
BIOENERGIE E BIOECONOMIA NEL FUTURO DELL’AGRICOLTURA
Un’intensa giornata di incontri tecnici e scientifici dedicata alla bioenergia ed alla bioeconomia si è tenuta alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura e della Zootecnia di Foggia, con l’obiettivo di illustrare le esperienze pionieristiche del settore e promuoverne la crescita in un contesto regionale particolarmente vocato e promettente.
L’iniziativa è frutto della collaborazione tra Università di Foggia, Federunacoma, Itabia e Chimica Verde Bionet.
L’evento di avvio, nel corso della mattinata, è stato dedicato al progetto europeo “uP_running” che vede la partecipazione dell’Università di Foggia e del Distretto Agroalimentare Regionale della Puglia.
Dopo tre anni di attività si è quindi concluso un progetto che ha promosso la valorizzazione energetica dei residui di potatura delle colture arboree da frutto attraverso la nascita di nuove filiere produttive. Le potature costituiscono, in una regione come la Puglia particolarmente ricca in oliveti e vigneti, una risorsa di rilevanza strategica. Dispiace verificare, si è detto al convegno, come ancora in larga parte tale potenziale risorsa sia invece sprecata attraverso la bruciatura eseguita direttamente in campo, procedura per giunta pericolosa e causa d’inquinamento dell’aria.
Le procedure meccaniche di raccolta, trinciatura od imballatura dei residui, associate ad un’efficiente logistica di mobilitazione, invece, consentirebbero un idoneo stoccaggio ed un ottimale approvvigionamento agli impianti energetici, per generare calore o elettricità (e perfino frigorie).
Questa strategia persegue l’obiettivo di una maggiore autonomia energetica a servizio delle aziende agricole e si manifesta particolarmente proficua per le cooperative ed i consorzi, allorché occorra alleggerire in modo rilevante il costo energetico connesso all’esercizio di un frantoio o di una cantina vinicola. In alternativa, società energetiche dedicate alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile immessa in rete possono trovare nell’approvvigionamento di potature un ottimo canale di fornitura. Il progetto “uP_running” ha promosso l’avvio di numerose esperienze pioniere, fra le quali quella della società Agritoppi, che produce agripellet di olivo. Altra importante esperienze imprenditoriali sono state riferite dalla Agritre, che tiene in esercizio un impianto di conversione elettrica di biomasse da 25 MW, oggi alimentato per un 20% anche con residui di potatura, oltre che paglie cerealicole.
L’intento è di aumentare progressivamente il contributo di questa tipologia di residuo fino ad un 35%. Inoltre è stata presentata l’esperienza di Tersan Puglia, società che produce compost ammendante per terreni agricoli, a partire dalla raccolta differenziata dell’umido (Forsu). L’impiego delle potature può, in questo caso, assumere una triplice valenza: materiale strutturante nella produzione del compost, biocombustibile destinato alla generazione di calore per l’essiccamento del compost prodotto, realizzazione dei biofiltri utili per abbattere il carico odorigeno dei flussi d’aria forzata generati all’interno dell’impianto.
Gli interventi successivi hanno riguardato l’ottimizzazione del cantiere di raccolta e delle sue macchine nonché le caratteristiche merceologiche del trinciato di legno (Star*Facility Centre dell’Università di Foggia) e le procedure di certificazione di qualità e di tracciabilità delle biomasse legnose mediterranee (Aiel).
Altre due tematiche nevralgiche sono state in ultimo affrontate nel corso della mattinata. Da un lato la necessità di dare avvio a processi partecipativi di accettabilità sociale nella fase di pianificazione di nuovi impianti energetici, come condizione propedeutica che consenta di evidenziare il complesso delle positive ricadute socio-economiche a vantaggio del territorio che un impianto a biomasse può generare (università di foggia). Dall’altro, il quadro normativo generale ed il contesto politico degli obiettivi assunti a scala comunitaria in termini di penetrazione delle fonti energetiche rinnovabili e gli impegni di decarbonizzazione e risparmio nell’emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra (Itabia).
I nuovi orizzonti dell’economia circolare e le sfide che tale modello oggi presenta per l’intero sistema produttivo e di consumo è stato l’oggetto dell’incontro svoltosi nel pomeriggio (per iniziativa promossa dall’associazione studentesca “Area Nuova”).
Particolare rilevanza è stata assegnata al tema della valorizzazione dei sottoprodotti del settore agro-alimentare riportando una serie di casi reali ed esperienze concrete in merito a filiere produttive di assoluta innovazione a partire da prodotti e sottoprodotti agrari. Gli obiettivi, gli strumenti, così come alcune criticità della bioeconomia, in stretto connubio con i principi dell’economia circolare, sono stati oggetto di un approfondito commento (Chimica Verde Bionet,) a cui ha fatto seguito l’esposizione di esperienze sull’impiego di alcuni sottoprodotti agricoli in Capitanata, quali la filiera dell’allevamento avicolo e la trasformazione del pomodoro (Associazione Adriatica Agroenergie).
Un’ampia gamma di tecnologie di trasformazione dei sottoprodotti può consentire l’utilizzo alimentare di tali composti così come può contribuire a ridurre significativamente lo spreco alimentare e l’incidenza delle perdite (Università di Foggia).
Sono state presentate alcune importanti esperienze aziendali, alcune già affermate, altre in procinto di avvio, tutte di grande calibro innovativo. Si cita la creativa esperienza dei “mosaici” realizzati digitalmente ed installati sulle facciate di palazzi urbani come se fossero dei “graffiti” realizzati a partire da tessere costituite da biomateriali (Greenswitch). La produzione di inulina è un ulteriore esempio di economia circolare. Essa è estratta dai residui della coltivazione di carciofo, una delle più tradizionali orticole delle Capitanata, ed è un prezioso integratore alimentare, utilizzato in ambito nutrizionale come prebiotico (Cooperativa San Chirico)
Il concetto di “bioraffineria” sta ad indicare una piattaforma tecnologica in cui una pluralità di processi hanno luogo a carico delle diverse frazioni in cui si ripartisce la composizione di un prodotto. Un esempio concreto è quello della produzione di microalghe all’interno di fotobioreattori (Star*Facility Centre, Università di Foggia).
Dalle microalghe è possibile ottenere una frazione lipidica, che a sua volta può consentire l’ottenimento di beta-carotene e fitosteroli, entrambi prodotti nutraceutici di elevato valore aggiunto, ed una frazione residua (prevalentemente proteica) utile nella mangimistica o nella produzione di biooli e biochar.
Ormai ampia è la consapevolezza della necessità di sostituire le plastiche di origine fossile con quelle biodegradabili e compostabili; a questo riguardo, le alternative rappresentate dall’impiego di biopolimeri sono una realtà che va affermandosi progressivamente e che trova crescente consenso (GreeEvolution). In ultimo, l’esperienza di una società che opera a Casarano (LE) ha chiuso la serie d’interventi focalizzando l’interesse sulla produzione di biolubrificanti ottenuti a partire da filiera olearia (Foundrychem).
Una fantasmagorica tavolozza di possibilità in grado di attivare un nuovo settore produttivo, quello dell’agro-industria in Capitanata, che lungi dal confliggere nei riguardi del già largamente affermato settore agro-alimentare, ne rappresenterebbe una virtuosa articolazione, nel quadro della simbiosi industriale e sotto l’insegna della sostenibilità ambientale ed economica, per conseguire una maggiore efficienza produttiva, capace di traguardare il compimento di una economia “zero waste”.