News AEFI

ARTEGENOVA 2010

Dal 26 febbraio al 1 marzo Genova ospita la VI edizione della Mostra Mercato dedicata all’Arte Moderna e Contemporanea. Con questo importante evento ormai consolidato, la città ha dimostrato di essere in grado di mantenere nel tempo il ruolo conquistato nel 2004 quando venne proclamata Capitale Europea della Cultura, completando degnamente un calendario che si ripete ogni anno ricco di grandi mostre d’arte figurativa, di spettacoli teatrali e musicali, di importanti convegni scientifici internazionali e del celeberrimo Festival della Scienza. Tutto nella cornice suggestiva di una città sospesa tra i monti e spinta ad occupare lo spazio del mare, crocevia di merci e di incontri da 2600 anni, scenario dinamico di fermenti sociali e culturali in una cornice di splendidi palazzi pubblici e nobiliari che si affacciano sul Porto Antico. Il visitatore in cerca dei suoi tesori nascosti potrà partire dal centro storico, proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2006, per arrivare al porto antico dove i palazzi della Ripa Maris si fondono armonicamente con le architetture di Renzo Piano. Coronerà poi degnamente l’itinerario artistico con una visita all’Arte Genova, ospitata nelle strutture della Fiera, arricchite del nuovo padiglione B, collocato in posizione strategica all’ingresso del porto e mirabile equilibrio di funzionalità ed estetica.
 
            Più di 90 importanti gallerie saranno ospitate nel complesso fieristico assicurando la visione di opere di alto livello dei movimenti artistici del secolo scorso e contemporanei, dando ampio spazio agli artisti emergenti e alle manifestazioni innovative come l’arte digitale e la videoarte. Nell’ambito del panorama artistico nazionale ed internazionale Arte Genova conferma la sua costante attenzione per la promozione dell’arte italiana dall’inizio del Novecento, Futurismo, Astrattismo, Metafisica, Surrealismo, agli anni ’50, Informale ed Espressionismo astratto, fino ai movimenti più recenti dell’arte contemporanea. Un’occasione unica per conoscere le opere  di maestri storici come  Balla, Carrà,  De Chirico, De Pisis, Sironi, Severini, Morandi, Schifano accanto ai più noti protagonisti della Storia dell’Arte Moderna come Picasso, Utrillo, Chagall, Dalì, Hartung, Warhol ma anche opere contemporanee come quelle della Transavanguardia Italiana, dell’arte concettuale di Agnetti, Castellani, Bonalumi, dell’Informale di Burri, Capogrossi e  Vedova, dello Spazialismo di Lucio Fontana fino all’arte povera di Boetti, Calzolari, Pistoletto.
 
Arte Genova 2010 si rivela quindi un evento importante sia per l’aggiornamento sulle ultime tendenze dell’Arte sia per una loro valutazione economica. In un momento di crisi come questo l’investimento in opere d’arte di qualità, viste le quotazioni a cui sono arrivate non solo le opere degli artisti storici ma anche quelle di artisti contemporanei emergenti, alcuni dei quali alla ribalta  da meno di un decennio, può rivelarsi molto redditizio anche in un futuro prossimo.
Un appuntamento irrinunciabile per appassionati, collezionisti ed operatori nazionali ed internazionali, a partire dal vernissage di presentazione del 25 febbraio.
 
Satura è presente presso lo stand numero 5 del Padiglione B con opere di artisti ben noti nel panorama nazionale ed internazionale come: Aurelio Caminati, Riri Negri, Peter Nussbaum, Martino Oberto, Mara Pepe, Raimondo Sirotti, Nevio Zanardi.
 
