
Bruno Monsaingeon sarà a Mondomusica per presentare in anteprima l’edizione italiana della biografia di Sviatoslav Richter
A 17 anni dalla pubblicazione, è stato finalmente edito anche in Italia “Scritti e conversazioni” (Il Saggiatore, collana La cultura), biografia del grande pianista russo Sviatoslav Richter scritta da Bruno Monsaingeon, violinista e documentarista musicale francese tra i più importanti al mondo. Il volume verrà presentato dallo stesso Monsaingeon domenica 27 settembre a Cremona nell’ambito di Mondomusica e Piano Experience.
La stesura del libro – che ha visto la luce nel 1998, pochi mesi dopo la morte del musicista sovietico – è proceduta di pari passo con le riprese del biopic Richter l’Insoumis.
“La chiamata di Richter è arrivata del tutto inaspettata – spiega Monsaingeon: lui, personaggio schivo e chiuso, scelse proprio me per raccontarsi per la prima ed unica volta nella vita”. Quella che Monsaigeon restituisce al pubblico – tanto ai lettori del libro quanto agli spettatori del documentario – è l’immagine di un “genio a sangue freddo”, un artista “incredibilmente sensibile, ma anche facilmente vulnerabile”.
Lascia sbigottiti la scena conclusiva del filmato biografico, in cui il pianista, senza far trasparire alcuna emozione, dichiara laconicamente: “Io non mi piaccio”. Quasi un epitaffio in cui traspare la “assoluta reffrattarietà” di Richter alle facili emozioni: “Non gli importava nulla di alcun tipo di comfort e non nutriva nessuna ambizione artistica – spiega Monsaingeon . Fu nominato ‘artista del popolo’, massima onorificenza attribuita dal Governo dell’Urss, ma anche questo riconoscimento lo lasciò totalmente indifferente”.
Monsaingeon descrive così il complesso rapporto di complicità allacciato con Richter nel lunghissimo periodo trascorso fianco a fianco: “Nell’arco delle nostre interminabili conversazioni, così come durante riprese, Sviatoslav si è dimostrato quasi sempre del tutto passivo: perfettamente innocente e massimamente spontaneo. Era un uomo onesto a tutti i costi: nel libro non è raro trovare riferimenti davvero poco benevoli nei confronti di illustri colleghi. Perché l’integrità del suo pensiero era tutto ciò che contava”. Fra aneddoti schietti e testimonianze di spaesante crudezza, la figura di Richter emerge in tutta la sua immensa statura artistica.
L’ospitata di Monsaingeon sarà anche l’occasione per allargare il respiro della discussione al rapporto fra musica e cinema. Il maestro francese – che ha dedicato documentari a giganti dello strumentismo come Glenn Gould, Yehudi Menuhin e Dietrich Fischer-Dieskau – racconta che “filmare la musica non è affatto un ossimoro: suono e immagine, infatti, si muovono assieme, sulle onde del ritmo e dell’armonia”. Ma inquadrare un’esecuzione musicale non può essere un gesto improvvisato: “Io credo che si debba conoscere benissimo sia un’opera che i suoi interpreti per produrre delle riprese di qualità: occorre una compartecipazione totale per ottenere un risultato credibile agli occhi dell’osservatore. A proposito, mi è capitato di assistere al cinema alla proiezione di un concerto diretto da Claudio Abbado, poco prima della sua morte: un’operazione dagli esiti tecnicamente ignobili”.