese legate principalmente alla lavorazione della pietra”.
Al termine dell’esposizione del professor Vitali si sono susseguiti gli interventi coordinati da Flavio Marabelli, presidente onorario di Confindustria Marmomacchine che ha ricordato come “è necessario mettere a confronto i distretti e i loro rappresentanti per individuare problematiche comuni sulle quali chiedere interventi adeguati da parte delle autorità territoriali come di quelle nazionali presentando problemi ma anche soluzioni concrete”.
Il primo a prendere la parola è stato Mario Bertolini per il distretto del porfido e delle pietre trentine ricordando che i produttori che operano nell’area hanno registrato, nel 2013 un risultato negativo per il fatturato (-7%) con le aziende che si stanno specializzando nel segmento dei lavorati di qualità, processo che sottolinea la necessità di sviluppare il settore dei servizi considerato che i produttori sono in regola con le procedure per la marcatura CE mentre uno dei prossimi obiettivi possibili è quello del conseguimento del marchio di qualità ambientale.
Sono seguiti interventi molto articolati dei rappresentanti dei vari territori da Assindustria Lucca per l’area versiliese al distretto delle pietre di Lombardia, a dell’area Verbano-Cusio-Ossola con l’illustrazione delle situazioni locali, delle attività svolte, delle criticità dei territori ma anche con proposte da approfondire per dare al comparto sicurezze di sviluppo.
Nei distretti italiani si fanno investimenti e innovazione e le aziende sono sempre più attente all’ambiente mentre è sempre più forte la propensione all’export considerato che il mercato interno attraversa, ormai da anni, una fase di assoluta stagnazione.
I problemi più sentiti dalle aziende dei distretti italiani è sicuramente quello dell’applicazione della legislazione sull’attività estrattiva da parte degli enti locali per i quali sarebbe necessario disporre di una moderna legge quadro nazionale che definisca meglio il contenuto delle norme esistenti.
Problematiche, indirizzi, riflessioni e contributi hanno generato un confronto aperto fra i rappresentanti dei distretti mentre Flavio Marabelli ha proposto una sintesi delle proposte senza trarre conclusioni definitive “considerando che alcuni problemi e proposte sono legati alla specificità delle singole aree. È evidente che in un percorso di specializzazione delle aziende e del settore più in generale si deve agire con decisione su uno degli elementi più importanti per la competitività: la qualità del lavoro che in Italia è altissima. La formazione, anche con l’utilizzo delle risorse previste dal contratto nazionale del lapideo e gestite dal Comitato Paritetico nazionale – ha concluso Marabelli – possono essere investite con risultati tangibili nel settore”.

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