Inoltre Satura vuol gettare un ponte simbolico tra artisti storici, artisti consolidati e artisti giovani da poco alla ribalta. Espongono quindi artisti attivi sul territorio nazionale selezionati da Satura con mostre personali come: Tommaso Arscone, Mario Bardelli, Roberta Buttini, Milly Coda, Elena Crosio, Elisabeth Cyran, Barbara Danovaro, Josine Dupont, Lidia Kaly, Riccardo Laggetta, Grazia Lavia, Rodolfo Lepre, Sylvia Loew, Mario Napoli, Filippo Nicotra, Gabriella Nutarelli, Lucia Pasini, Paola Pastura, Roberto Perotti, Sergio Poggi, Marco Ponte, Gabriella Soldatini, Alessandro Tambresoni, Giuseppe Tipaldo, Maria Vittoria Vallaro.
 
In occasione di Arte Fiera viene promossa la campagna di adesioni 2010 all’Associazione Culturale mediante una grande esposizione: Satura Collection “Artisti per Satura – Satura per l’Arte”. 100 artisti omaggiano  la struttura con opere del formato 24×24 collocate dentro teche in plexiglas di cm. 40×40. Per il periodo dell’Arte Fiera ai nuovi soci sostenitori per l’anno 2010 verrà donata un’opera a scelta della collezione. La campagna di adesione permetterà di sostenere le iniziative promosse dall’Associazione a favore dell’arte e della cultura. Satura non vuole soltanto mettere in mostra l’arte come specchio della società contemporanea, ma vuol contribuire al dibattito culturale in corso, che non deve essere appiattito sull’evoluzione del mercato.
 
Questi gli artisti presentati: Altovino Pietro, Ancarani Paolo, Arscone Tommaso, Avanzini Adriano, Bardelli Mario, Bastia Liliana, Bettarini Anna, Biancatelli Fulvio, Bisio Raffaella, Biso Angelo Pio, Boldrin Erminia, Bonifacio Pier Giulio, Bruzzone Paolo, Bucciarelli&Miglio, Buratti Gabriele, Buttini Roberta, Cafiero Virginia, Calzolari Sara, Caminati Aurelio, Carpineti Luigi, Carrozzini Gianfranco, Caviglia Josephine, Coda Milly, Crepaldi Giuliano, Cyran Elisabeth, Dagnino Isnaldi Marina, Dametti Riccardo, Danovaro Barbara, Degli Abbati Gigi, Di Giusto Walter, Di Sanza Angela, Dupont Josine, Feligini  Saverio, Fiandaca Salvatore, Fiorito Germano, Galleri Alfredo, Galleri Francesca, Gemignani Menozzi Graziella, Gentile Gianluigi, Giovagnoli Luisa, Kaly Lidia, Kitatani Toshiko, Laggetta Riccardo, Lavia Grazia, Lepre Rodolfo, Levi Giorgio, Lombardino Sergio, Manzini Fiorella, Mascardi Laura, Mesciulam Plinio, Morandi Maurizio, Napoli Mario, Negri Riri, Nicotra Filippo, Nucera Tiziana, Nussbaum Peter, Nutarelli Gabriella, Oberto Martino, Paoletti Sofia, Pasini Lucia, Pastura Paola, Pepe Mario, Perotti Roberto, Pignatti Pietro, Pitscheider Laura, Poggi Sergio, Ponte Marco, Ramenghi Anna, Rosato Guido, Rossi Enrico Paolo, Scotti Katia, Silvestrini Giuliana, Sirotti Raimondo, Soldatini Gabriella, Sommariva Stefano, Soncini Giovanni, Sonda Elisabetta, Tagliafierro Maria, Tambresoni Alessandro, Tipaldo Giuseppe, Totolo Lorena, Trabucco Fabrizio, Traverso Lacchini Elisa, Vallaro Maria Vittoria, Vitone Rodolfo, Zanardi Nevio.
 
