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Segreti e poesia del pesto alla genovese

E’ sempre buono ma non è tutto uguale: il pesto genovese può essere più chiaro o più scuro, più forte o dal gusto meno deciso, dipende dalla mano e dalla sapienza con cui si dosano gli ingredienti, pochi, semplici e, naturalmente, gustosissimi.
Ne hanno dato una bella dimostrazione Dante Bertoli e Fidelmo Franceschetti, i due Chef ristoratori liguri, nel corso dei laboratori “dal basilico al pesto” organizzati da ARCI Liguria che, con il Teatro dell’acqua, a CarraraFiere da venerdì 21 novembre a domenica 23, ha proposto il meglio dei prodotti che compongono la filiera “Mare” in una grande area nella quale sono stati presentati i piatti tipici della Liguria, con l’obiettivo di promuovere una cultura antica e radicata di una terra che ha legato il suo sviluppo sostenibile ai prodotti del proprio territorio.
Così, di fronte ad un pubblico di curiosi e di golosi, i due maghi del pesto si sono sfidati dosando pinoli, olio ligure, aglio, formaggio e foglie di basilico rigorosamente spezzettato con le mani. E poi tutto deve essere versato nei mortai di marmo dove, con i pestelli di legno, vengono sminuzzati e amalgamati questi semplici ma preziosi ingredienti naturali.  Dante non ha messo il sale, ha usato poco aglio e ha aggiunto il formaggio solo alla fine dando vita a una crema più scura e più delicata rispetto a quella di Fidelmo, un pò più chiara ma dal gusto più deciso. In entrambi i casi, il sapore era eccezionale e soprattutto richiamava in un istante una terra con i suoi colori e i suoi profumi.
Questo è il condimento che ha reso Genova e la Liguria famose in tutto il mondo, un ingrediente che è ormai diventato un patrimonio di tutti per la sua capacità di rendere gustosa la pasta ma anche per saper essere accompagnamento di pietanze di pesce particolarmente apprezzato, per chi ama la sperimentazione, in abbinamento con stoccafisso e baccalà.

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