Rassegna stampa

La ricchezza italiana? «La sua storia culturale»

Frank Boehm è il nuovo direttore artistico di MiArt, già curatore della Deutsche Bank Collection Italy di Milano, professore di Museografia e Allestimento allo Iuav di Venezia, da anni osserva il mercato dell’arte internazionale. Sul mercato italiano ci sono proposte artistiche di valore? Quali e dove cercarle?
«Valore e qualità sono due concetti diversi tra di loro» spiega il nuovo direttore tedesco della fiera milanese. «La definizione di valore di una opera d’arte può essere paragonata ad altri merci. La qualità, invece, si può vedere, sentire e discutere, ma non esistono misure. In questo senso trovo fantastico che la retrospettiva di Maurizio Cattelan al Guggenheim Museum di New York sia classificata dai critici nel «best of 2011», ma anche nel «worst of 2011». Vuole dire che ci si deve “allenare” e vedere il più possibile luoghi diversi: musei, fiere, gallerie e studi d’artista. A parte alcuni nomi noti, c’è tutta una nuova generazione di artisti da scoprire.
Nel confronto con altri mercati, che cosa manca in Italia?
La visione: la ricchezza della storia culturale dell’Italia è una delle sue risorse principali nel contesto mondiale (morale ed economico). L’arte – come parte della cultura contemporanea – è fondamentale per la continua re-interpretazione di questa storia. Purtroppo l’arte contemporanea è ancora un fenomeno di nicchia, anche per un pubblico che conosce la storia dell’arte. Accademie e musei fanno la loro parte, manca spesso però un’idea di profilo e gestione precisa. Tra gli operatori vedo troppo spesso una convergenza d’opinioni, che appiattisce la discussione, invece, del rispetto per l’individualità delle opere e degli artisti.
In che modo la produzione e circolazione di arte in Italia andrebbero sostenuti?
Avrei due richieste: la gestione della cultura deve essere resa indipendente da questioni politiche. E poi, invece, di un sostegno diretto, servirebbe una liberalizzazione del mercato, una tassazione più bassa delle opere che rispetta il loro valore culturale e rende il mercato italiano competitivo a livello europeo.
Nel suo nuovo ruolo di direttore di MiArt quali saranno le innovazioni?
La sfida è il posizionamento preciso di MiArt in una situazione in fieri. A livello internazionale osserviamo uno spostamento dei mercati e una diversificazione delle fiere. MiArt deve contare di più sul suo contesto: Milano e l’hinterland rappresentano non solo il mercato italiano dell’arte per eccellenza, ma anche un territorio da coltivare. C’è un vasto numero di persone oltre il pubblico di habitué che proprio in questo momento d’insicurezza può essere attratto dal duplice valore dell’arte. Milano rappresenta poi uno specchio ideale per mostrare in fiera dal modernismo sino al contemporaneo.
Come sta lavorando con gli operatori?
Per poter offrire in fiera opere ed esposizioni di grande qualità ho cercato il confronto continuo con le gallerie: new entry nell’advisory board Michele Casamonti, Leonardo Farsetti, Francesca Kaufmann e Chiara Repetto, Carlo Lioce, Emilio Mazzoli (confermati Giò Marconi e Francesca Minini, ndr). L’avvicinamento del moderno e contemporaneo in una unica categoria Established renderà più unita la mostra, mentre l’introduzione di due nuove categorie, Special projects e Solo/Double insieme alla sezione Emergent, garantiranno la presenza di proposte particolari e sorprendenti. Un lavoro continuo con il Comune, la Regione e varie istituzioni renderà la settimana di MiArt un evento culturale indiscusso per la città e per un pubblico internazionale di operatori e visitatori. La fiera si presenterà in una unica sala con una nuova immagine e un nuovo accesso: un contesto elegante a favore di un’esperienza diretta con le opere.
m.pirrelli@ilsole24ore.com
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