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MEATITALY – ANAGRAFE BOVINA PER IL PROCESSO DI TRACCIABILITA’ DELLA CARNE

 

Ogni
animale ha un passaporto che lo accompagna dalla nascita alla macellazione.

A
MeatItaly (Cremona, 22-25 ottobre 2009) anche i veterinari tra i protagonisti
di una filiera che assicura al consumatore una qualità eccellente.

 

Cremona – Sicurezza alimentare
e tracciabilità. L’una non può esistere senza l’altra. E’ il consumatore che lo
chiede, e di conseguenza il mercato lo impone. Le emergenze sanitarie che negli
ultimi anni hanno colpito di volta in volta i vari comparti zootecnici hanno
fatto scuola, e contribuito a sensibilizzare il consumatore che si è fatto più
attento ed esigente.

La
tutela della salute pubblica e del patrimonio zootecnico messa in atto
attraverso un’attività di sorveglianza sanitaria e di monitoraggio
epidemiologico è una delle principali finalità dell’anagrafe bovina, che a sua
volta costituisce la base del processo di tracciabilità ed è regolamentata da una
normativa europea che tutti i paesi membri della Ue hanno applicato con rigore
dalla metà degli anni Novanta.

“Forse
gli Stati che solo negli ultimi tempi sono entrati a far parte dell’Europa a 27
– spiega Giancarlo Belluzzi, vicepresidente dell’Anmvi (Associazione
nazionale medici veterinari italiani) – possono ancora incontrare qualche
difficoltà applicativa, ma si tratta di ostacoli facilmente superabili”.


In cosa consiste l’anagrafe bovina?

“I
dati identificativi di ogni animale, entro 20 giorni dalla sua nascita, devono
essere immessi nella banca dati nazionale che in Italia ha sede a Teramo. Si
tratta di un’operazione che ovviamente spetta all’allevatore, il quale deve
fare immediatamente richiesta delle marche auricolari che vengono autorizzate
dai Servizi veterinari dell’Ausl di competenza territoriale. Applicate le
marche, l’allevatore deve aggiornare lo specifico registro di stalla, che può
essere in formato cartaceo o elettronico, a quel punto l’Ausl rilascerà il
passaporto dell’animale, un documento che lo accompagnerà in tutti i suoi
spostamenti fino alla macellazione”.


A cosa serve il passaporto?

“Premesso
che quando parliamo di dati identificativi ci riferiamo a uno specifico codice
alfanumerico che individua quel preciso animale – continua Belluzzi – nel
passaporto troviamo la foto del bovino, la data e il comune di nascita,
l’azienda di appartenenza, la maternità e la paternità. Non solo, e questo è
forse l’aspetto più significativo, in esso dovranno comparire tutti i passaggi
aziendali a cui l’animale è stato sottoposto fino al momento della
macellazione”.


A quel punto cosa avviene?

“Il
macellatore si occupa del ritiro del passaporto che viene consegnato al
veterinario dell’Ausl il quale, dopo aver verificato la correttezza delle procedure
di macellazione, scarica l’animale dalla banca dati”.


Questo per quanto attiene la vita dell’animale. E rispetto allo stato sanitario
quali sono le procedure?

Insieme al registro relativo ai passaporti di tutti gli
animali presenti, è previsto in azienda anche quello dei trattamenti, dove
l’allevatore deve riportare tutte le terapie sanitarie effettuate su ogni
animale lungo l’intero corso della sua vita”.


Sono previsti controlli per accertare che ogni intervento sia effettuato
correttamente
?

“Certamente
– precisa Belluzzi – ogni anno l’Ausl di competenza territoriale organizza dei
piani di verifica avvalendosi dei cosiddetti ‘audit’, medici veterinari
preposti a questi compiti che effettuano le loro verifiche in allevamento”.


L’ausilio del computer può dare una mano, ma per un allevatore il carico di
lavoro aumenta e qualcuno potrebbe cercare di evitare qualche passaggio…

“Impossibile.
La stragrande maggioranza degli allevatori italiani ha saputo perfettamente
adeguarsi alle normative intuendone l’importanza, ma nel caso  qualcuno preferisse per così dire
‘rischiare’, è facilmente intuibile che  gli sarebbe difficile eludere i controlli perché una volta arrivati al
macello i suoi bovini non verrebbero macellati con le inevitabili, negative
conseguenze del caso”.


Se per la carne bovina italiana ed europea questo processo di tracciabilità
è garantito, qual è la situazione per quella che arriva dall’estero?

Per entrare nel
territorio nazionale – puntualizza il vicepresidente dell’Anmvi – la carne
bovina proveniente dai cosiddetti Paesi terzi deve rispondere a precisi
requisiti sanitari che sono alla base di accordi bilaterali siglati tra gli
Stati di provenienza e quelli della Ue. Questo è un passaggio fondamentale
perché gli accordi prevedono anche un elenco di macelli autorizzati che,
impegnandosi formalmente a sottostare ai controlli istituzionali previsti,
garantiscono la tracciabilità della provenienza di animali da determinati
allevamenti”.

L’Italia continua a importare almeno il 50%
della carne bovina consumata ogni anno. Una percentuale elevata che si potrebbe
ridurre aumentando la quota di produzione nazionale. La certezza di una
tracciabilità sicura, stando a quanto ci ha spiegato, esiste sia per il
prodotto nazionale/europeo che estero. Quale motivo dovrebbe allora indurre il
consumatore italiano ad acquistare più carne bovina nazionale?

“E’ molto semplice – conclude Belluzzi – Una
filiera corta ha meno passaggi, fa percepire al consumatore una visione di come
è stato allevato l’animale più sicura e garantita. Non è un passaggio di poco
conto che, va comunque detto, non toglie nulla alla qualità delle carni bovine
estere”.

Forse l’ulteriore sforzo da fare è ancora una
volta quello di riuscire a comunicare adeguatamente il capillare processo di
tracciabilità proprio al consumatore. Uno sforzo che puntando sulla chiarezza
delle informazioni gli possa permettere di scegliere consapevolmente quale
carne consumare, quale qualità preferire.

A MeatItaly, il Salone dedicato alla filiera della carne bovina,
l’aspetto della corretta comunicazione su tracciabilità e salubrità delle
produzioni sarà uno dei numerosi temi al centro della rassegna fieristica che
intende dare ampio spazio e valorizzazione ad uno dei più importanti settori
dell’agroalimentare.

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