Rassegna stampa

La congiuntura impone il cambiamento

Negli ultimi 2-3 anni sul mercato fieristico europeo si rilevano segnali contrastanti. Da un lato vi sono i dati – recessivi prima e di stagnazione ora – riferiti alle vendite di spazi espositivi da parte degli organizzatori e dei quartieri; dall’altro vi sono le dichiarazione degli espositori sull’interesse a mantenere le partecipazioni e gli investimenti sul mezzo fieristico e anche ad aumentarli. Questo contrasto segna sì lo stato congiunturale del settore e le sue incertezze, ma segna soprattutto un business in fase di forte cambiamento.
A partire dalla fine del 2008 il mercato fieristico in tutta Europa ha iniziato a declinare significativamente. In 3 anni si è ridotto complessivamente del 10-12% (al netto delle oscillazioni dovute a fiere pluriennali). Le cadute maggiori hanno interessato i paesi meno centrali, ossia quelli nei quali le manifestazioni, benché di livello internazionale, servono prevalentemente il mercato nazionale. Hanno infatti maggiormente risentito della congiuntura negativa nell’ordine la Gran Bretagna, la Spagna e la Francia, con cadute comprese tra il 10 al 30% nel periodo 2008-2011. La riduzione di attività in Germania è stata inferiore, intorno al 10-12%, ma le vendite si sono subito riprese. In Italia, le superfici affittate a manifestazioni annuali si sono ridotte del 16% circa tra il 2008 e il 2010 e sono state solo in parte compensate dalla presenza di eventi pluriennali negli anni pari.
Nel 2011 i dati sugli spazi espositivi venduti in Italia (al momento rilevati su un campione di oltre il 50% delle manifestazioni di livello internazionale che hanno avuto luogo nel periodo) segnano una nuova riduzione di attività con una contrazione delle superfici vendute pari al 2%, una sostanziale tenuta del numero di espositori e una contrazione del 7% dei visitatori nazionali, contro una costanza dei visitatori esteri.
Tali dati sono peraltro in contrasto con quelli rilevati nel primo semestre del 2011, in cui sembrava invece prospettarsi una discreta ripresa anche in termini di superfici. Nel resto dell’Europa la situazione è simile, con Gran Bretagna, Francia e Spagna ancora in difficoltà. Fa eccezione la Germania, che sta evidenziando un significativo recupero, con una crescita del 3% per le superfici vendute e del 4% per gli espositori nel caso delle manifestazioni annuali. La Germania sta infatti aumentando la sua attrattività soprattutto per gli espositori extraeuropei che vogliono esportare in Europa, in parte a scapito degli altri paesi.
Malgrado i magri bilanci di quartieri e organizzatori europei, le indagini sugli espositori dei nostri paesi segnalano che l’investimento sul mezzo fieristico non è affatto marginalizzato. È vero che di recente gli investimenti delle imprese sulla comunicazione attraverso il web (soprattutto il proprio sito) stanno prendendo per tutti il primo posto, ma mentre la pubblicità è in netta riduzione, tutte le imprese dichiarano di voler mantenere le proprie partecipazioni fieristiche, e in alcuni casi aumentarle. Vi sono tuttavia degli importanti distinguo.
Sono infatti in crescita le partecipazione fieristiche e le spese per ciascuna partecipazione sui mercati esteri e soprattutto nei paesi a recente sviluppo, perché è lì che le imprese oggi incontrano i nuovi clienti e i nuovi bisogni, ed è lì che possono battere la crisi. Per contro le partecipazioni fieristiche in Europa vengono mantenute, ma a costo di significative riduzione della spesa complessiva: per lo più le aziende non vogliono più stand enormi, vogliono presentare solo pochi prodotti, spendere poco di allestimento e trasporto, avere organizzazioni snelle, e così via.
Di fatto la grande parte degli espositori europei si sta oggi orientando a un uso diverso delle “vecchie” fiere, le sta cioè sempre più destinando a momenti di incontro e di relazione con la clientela attuale, i distributori e la forza vendita sul territorio: una funzione di certo meno eccitante (e meno assorbente di risorse) di quella che presiede invece alla conquista dei nuovi mercati, di cui si è detto sopra.
Da notare che questo comportamento è stato finora tipico solo delle grandi imprese ma anche le imprese minori stanno comprendendo l’importanza di raggiungere direttamente i nuovi mercati, anziché restare ad aspettare i clienti nelle fiere di casa.
Come conseguenza, gli organizzatori fieristici e i quartieri che fanno fiere solo nel proprio paese sono in difficoltà. Il business si sta infatti trasformando: ciò che chiedono oggi gli espositori è di avere partner fieristici competenti, in grado di risolvere loro i problemi di selezione delle manifestazioni extraeuropee e di organizzare per loro le partecipazioni sui nuovi mercati.
L’autrice è direttore
dell’Osservatorio fiere Cermes-Bocconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Newsletter