Parliamo ora dei protagonisti dello stand di Satura: Aurelio Caminati è a tutti ben noto per il suo felice eclettismo: nella sua lunga carriera ha sperimentato tutte le tendenze che lo hanno interessato. Negli anni ’50 Caminati rivisita l’arte del Quattrocento facendo rivivere la tecnica corposa dell’encausto, un impasto di gesso e cera fusa; gli anni 60 lo vedono impegnato a collegare, sempre con la mediazione della pittura, reperti reali e collages o cimentarsi con la ceramica creando ironiche sculture Pop; negli anni 70 è l’iperrealismo a suggerirgli le particolari tecniche di sottrazione del colore che gli consentono di realizzare suggestivi ritratti ”fotografici”. Da una decina d’anni la pittura di Caminati è diventata più libera e apparentemente più leggera: i suoi dipinti si popolano di volti di donna e di cavalieri, di angeli e di figure mitologiche che fluttuano dentro spazi chagalliani dove si raggrumano improvvise macchie di colore e di ori luccicanti. Non sembrano più quadri ma lembi di tessuti preziosi venuti dai paesi lontani del sogno e dei ricordi di un’intera vita dedicata alla pittura.
          
 
Riri Negri, con le sue opere cosmologiche che lei stessa chiama “universi della mente” dove sfere-mondi appena illuminati di misterioso fascino sono inghiottiti dall’immenso vuoto nero. Nelle sue opere “tecnologiche”, più recenti, CD spruzzati di nero, che sembrano depositi circolari di materia oscura, e floppy disk, che portano in copertina spezzoni di galassie come memorie da custodire, c’è l’invito a vedere la bellezza anche dove non si immaginerebbe mai di trovarla.
            Anche la musica è una sua grande ispiratrice. Il mondo del pentagramma la induce a ricrearne il mistero con una simbologia inventata, ricca di segni esoterici, trascritti sulle cinque righe o sul foglio libero, che ama definire “un alfabeto della mente”. Gli strumenti musicali le ispirano opere di grande leggerezza e poeticità come quei nastri fluttuanti che terminano con boccagli di clarino o quegli spicchi sferici, a ricordare “la rotondità della musica”, al centro dei quali ha teso corde verticali come un frammento d’arpa.
 
Peter Nussbaum ha studiato matematica e si è lasciato affascinare dalle teorie cosmologiche trasferendo nel fare artistico i concetti di energia provenienti dalla Fisica ma anche dalle discipline biologiche. La geometria ed il simbolismo dei numeri hanno anche
una parte importante, come dimostrano le sue esperienze figurative sul concetto di “cubo”, forma primaria perfetta che usa in molte sue opere, costruendo forme derivate che invadono tutto lo spazio del quadro. In alcuni suoi lavori recenti denominati “icone”, Nussbaum interviene con segni e colori sulle lastre metalliche usate negli hard disk dei computer, assumendo l’informatica a simbolo, per questo icona, della vita contemporanea.     
          
Per Martino Oberto il discorso si fa più difficile data l’intrinseca complessità del suo percorso. Nel ’45 si affaccia sulla scena genovese con i primi saggi filosofico-letterari ma si interessa contemporaneamente alle avanguardie artistiche inserendosi, negli anni ’50, nel gruppo genovese del MAC insieme a Mesciulam e poi nel gruppo degli Spazialisti. Astrattista quindi, ma con intenti ed idee che si distaccano decisamente dai due gruppi citati. E’ intorno alla rivista “Ana etcetera”, da lui stesso fondata nel 1958 con Stocchi e Anna Oberto, che vengono messe a fuoco le basi teoriche della Poesia Visiva, che si afferma con successo durante gli anni ’60, sino ad arrivare al definitivo riconoscimento negli anni ’70 con mostre interamente dedicate, presso il Finch College di New York e la Galleria d’Arte Moderna di Torino.
 
Le opere di Mara Pepe sono strutture realizzate in plexiglas, minimaliste nella loro geometria rigorosa, totemiche per la loro capacità di organizzare un proprio spazio e nello stesso tempo di riflettere quello dell’ambiente. Ad un più attento esame  si scopre che alla razionalità dell’esterno si contrappone la materia informe dell’interno ed il significato dell’operazione si sposta sulle dicotomie dentro-fuori, forma-sostanza, apparire-essere. Le sculture sono quindi metafora dell’uomo e del suo riflettere sul mondo.       
 
