News AEFI

JOB&ORIENTA 2009

Limitato, rispetto agli altri Paesi comunitari, il calo dell’occupazione in Italia, che registra una contrazione dello 0,9% nel secondo trimestre 2009 contro la media europea dell’1,9%. Ma la congiuntura economica negativa colpisce innanzitutto chi entra nel mercato del lavoro per la prima volta. A dirlo è il Rapporto ISFOL 2009, i cui dati sono stati presentati a Roma lo scorso 25 novembre e in questi giorni rilanciati alla Fiera di Verona, a JOB&Orienta, salone nazionale dedicato alla scuola, la formazione e il lavoro.
Il Rapporto dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori fotografa l’evoluzione dei sistemi di istruzione e formazione e del mercato del lavoro italiano nel contesto europeo e internazionale. Oltre a rappresentare un canale fondamentale di diffusione delle conoscenze, costituisce uno strumento di supporto al dibattito istituzionale e politico.

Secondo Isfol, i giovani europei tra i 15 e i 24 anni senza un’occupazione sono oramai 5 milioni. In Italia – dato relativo al secondo trimestre 2009 – la disoccupazione giovanile è del 24%, e il tasso di occupazione, stabile nel biennio 2007-2008, è crollato bruscamente nell’anno in corso. Il secondo trimestre mostra un calo del 3,6% rispetto al periodo corrispondente del 2008. Colpiti maggiormente i giovani lavoratori con forme contrattuali flessibili, che sono le forme caratterizzanti, appunto, dell’ingresso nel mondo del lavoro. Tra il 2007 e il 2008 sono passati nell’inattività il 12,1% dei collaboratori e l’11,7% dei dipendenti a termine, contro il 4% dei dipendenti permanenti. Le maggiori fragilità si riscontrano nel lavoro a collaborazione: le stabilizzazioni hanno riguardato il 13,7% dei collaboratori, contro il 27,7% dei lavoratori a tempo determinato. Estendere gli ammortizzatori sociali anche a questa tipologia di contratti fronteggerebbe tale fragilità.

Spiega Sergio Trevisanato, presidente di Isfol: «Sono dati che portano inevitabilmente ad assumere interventi straordinari a favore dei giovani, e per quanto ci riguarda monitoreremo con molta attenzione tali aspetti. Le iniziative devono essere viste in un confronto tra mercato del lavoro, scuola, istruzione e formazione, con un collegamento reale ai fabbisogni e alle competenze richieste: è la strada obbligata cui ormai non possiamo rinunciare».

E occorre puntare a costruire migliori modelli di orientamento, perché qui sta uno degli strumenti efficaci delle politiche attive per il  lavoro. «In questa fase difficile e nella costruzione di un “oltre la crisi”, il ruolo dell’orientamento è strategico – sollecita Anna Grimaldi, responsabile dell’area Politiche per l’orientamento di ISFOL -, perché chiaramente potenzia e favorisce l’occupabilità delle persone da un lato, dall’altro le rende consapevoli delle scelte e quindi le aiuta in momenti difficili, dove la perdita dell’identità e di certezze potrebbe portare a un malessere. L’orientamento è una politica attiva, contro la crisi e oltre la crisi, perché permette un confronto con le proprie competenze, una spinta a intraprendere un percorso professionale, un progetto professionale e di vita. Una politica passiva, ossia il sostegno economico, seppur necessaria, non è sufficiente».

In ambito di orientamento anche l’impresa può giocare un ruolo significativo: «Innanzitutto verso i giovani, proprio perché gli imprenditori hanno esigenza di parlare direttamente con loro – spiega Claudio Gentili, direttore area Education di Confindustria -. In secondo luogo verso le famiglie, le mamme in particolare che hanno una forte influenza sulla scelta dei figli: a Pesaro e a Reggio Emilia, ad esempio,  l’iniziativa “mamme in fabbrica” fa entrare nelle fabbriche le famiglie degli studenti. Perché uno dei problemi da risolvere per orientare bene i ragazzi è il pregiudizio antiazienda, antindustria, che spesso porta i genitori a spingere i figli verso percorsi liceali, nonostante molti talenti potrebbero utilmente fare percorsi di istruzione tecnica e professionale. In ultimo, l’orientamento degli insegnanti, che significa orientare la cultura tecnica, la cultura d’impresa e far fare anche a loro esperienza di stage: un modo eccellente per aiutare gli insegnanti a trasferire poi ai ragazzi gli elementi base della cultura dell’economia e dell’impresa». 

Da Isfol anche dati significativi rispetto alla formazione dei giovani italiani. In 126 mila ragazzi (5,4%) tra i 14 e i 17 anni non sono inseriti né in un percorso di istruzione né di formazione. Il valore minimo (2,8%) si riscontra nel Nordest mentre il massimo è nelle regioni del Sud (7,7%). È intorno ai 16 anni che si registra il maggior calo del tasso di scolarità, che nella fascia di giovani tra i 14 e i 18 anni tocca comunque il 93%, segnando un’ulteriore crescita. L’irregolarità degli studi si registra soprattutto negli istituti professionali: solo 55 studenti su 100 risultano in regola con il loro percorso formativo; il tasso di regolarità è invece buono nei licei.

L’istruzione e la formazione professionale triennali vedono un riscontro positivo: il numero degli allievi è quintuplicato in sei anni e il 78,4% conclude il percorso formativo. L’offerta di istruzione e formazione tecnica superiore è ancora bassa: 3500 infatti i percorsi programmati in un decennio, una cifra che risulta esigua per le esigenze dell’impresa. Ridotta è anche la formazione in apprendistato, l’apprendimento integrato con il lavoro, che raggiunge la quota minima nelle Isole (1%) e massima nel Nord-Est (intorno al 35%).

Newsletter