
«La campionaria non si tocca, ma…»
La questione è complicata. La Fiera del Levante, che il presidente della regione Nichi Vendola gli ha appena consegnato, è in rosso fisso dal 2007 (quattro anni di fila). Ha fatturati dimezzati, vertenze col personale, costi amministrativi esorbitanti. E, su tutto, non è ancora molto chiaro l’orizzonte, complicato da una legge, quella regionale sulla privatizzazione, rimasta ferma al giorno dell’approvazione (marzo 2009). Gianfranco Viesti, l’economista chiamato a raccogliere la scomoda eredità di Cosimo Lacirignola, non si scompone.
Supera le polemiche che hanno accompagnato la sua nomina (secondo l’opposizione, troppe le consulenze esterne cui hanno fatto ricorso Arti e Finpuglia durante la sua gestione, così i deficit non sono stati compressi) e sta al merito. Secondo lui, il voto in Consiglio regionale con cui è stata ratificata la sua nomina (34 sì e 22 astenuti del centrodestra) è stato un buon viatico («Un voto sulla persona, l’astensione significa che è meglio di un voto contrario») e se riuscirà a cambiare la Fiera «lo si vedrà nel giro di non molti mesi».
Presidente Viesti, cominciamo dai conti: rosso nel 2007(630.000), nel 2008, nel 2009 (addirittura 4,7 milioni) e nel 2010(1,4 milioni). Ritornare al pareggio e all’utile sarà un’impresa difficilissima.
Una verifica puntuale dello stato delle cose è il mio primo impegno.
Ovviamente la Fiera soffre degli stessi mali dei sistemi fieristici nazionali, ma in maniera più accentuata. Quindi il problema è certamente congiunturale, legato al biennio pessimo che abbiamo vissuto, ma anche a un problema strutturale, di fondo.
Anche il fatturato si è dimezzato. Come recuperare?
Con approccio tipico del professore universitario, proporrò al consiglio di amministrazione e al consiglio generale – e più ampiamente ai soci e alla cittadinanza che, indirettamente, è proprietaria della Fiera – un progetto di radicale rinnovamento : che cosa è l’ente, come è fatto e come funziona, le attività che svolge, che cosa è e come viene valorizzato e utilizzato il quartiere fieristico. Qui non si tratta di migliorare, ma di innovare profondamente.Ne sono convinto e per questo ci proverò.
L’innovazione potrebbe anche mettere in crisi il format della campionaria di settembre, la più importante d’Europa, ma anche l’unica generalista rimasta?
La campionaria barese è una formula molto originale, è un patrimonio collettivo. Dunque va ripensata, ma tendenzialmente mantenuta, indirizzandola secondo i bisogni dei consumatori finali, piuttosto che come vecchia esposizione universale di tanti oggetti.
In passato la Fiera aveva stretto accordi con sue omologhe italiane (per esempio Parma,Verona) ed estere (Albania, Macedonia). Cercherà altre alleanze del genere?
Questo è prematuro dirlo adesso. La legge regionale impone un processo di sostanziale separazione del soggetto proprietario del quartiere dal soggetto gestore delle attività, separazione che è avvenuta in tutta Italia. E questo è preliminare alla definizione di quelle che saranno le attività del soggetto gestore che deve avere, stando alla legge, una partecipazione di capitali privati.
La congiuntura in cui ciò dovrebbe avvenire, però, è tra le peggiori per sollecitare i privati a mettere denaro fresco nel rilancio della fiera. C’è ancora qualche impresa disposta a farlo?
Questa è la grande domanda, la vera domanda e cioè cercare di capire se a Bari, nel prossimo decennio, sarà possibile svolgere attività fieristico-congressuali in condizioni di efficienza e di redditività.
Se vi saranno queste condizioni in misura sufficiente, lo valuteranno gli investitori. Intanto per noi è molto importante crearle, perchè al di là del profitto privato c’è un beneficio pubblico. Cioè più fiere e congressi si fanno in Puglia, più gira l’economia.
Del centro congressi si parla da quasi vent’anni. Lei riuscirà a realizzarlo?
È una priorità assoluta, ho avuto garanzia dal presidente Vendola che vi sarà un investimento regionale in questo senso e mi rendo conto che del problema si parla da tempo. Io ho azzerato l’orologio e dal mio insediamento in poi, ogni settimana, sentirò la regione sino a quando questa intenzione si trasformerà in realtà.
Su questo, come su altri investimenti strategici, la governance ha latitato. Vi sono state difficoltà tra il management e i tre soci (pubblici) che, probabilmente, non hanno idee chiare sul destino della Fiera.
I sondaggi informali con i soci che ho compiuto sono stati largamente positivi. Tutti e tre mi sono sembrati convinti che valga la pena mettere in campo un progetto molto nuovo.
Quindi occorrerà capitalizzare, ma quando?
Siamo in un cul de sac: se non si fanno investimenti, non si crea reddito. Ma il reddito attuale non è sufficiente a finanziare gli investimenti e questo è un problema di fondo che andrà risolto, in un modo o nell’altro. Senza fare investimenti, sarà molto difficile sia tenere in equilibrio la gestione patrimoniale che fare proventi dall’attività fieristica.
Vendola ha rilanciato il compito della Fiera come volàno dell’economia regionale. Sarà così?
Si possono fare sfracelli. Può essere. Io non sono affatto certo di riuscirci. Quello di cui sono certo è che ci proverò a farlo, il meglio possibile e soprattutto presto. Se ci riesco lo si vedrà nel giro di non molti mesi.
Questo lo dirà il tempo.
Già.
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