Raimondo Sirotti, presidente dell’Accademia Ligustica di Genova, è ben conosciuto come pittore informale date le sue fondamentali esperienze fatte a Milano alla fine degli anni ’50. Nei suoi dipinti le tecniche informali lasciano trasparire da un lato l’esperienza fatta in Inghilterra a contatto con la luminosità e la trasparenza dei paesaggi di Constable e Turner, dall’altro la profonda influenza del paesaggio ligure, le sue luci, colori e atmosfere, attingendo alla grande tradizione dei pittori liguri. In questi ultimi anni scopre il vetro e la ceramica, realizzando una vetrata per gli uffici della Banchero&Costa e una grande ceramica per il Centro Civico di Prà-Palmaro in collaborazione con Aurelio Caminati.        
 
 
Nevio Zanardi ha interessi nel campo musicale che veicola nella pittura mediante una gestualità informale che riempie la tela di segni e di colori dalle limitate tonalità. I suoi dipinti sembrano provenire da visioni interne suscitate dalla conoscenza formale della musica, o meglio dalla sua esecuzione, ed ispirate di volta in volta a grandi compositori come Mahler e Hindemith, come suggeriscono i titoli delle opere.
 
Tommaso Arscone, giovane promettente, scoperto prima da Satura e successivamente dallo scultore americano Karl Stirner in occasione della mostra ”Genoa meets Easton” tenuta nella galleria di Satura nel giugno del 2008. Come conseguenza di questo incontro è stato invitato a tenere una personale a New York, dove ha riscosso un meritato successo. I suoi dipinti, di grandi dimensioni, sono certamente collegate a correnti di arte Pop che ancora sono attive non solo negli Stati Uniti ma in tutta Europa, con contributi molto personali di impostazione del disegno, taglio dell’immagine e tecnica di deposizione del colore che si concretizzano in uno stile e segno riconoscibilissimi.
 
Mario Bardelli opera sulle immagini filtrate e sedimentate durante l’esistenza nel “disordinato magazzino” – come lui stesso ammette – della sua mente. Le sue opere attingono ad una serie eterogenea di “appunti di viaggio”, dove frammenti di realtà: una parete cieca di periferia, una sedia abbandonata al sole, un albero impietrito, incrociano la dimensione temporale di volti drammatizzati provenienti da foto degli anni ‘20. L’artista attinge anche all’iconografia colta della pittura del passato, scegliendo periodi a lui più congeniali come il Manierismo. Nell’ultimo decennio affina notevolmente le sue capacità di portare alla coscienza dello spettatore la bellezza nascosta della quotidianità mediante elaborazioni di segno e di colore compatte e semplificate, che si traducono in immagini – paesaggi e ritratti – più scarne ed essenziali.
 
Le opere di Roberta Buttini attingono all’antropologia culturale assemblando i diversi materiali che percorrono la storia dell’uomo dai reperti neolitici agli scarti della società industriale. Ne risultano interessanti lavori, dove i contenuti concettuali di rottura del legame segno-significato si uniscono agli scorci di ampio respiro che si aprono sugli abissi temporali dell’evoluzione umana. 
 
 
Elena Crosio, è arrivata alla scultura attraverso le esperienze artistiche più disparate spaziando dalla letteratura al teatro. Ha pubblicato libri di narrativa per ragazzi, testi scolastici, commedie. Ha curato la regia di drammi e commedie per la compagnia teatrale Il Grillo. Ha coltivato la passione per le arti figurative con disegni di paesaggi e ritratti. Attualmente lavora a sculture in argilla di grande plasticità e movimento, che sono testimonianza dei momenti di volta in volta felici, drammatici, dolenti della vita quotidiana dello sterminato universo femminile.
 
