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A “IL BONTÀ” DI CREMONA, DAL PIEMONTE ALLA CAMPANIA, LE MILLE FACCE DEL TIMBALLO DI RISO

Già nel 230 d.C., come testimonia la raccolta di ricette “De re coquinaria”, attribuibile al ghiottissimo Marco Gavio Apicio, gli antichi romani cucinavano un composto assai simile alla nostra pasta: un timballo racchiuso dentro una làgana (strisce di pasta sottile fatte di farina e acqua).
Ma è solo in epoca rinascimentale che prende forma la ricetta del timballo come lo conosciamo oggi: un guscio di pasta frolla ripieno con pasta o riso, conditi con sughi molto ricchi, generalmente contenenti carne di maiale, volatili o cacciagione.
Il nome deriva dallo stampo che veniva utilizzato in origine, vale a dire un semplice contenitore cilindrico che serviva a dare forma al “pasticcio”.
Da allora il timballo ha fatto molta strada nelle cucine regionali, specialmente tra Emilia-Romagna e Campania, e Il BonTà, da sempre votato alla valorizzazione del prodotto tipico di qualità, non poteva mancare l’occasione di puntare i riflettori su una specialità che ha segnato così fortemente la cucina nazionale.
Ogni anno, infatti, in collaborazione con il gastronomo Osvaldo Murri. Il BonTà lancia un concorso che nelle passate edizioni ha visto protagonisti piatti come il tortello o le diverse tipologie di pasta ripiena. Un evento gustosissimo, che quest’anno coinvolgerà oltre 100 tra i più rinomati ristoranti italiani che si sfideranno a preparare il miglior timballo di riso: tra questi, solo una quarantina saranno i partecipanti della finalissima che si svolgerà nell’ambito de Il BonTà alla presenza di nomi di primo piano della cucina, del gusto e della nutrizione. Negli anni scorsi sono stati coinvolti personaggi del calibro del Prof. Giorgio Calabrese e di Renato Salvatori, il mitico “Renatone” de La Prova del Cuoco, che non hanno voluto fare mancare il loro appoggio a un’iniziativa che vuole far riscoprire, soprattutto alle nuove generazioni, il gusto della cucina tradizionale italiana.

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