Rassegna stampa

Walser in festa a Macugnaga in bilico tra tradizioni e futuro

Dall’1 al 3 luglio a Macugnaga, nella grandiosa cornice della parete est del Monte Rosa, scultori, espositori-artigiani e un folto pubblico saranno protagonisti della Fiera di San Bernardo. Quest’anno si festeggia il 25esimo compleanno dalla sua rinascita, avvenuta nel 1987. «Nel Medioevo la sagra era un importante momento di scambio commerciale tra le comunità walser», spiega Beba Schranz, assessore alla cultura di Macugnaga. «Siamo riusciti a rilanciarla – prosegue – grazie al comitato delle comunità walser e ai contributi di Regione Piemonte e Provincia del Vco. E oggi siamo fieri di aver ridato vita a un patrimonio di saperi, cultura e tradizione di indiscusso valore storico».
Dal venerdì alla domenica gli scultori del legno si cimenteranno su un tema assegnato, mentre le bancarelle esporranno i manufatti di artigiani provenienti da Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Svizzera; durante la processione saranno benedetti gli attrezzi di lavoro. L’Insegna di San Bernardo, conferita a un personaggio distintosi per l’impegno in favore della montagna, andrà quest’anno all’alpinista Kurt Diemberger. «Ma da dieci anni – precisa Schranz – esiste anche la Spiga d’oro: un premio dato ai giovani che scelgono Macugnaga per investire sul proprio futuro».
Ma chi sono i Walser? E come si collocano nel mondo contemporaneo?
Come una sorta di migranti d’alta quota del 13esimo secolo, piccoli gruppi di coloni di origine germanica scesero dal Canton Vallese nelle valli meridionali alpine, tra Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia, spingendosi fino al Vorarlberg austriaco e al Tirolo. Grazie alle loro perfezionate tecniche di vita in alta quota, si sganciarono dall’asservimento feudale e si proposero ai monasteri alpini e alla nobiltà di montagna per coltivare e abitare luoghi spopolati. Ne ottennero in cambio una libertà allora inconcepibile. Oggi in Italia i comuni walser sono 15 (12 in Piemonte, 3 in Valle d’Aosta) e contano circa diecimila abitanti.
«Benché le comunità walser abbiano perso interesse antropologico – spiega Luigi Zanzi, storico dell’Università di Pavia e studioso delle popolazioni alpine – il loro ruolo diventa attuale se si fanno protagoniste del salvataggio di ciò che rimane della civiltà di montagna». Il modo in cui questo salvataggio può avvenire, Zanzi lo individua nel recupero dell’alpeggio: «Oggi è scomparso quasi ovunque, mentre è un elemento fondamentale dell’assetto montano. Perché cura le fonti, mantiene le foreste, combatte le specie vegetali infestanti e preserva la biodiversità. Questa è un’attività tradizionale dei Walser, e chi lo può fare meglio di chi l’ha sempre fatto?».
Ma Walser non significa soltanto abilità nell’addomesticare l’ambiente alpino. Lo testimonia il progetto, avviato nel 2003 e non ancora concluso, di far entrare questa civiltà nel Patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco. «È essenziale il riconoscimento culturale», sostiene Teresio Valsesia, già sindaco di Macugnaga e tra gli ideatori del Sentiero Walser: 800 chilometri dalla Svizzera all’Austria, attraverso l’Italia, lungo un percorso geografico-storico. «Non basta reintrodurre le coltivazioni tradizionali come le patate blu o la segale – continua Valsesia – occorre portare linfa alle radici». A partire dalla lingua: il titsch, di origine alemanna, parlato da 800 anni e che rischia di scomparire.
Anna Maria Bacher è una poetessa walser impegnata proprio su questo fronte. «La nostra è una lingua orale, che racchiude e unifica lo spirito delle varie comunità. Grazie al sostegno della legge 482 del 1999 per la tutela delle minoranze linguistiche, abbiamo messo a punto una grafia con cui lasciare traccia scritta dei racconti delle origini, dei proverbi, delle preghiere».
Lingua e artigianato, agricoltura e tecniche per far prosperare i territori in quota; un mix efficace, secondo Luigi Zanzi, per dialogare con la grande politica europea, affinché «la montagna torni transnazionale e plurilinguistica com’è sempre stata, chiave per affrontare alcune grandi questioni del nostro tempo, non ultima quella dell’immigrazione».
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