I paesaggi azzurri di Milly Coda, pittrice e poetessa, popolati di figure simboliche che si amalgamano con gli spazi della natura, al limite della percezione cosciente, creano atmosfere, evocano stati d’animo. Vico Faggi ha colto l’essenza della pittura di Milly Coda: ”Lo strumento principe è il pastello ad olio su carta e l’attitudine risiede nella fantasia che si indirizza ad un mondo governato da leggi sue proprie, dove le forme sono più suggerite che delineate, dove lo sfumato surroga le piene campiture dove corpi e oggetti, disincarnandosi, assumono valenze simboliche… Pittura simbolista, dunque, che evoca figure di bellezza inserendole in un continuum che ad esse è congeniale, … per atmosfere e trasparenze, per aure e barbagli, in un discorso pittorico che si giova di suggestioni sottili e si nutre dell’aspirazione ad un mondo musicale”.
 
Elisabeth Cyran, ritrattista di personaggi celebri, riesce a collocare il personaggio nell’ambientazione che gli compete ricreando anche l’atmosfera psicologica in cui si muove e si presenta al pubblico. Si libera dai lacci inevitabili della committenza nei “Ritratti Femminili di Fantasia”, dove giovani fanciulle sono immerse in paesaggi idilliaci, e nei ritratti “Immaginazione e Realtà” dove i personaggi vengono collocati in contesti immaginari. 
          
Barbara Danovaro è interessata al paesaggio odierno, invaso dai mostri-fabbrica della società industriale, ma non tanto per testimoniare l’archeologia industriale quanto per sottolineare la drammaticità del suo inserimento con la violenza che è stata fatta sulla natura e sull’uomo. Le sue tele, quasi sempre di grandi dimensioni, lasciano trasparire con chiarezza il senso di alienazione dei luoghi dove la natura è stata allontanata e dove anche l’operosità umana è scomparsa. L’uso del colore è decisamente espressionista e come tale trasportatore di significati emotivi. Nelle opere dai colori freddi, il messaggio è sempre legato alla drammaticità dell’evento. Anche i cieli non sembrano affatto indifferenti al disastro, ma incombono minacciosi come a voler completare l’opera di disumanizzazione, colorandosi delle stesse tinte fosche che esalano dalla fabbrica.                  
 
Josine Dupont tratta il paesaggio e la figura umana come strutture materiche da costruire mediante stesure gestuali del colore, che dissolvono i contorni degli oggetti e dei volti creando un’efficace comunicazione tra l’espressione visiva e quella emozionale.
 
Sulle sculture di Lidia Kaly, ha scritto Paolo Minetti : “…Appare chiaro, osservando le sculture di Lidia Kaly, che l’artista usa liberamente, senza più inibizioni, tutti i materiali che il suo occhio organizzato e la sua emotività controllata ritrova lungo il suo percorso esistenziale, inventando tecniche e nuove formalità del processo esecutivo. (….) Nel lavoro di Lidia Kaly c’è il tentativo di realizzare un passaggio, un superamento di civiltà mediante la trasmutazione della materia manipolata con un intervento, suo malgrado, di ordine concettuale”.
          
Riccardo Laggetta parte dalle sue geometrie urbane delocalizzanti e desolate che rivelano un’origine ed un taglio fotografici, per arrivare ai cartoni incisi dove realizza architetture pittoriche che sono veri e propri progetti spaziali.
 
Grazia Lavia, attraverso installazioni ricche di fotografie, vestiti, pagine di libri, rievoca le vite di personaggi femminili del Novecento, come la celebre scrittrice inglese Virginia Woolf. “Dall’inizio della sua ricerca artistica – scrive Viola Lilith Russi – Grazia Lavia sembra attrarre a sé, come delicato pifferaio magico, uno stuolo di anime letterate e letterarie. (….) I vestiti immaginari dell’artista dondolano sui riflessi dei versi di Emily Dickinson, Marguerite Duras e della stessa Woolf, reinventando paesaggi visivi che non emergono dalle storie raccontate dalle scrittrici, bensì da quel misterioso filo emotivo che stringe vite lontane, quelle di donne di cui si conoscono solo le parole, e a cui Lavia ridona una soffusa, intensa fisicità”.
 
