Rassegna stampa

La guerra tra Fiere fa solo morti e feriti

C’era da immaginarlo che prima o poi la guerra sarebbe scoppiata. «Non siamo ambulanti che vendono piadine, noi organizzaziamo fiere». Eventi complessi che non possono tollerare a lungo sgambetti e cazzotti. Come quelli che Milano tira a Bologna.
Sì, perché organizzare il concorrente del Saie di Bologna a Milano chiamandolo Made, esattamente negli stessi giorni, non è proprio competizione leale. E il presidente della Fiera di Bologna non le manda a dire a Michele Perini, presidente della Fiera di Milano: «Si facciano l’Expo e non rompano le scatole agli altri». Anche il linguaggio di Campagnoli dimostra che la misura è colma, che il sistema nazionale non può reggere più una competizione fatta non sulle idee di nuovi e profittevoli saloni ma portando via, o copiando, i saloni l’uno all’altro. Con il rischio che la somma dei due eventi non faccia i risultati del primo. Insomma, sarebbe tempo di cambiare registri e fare, sostiene Campagnoli, fiere che «siano piattaforme al servizio della politica industriale e non soggetti commerciali in caccia di qualche metro quadrato». Se ci si concentra sul business si avvicina il momento dell’incontro tra le fiere di Rimini e Bologna: se sono rose fioriranno, ma la primavera dura da qualche anno e ormai il tempo stringe.
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