
«Popolare di Vicenza sarà polo nazionale»
Siamo azionisti della Fiera di Vicenza e ora ci candidiamo a rilevare una quota della Fiera di Verona. L’obiettivo – insieme a partner finanziari veneti come Cattolica Assicurazioni, Banco Popolare e Fondazione CariVerona – è di creare un polo fieristico integrato del veneto. Il punto di arrivo potrebbe essere la creazione di una holding regionale che controlla le società fieristiche locali. Il coordinamento delle iniziative serve a fare sistema». Il presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin, che sabato prossimo presenzierà l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio chiuso con un utile netto di 94,2 milioni, ha da pochi giorni avanzato una proposta concreta al Comune di Verona guidato dal sindaco leghista Flavio Tosi. Quello stesso Tosi che, pochi mesi fa, aveva sollecitato la Fondazione CariVerona a entrare nel capitale del Banco Popolare (poi avvenuta, anche se nei limiti dello 0,5%) ma anche nella veronese Cattolica Assicurazioni e nella stessa Popolare di Vicenza. Ora la proposta di Zonin di una collaborazione tra enti fieristici delle due città. Dalla rivalità campanilistica si sta passando a una inedita collaborazione? «Io credo molto nella valorizzazione dei punti di forza del nostro territorio. Da imprenditori, finanziari o industriali, – spiega Zonin – dobbiamo guardare al futuro. Le rivalità, se mai sono esistite, vanno accantonate. Resta la concorrenza, ovviamente, ma quando è possibile collaborare è meglio». Sarebbe favorevole anche a un ingresso nel capitale della Popolare Vicenza da parte della Fondazione CariVerona? «Perchè no? Se vogliono comprare un po’ di nostre azioni, non vedo problemi. Noi siamo azionisti della Cattolica e non è cambiato niente. Ognuno resta padrone a casa propria. Ma collaborare è meglio».
Dopo un decennio di crescita per acquisizioni, la Popolare di Vicenza conta oggi su 677 sportelli in varie regioni d’Italia. Ma negli ultimi tre anni, il gruppo ha limitato l’espansione dedicandosi al consolidamento e alla riorganizzazione interna. È arrivato il tempo di tornare a crescere? «Il cuore e l’anima della Popolare di Vicenza sono e saranno sempre nel Veneto e nel Nordest – commenta Zonin – ma io credo molto nella banca dei territori. E il nostro obiettivo resta quello di coprire, in tempi ragionevoli, tutte le regioni italiane». Con acquisizioni o con l’apertura di nuove filiali? «La nostra idea è di una crescita prudente, anche perchè la crisi non è ancora passata e non si devono fare passi più lunghi della gamba. Se si presentano occasioni di acquisizione a prezzi interessanti, le valuteremo senz’altro. Sempre tenendo conto dei vincoli autorizzativi di Banca d’Italia».
Per crescere servono risorse patrimoniali adeguate, anche alla luce delle nuove regole imposte da Basilea 3. Pensate di dover fare aumenti di capitale? «Noi ci siamo mossi in anticipo e con un Core Tier dell’8,05% e un total capital ratio dell’11,7% a fine 2010 non abbiamo bisogno di altri aumenti di capitale». Basilea 3 condizionerà le scelte sui dividendi futuri, tema sempre delicato per una cooperativa?
«Il nostro slogan è “sicurezza nella continuità”. Non è marketing, è la sintesi di 30 anni di attività. Le cito un dato: chi ha investito nel 1980 in azioni della Popolare Vicenza, in trenta anni ha ottenuto un rendimento medio annuo dell’8,7% tra rivalutazione del capitale e dividendi incassati. La nostra gente, a differenza di chi specula pensando a grandi guadagni immediati e magari poi si ritrova ad aver bruciato i risparmi di una vita, chiede certezza e solidità. E quando ha bisogno di disinvestire, vuole trovare i risparmi integri». Quindi anche per i prossimi anni, dividendo assicurato? «L’impegno del consiglio e dei manager va in questa direzione. Ma da imprenditore vinicolo, sono abituato alla concretezza. Prima di pensare agli utili e ai dividendi, pensiamo soprattutto a lavorare e a guadagnare».
Si torna a parlare di una riforma delle Popolari. Che ne pensa? «Sono contrario a stravolgimenti delle cooperative. Vanno bene piccoli aggiustamenti sulle deleghe e sull’innalzamento al tetto di voto per particolari tipi di investitori. Ma le popolari vanno salvaguardate. Durante la crisi, proprio le Popolari hanno sostenuto le economie del territorio. Noi abbiamo aumentato gli impieghi del 14%. Chi vuol minacciare l’assetto delle Popolari, creando crepe normative che portano verso la trasformazione in società per azioni, rischia di danneggiare l’Italia e il suo sistema economico».
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