Rodolfo Lepre, friulano, architetto, si ritrova presto a considerare il problema di un rinnovamento formale e sostanziale che passa attraverso il riazzeramento del segno e della semplificazione gestuale. Passa quindi dal figurativo all’astratto sperimentando materiali quali gessi, colle, sabbie, acrilici, ossidi, che gli danno la possibilità di liberare sulla tela energie impreviste.        
 
Sylvia Loew, brasiliana, cosmopolita prima di fermarsi a Genova, apprende tecniche di disegno a Monaco di Baviera, frequenta corsi di Arte a San Paolo del Brasile, frequenta lo studio del ceramista “Mestre Lelè”, maestro nell’arte del tornio e si dedica alla tecnica giapponese ”Raku”. A Genova apprende la lavorazione del marmo dal grande scultore Lorenzo Garaventa. Le sue sculture, esposte varie volte a Satura, sono fortemente innovative rispetto alla scultura tradizionale, rompendo gli schemi del modellato classico ed imprimendo intensa drammaticità ai soggetti. Nelle opere astratte, l’uso del marmo nero in dicotomia con quello bianco, crea effetti plastici aggiuntivi.
 
Mario Napoli scompone e ricompone i suoi “collage” attingendo alla valanga di immagini che i media riversano su di noi, con l’effetto di aumentare la nostra sudditanza e di diminuire la nostra capacità di comprensione degli avvenimenti. Napoli compie un primo azzeramento dell’informazione decontestualizzandola, per poi rielaborarla e rendere intelleggibili i suoi collegamenti con i fatti reali. L’apparente eterogeneità dei materiali visivi viene unificata dall’intervento pittorico e l’evento citato perde la sua quotidianità mediante l’inserimento di frammenti che provengono dalla storia dell’arte.  Napoli denuncia apertamente lo strapotere dei media che creano assuefazione ed indifferenza, ed invita a vigilare sulle mistificazioni nascoste nella apparente complessità della società contemporanea.                                 
 
Filippo Nicotra riprende la pittura della figura come una pratica antica che oggi sembra avere valore solo in un’ottica post-moderna, quasi un mero esercizio di stile dominato da una sostanziale indifferenza per il soggetto. Come ci racconta l’artista: ”… per dirla con Barthes, c’è una grana del discorso pittorico, un brusio sedimentato nei secoli che stimola la nostra percezione visiva e da questa opacità diffusa emergono come isole di reminiscenza le forme-colore giottesche deflagrate nella spiccata sensibilità cromatica dei veneziani, la tessitura nervosa dei primi manieristi, le concrezioni materiche del barocco”.
 
Gabriella Nutarelli utilizza il colore senza i vincoli descrittivi del disegno. Ne risultano dipinti di paesaggi, oggetti, fiori dove le forme delimitate esclusivamente dai flussi cromatici vengono percepite come costruzioni astratte.
 
La ricerca di Lucia Pasini è rivolta alla rappresentazione immediata della propria interiorità. La sua pittura  si evolve da una prima esperienza “materica” vicina all’espressionismo astratto di Rothko, spostando l’equilibrio verso una più meditata comunicazione intimista. L’urgenza dell’azione si traduce in movimento  gestuale che esprime  significati  esistenziali. La sua più recente produzione, pur sempre coerente con le premesse iniziali, si sviluppa semplificando notevolmente la costruzione pittorica, abbandonando lo spessore materico dell’intervento a favore di stesure di colore più delicate. Si direbbe che l’artista sperimenti una fase minimalista del suo segno, alla ricerca di costruzioni più essenziali, che ottiene passando sulla tela un pennello largo  imbevuto in acqua dove ha  sciolto le terre e le ocre.
 
