Rassegna stampa

Gli ordini esteri spingono la concia

Ci sono tre buone ragioni alla base della fiducia con cui l’industria conciaria italiana guarda all’appuntamento fieristico internazionale Lineapelle, che si inaugura oggi a Bologna, e alla chiusura dei conti di fine anno: la corsa dell’export, che assorbe i tre quarti della produzione made in Italy, cresciuto del 16% nei primi sei mesi 2011; il graduale raffreddamento dei prezzi delle materie prime (un fardello di 1,8 miliardi nel 2010 contro ricavi per 4,5 miliardi); il ritorno delle griffe, deluse dagli approvvigionamenti in Paesi a basso costo, nei tre storici distretti della concia di Arzignano (Vicenza), Santa Croce (Pisa) e Solofra (Avellino).
Tre ragioni che si specchiano nei numeri della tre giorni bolognese, il più importante evento mondiale della filiera pelle e accessori per calzatura, pelletteria e arredamento. Aumentano infatti superfici (41.500 mq), espositori (1.119, il 70% italiani, a conferma della nostra leadership per qualità, stile e creatività in un mercato globale che vale oltre 85 miliardi di euro) e visitatori attesi (18mila, da 94 Paesi) per questo secondo appuntamento annuale dedicato alle tendenze autunno-inverno 2012-2013. «Siamo abituati a essere prudenti, anche perché il nostro è un mercato nevrotico, con prezzi delle materie prime in costante altalena, domanda della moda molto variabile e ordinativi sempre più a breve termine. Ma pensiamo di poter chiudere l’anno con una crescita del 10%, nonostante i segnali di rallentamento dopo l’estate», anticipa Salvatore Mercogliano, ad di Lineapelle e direttore generale di Unic, l’Unione nazionale industria conciaria (1.330 imprese, oltre 18mila addetti), che organizza la kermesse assieme a BolognaFiere e Ascom Bologna. Un trend sicuramente meno brillante del 2010 (+18% il fatturato, +28% l’export, ma +78% il costo delle materie prime), trainato soprattutto dalla domanda dell’Estremo Oriente («la Cina è il nostro principale concorrente ma anche il nostro primo cliente», ricorda Mercogliano), come confermano gli imprenditori dei distretti conciari: «Da fine luglio a settembre gli ordini sono stati addirittura superiori alle previsioni. A correre è l’alta e l’altissima gamma», sintetizza Piero Maccanti, direttore Assoconciatori di Santa Croce sull’Arno. L’eccellenza italiana non si limita all’indiscussa qualità e design del pellame – che punterà per il prossimo inverno a tinte calde naturali e colori neutri di base “sporcati” da accenti forti – ma si traduce anche in un 4% del fatturato annuo del settore investito per ridurre l’impatto ambientale e in un’attenzione crescente al patrimonio culturale. Dopo il restauro del 2008 dell’antica conceria di Pompei di Porta Stabia, Unic rinnova ora il suo impegno nel sito archeologico per riportare alla luce il distretto conciario antesignano.
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I NUMERI

 


1.330
Le imprese
Il numero di aziende che danno vita al settore conciario;
gli addetti sono 18.161
4,5 miliardi
Il fatturato
L’industria conciaria italiana sviluppa un fatturato
di 4,5 miliardi di euro

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