Rassegna stampa

Fiere, in mostra il caos delle date

«Cosa vuole che le dica? Già da venerdì gli stranieri erano partiti alla volta di Verona, si figuri sabato». Lo sfogo arriva da uno dei tanti espositori del Cersaie, il Salone internazionale della ceramica che si tiene a Bologna. Una manifestazione che coincide quasi completamente con Marmomacc di Verona, mostra internazionale del settore marmo. La lista di sovrapposizioni o repliche è lunga: Made Expo a Milano e Saie a Bologna, Cavalli a Milano e Fieracavalli a Verona, Tuttofood a Milano e Cibus a Parma. Frutto di un sistema che conta un numero elevato di manifestazioni e la mancanza di un disegno collettivo.
«Una grande distrazione politica, ecco di che cosa si tratta. A Roma, dovrebbero capire che il sistema fieristico è un pezzo fondamentale della politica industriale italiana e per questo andrebbe gestito a livello centrale». Ettore Riello, presidente di Fiera Verona e di Aefi, l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane, denuncia con forza la totale mancanza di regia del sistema nazionale. «Un sistema – spiega – che vale tantissimo ma che diventa vittima di se stesso, devastato da interessi specifici. Se, infatti, l’obiettivo delle Fiere – nella sostanza aziende pubbliche che rispondono però a esigenze di conto economico – non diventa la crescita e lo sviluppo del sistema complessivo, le manifestazioni in Italia continueranno ad aumentare di numero, ma a diminuire in qualità e dimensione». La particolarità italiana si evidenzia nel confronto con l’estero. Se le fiere internazionali nel nostro Paese sono più di 200, la Germania ne conta solo 134, la Francia 110. Il settore dunque, soffre di una pesante polverizzazione che è facilitata dalla gestione territoriale delle manifestazioni. Sono infatti gli assessorati regionali che attribuiscono alla fiera la qualifica di evento locale, nazionale e internazionale.
Succede così che fiere artigianali come Eurochocolate di Perugia – evento caratterizzato da bancarelle nel centro della città – acquisiscano la qualifica di fiere internazionali, al pari del Salone del mobile di Milano o della Nautica di Genova. Ma cosa qualifica l’internazionalità di una fiera? La presenza di espositori e visitatori stranieri. E qui si apre un altro capitolo delicato per il sistema italiano, quello della certificazione dei numeri delle Fiere. Il bilancio di ogni singola manifestazione, infatti, passa, oltre che dal numero degli espositori, anche da quello dei visitatori. Numeri che poche manifestazioni fanno certificare. Quando sono piccole per non affrontare i costi dell’operazione, quando sono grandi e hanno un riconoscimento mondiale, invece, perché lo ritengono superfluo. «Un atteggiamento che non giova al sistema – spiega Franco Bianchi, direttore generale Cfi, comitato Fiere Industria – perché le classifiche internazionali dell’Ufi, (the Global Association of the Exhibition Industry) includono solo le Fiere certificate. Le nostre manifestazioni, quindi, rischiano di scomparire dal panorama statistico mondiale. Per questo il Cfi sta lavorando per invitare le associate a certificare i propri numeri. E non solo. Per verificare il valore dell’evento, che si realizza solo quando questo offre un servizio alle imprese, sarebbe importante certificare anche la customer satisfaction». Una misura che aiuterebbe a far chiarezza in situazioni in cui le posizioni sono discordanti. Se, per esempio a Bologna non sono mancati malumori per la partenza di clienti diretti a Verona, non tutti leggono la sovrapposizione delle Fiere allo stesso modo. «Per un visitatore che arriva dall’Australia – spiega Marco Manni, presidente di Ceramica Colli di Sassuolo – la contemporaneità può essere un vantaggio in un’ottica di circuiti intelligenti e di ottimizzazione dei costi. Direi che per le imprese il danno maggiore è rappresentato dal dover essere a Bologna per Cersaie a fine settembre e poi, solo tre mesi dopo, dover essere presenti anche in Spagna a Cevisana, la fiera di Valencia, per poi, magari, presidiare anche quelle americane». Insomma, al di là di singole posizioni su specifiche fiere, sulla necessità di una cabina di regia c’è ampio consenso. «Il sistema va razionalizzato – spiega Licia Mattioli, presidente di Federorafi – perché crea confusione nei buyer. La Consulta nazionale orafi sta lavorando perché il sistema si autoregoli scegliendo un evento e concentrando su questo tutte le risorse». E proprio il tema del sistema fieristico italiano sarà al centro di uno dei sei tavoli, quello dei servizi, convocati a Roma il 28 e 29 ottobre per gli Stati generali del commercio con l’Estero. I numeri, d’altronde, sono significativi. Dai dati Aefi risulta che durante le fiere italiane vengono conclusi affari per circa 60 miliardi di euro, e si definisce il 10% dell’export nazionale. Dal ministero dello Sviluppo economico fanno sapere che il tavolo dei servizi affronterà certamente il problema della dispersione del calendario. Se ne parlerà, dunque, ma aspettare soluzioni a riguardo potrebbe alimentare false speranze. Con la modifica del titolo V della costituzione, infatti, la competenza è passata alle Regioni. Saranno queste dunque a trasformare il sistema in un calendario ordinato e razionalizzato di eventi, o in una girandola di fiere originali. Tutte, naturalmente, internazionali.
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