Le tecniche di Paola Pastura, sia nei dipinti che nelle ceramiche, possono essere a prima vista scambiate per informali o anche gestuali. Ma nel realizzare i suoi paesaggi l’artista si prefigge una rappresentazione riconoscibile della realtà pur trasformando con i segni e col colore la rappresentazione di partenza, ottenendo alla fine del processo immagini fortemente dinamiche in continua evoluzione. Il cielo è sempre in alto, le montagne sono sullo sfondo, le sterpaglie al loro posto, ma un fluido in movimento, fatto di colori materici, che piomba dal cielo e avvolge tutto lo spazio, crea un effetto di partecipazione e di grande coinvolgimento.
 
Roberto Perotti è un artista molto creativo e poco inquadrabile nelle varie correnti contemporanee. Il suo è un mondo originale dove le strutture leggere delle chiese-moschee sono al centro di un paesaggio, quasi sempre sviluppato su di un filo orizzontale, che può anche destabilizzarsi, dove figure informali-gestuali, che possono essere identificate indifferentemente come case o alberi, servono a riportare l’attenzione verso la struttura centrale. L’invenzione formale raggiunge talvolta la leggerezza degli acquerelli di Klee.                                                      
 
Sergio Poggi, con i suoi paesaggi simbolici, l’arena, la serenata, i soldati, dove i colori sembrano distribuiti dalla mano di un bambino, è un artista che ha il coraggio di una rappresentazione figurativa volutamente ingenua, alla ricerca di un primitivismo di immediata efficacia rappresentativa.                  
 
Marco Ponte ci propone immagini di figure umane costruite con un disegno sinuoso che le penetra, quasi a costruire una diversa anatomia, volto ad ottenere un effetto smaterializzante.      
 
Gabriella Soldatini parte da una pittura di puro astrattatismo geometrizzante di grande equilibrio cromatico per arrivare, nelle sue opere più recenti, a costruzioni più informali dove una natura riconoscibile, foglie, mare, alberi, vento, diventa nucleo di memorie ancestrali.                             
 
Alessandro Tambresoni, giovane artista ligure, già noto per i suoi restauri nel Palazzo del Quirinale a Roma, nelle chiese di San Lorenzo a Genova e di San Michele a Pavia, da poco comparso sulla scena artistica con la mostra “età beta” ad Alassio, curata dal critico Nicola Angerame.  Le sue “Mappe mentali” sono elementi atomizzati di pensiero che seguono percorsi secondo memorie consolidate o vagano nella libertà inebriante di cammini non ancora intrapresi.     
 
L’operazione di Giuseppe Tipaldo è complessa: la partenza è quasi sempre un’immagine fotografica, sulla quale l’artista lavora costruendo uno spazio pittorico che è essenzialmente un’ardita fusione tra scomposizione cubista e sintesi futurista. Successivamente l’artista riesce, amalgamando le figure umane allo spazio che le delimita, ad ottenere effetti espressionistici di rarefatta alienazione e desolata solitudine. I colori sono stesi in zonature settoriali che si stratificano e si compenetrano in una scomposizione delle immagini che è funzionale alla trasformazione dei soggetti animati negli stereotipi anonimi e meccanizzati del mondo contemporaneo.                
 
Maria Vittoria Vallaro dipinge, in grande libertà di espressione, storie fantastiche “che prendono vita durante l’esecuzione – come Barbara Cella commenta – e alla fine ti ritrovi con maghi e principi, magari nati da uno schizzo blu o uno sbuffo giallo, girotondi di vele e farfalle, donne sognanti che fanno capolino da un sipario di fiori, pesci e gatti, soli e lune che si rincorrono in un movimento a spirale che li riconduce verso se stessi nel centro dell’essenza della vita. Ma tutta questa apparente casualità non potrebbe esistere senza una grande competenza sia pittorica che figurativa, acquisita nel corso degli anni grazie alla frequentazione di maestri come Nutarelli, Bagnasco e Antola che le hanno trasmesso la capacità di esprimersi servendosi della tecnica per liberarsi completamente nell’arte”.

Newsletter