News AEFI

CREMONA ITALPIG, SUINICOLTURA: PRODUZIONE DEL SUINO INTERMEDIO POSSIBILE VIA PER USCIRE DALLA CRISI?

Sulla produzione del suino pesante l’industria di macellazione italiana ha iniziato a porsi seri interrogativi, al punto che c’è chi afferma che ormai “la nostra suinicoltura non può più poggiare sul prezzo del prosciutto”.
Ne è convinto Moritz Pignatti della società cooperativa agricola di macellazione Italcarni di Carpi (MO), intervenuto a uno dei numerosi incontri in programma a Italpig (28-31 ottobre), il salone della suinicoltura che si sta svolgendo in contemporanea con la Fiera Internazionale del Bovino da Latte. 
“Sul mercato italiano ci sono troppi prosciutti DOP – ha sottolineato – questo blocca l’aumento del prezzo del suino e fa calare quello del prosciutto. E’ vero che il suino pesante è un animale allevato seguendo standard igienico-sanitari, di benessere e di tracciabilità di filiera ai massimi livelli, eppure, nonostante questa indiscussa superiorità rispetto alle produzioni estere, i prezzi della carne suina italiana sono sempre più allineati a quelli stranieri, in alcuni casi sono addirittura inferiori”.
Davanti a un mercato che non premia la produzione suinicola italiana e a un mondo produttivo che sconta ormai da anni una crisi di sistema molto grave, la soluzione, secondo Pignatti, potrebbe essere rappresentata dalla produzione di un suino intermedio, macellato ad un peso di circa 135 kg. “Oggi uno dei parametri più importanti per stabilire il concetto della qualità è la uniformità del prodotto – ha spiegato il dirigente di Italcarni – e purtroppo il suino pesante non la garantisce anche a causa di un mercato troppo frammentato e di una notevole concorrenza che causa una crescente conflittualità sui prezzi. Se pensiamo che nella produzione del suino pesante solo il 20% della carcassa è destinata al fresco e al porzionato (il 20% va al prosciutto, il 60% alla trasformazione) è facile intuire quanto la produzione di un suino intermedio destinato alla vendita di carne possa rappresentare una valida opportunità anche perché, proprio grazie agli standard di allevamento italiano, possiamo garantire un prodotto migliore di quello estero: alcune nostre indagini di mercato hanno evidenziato che il consumatore italiano, per l’acquisto di carne suina nazionale, sarebbe disposto anche a spendere dal 4 al 6% in più rispetto a quanto attualmente paga quando acquista la stessa tipologia di prodotto straniera”.
Ma per Pignatti non sono solo questi i fattori che dovrebbero suggerire di attuare concretamente una diversificazione produttiva di cui si parla da tempo ma che finora ha dimostrato molte difficoltà a decollare. “Nel 2009 – ha spiegato – i suini destinati al circuito DOP sono calati dello 4,5%, le salature del Prosciutto di Parma hanno registrato un -5,9%, quelle del San Daniele addirittura dell’8,5%. Non solo. Nel 2004 questo stesso salume costava 4 euro/hg, oggi 3,67 e nonostante la produzione di suini sia un po’ calata al pari delle stagionature. Questi numeri confermano allora un dato fin troppo evidente: la regola domanda/offerta è scardinata perché non c’è più relazione positiva tra disponibilità di suini per il circuito tutelato e richiesta di cosce”.
L’analisi dei numeri devono però scaturire in azioni concrete. E per Moritz Pignatti la conquista del mercato da parte del suino intermedio può avvenire attraverso una strategia che preveda interventi coordinati per rafforzare il concetto di filiera che abbia un obiettivo comune per tutti: fare molta carne, farla bene e a prezzi competitivi. “La valorizzazione del suino intermedio – ha concluso – a mio avviso passa anche attraverso lo svincolo  delle quotazioni dai bollettini camerali. In pratica, si potrebbe ipotizzare un blocco del costo di produzione, più un premio per l’allevatore bloccandolo per un periodo di tempo necessario e utile a elaborare efficaci politiche commerciali”.

Newsletter